«Quei magistrati lavorano troppo» Avvocati in sciopero a Nola
NAPOLI
(23 febbraio) – Accusati di lavorare troppo, di essere troppo
produttivi, di rimanere troppo tempo in aula ad interrogare pentiti, ad
ascoltare testimoni, a puntare l’indice contro boss e gregari dei
cartelli camorristici dell’area vesuviana.
È l’accusa che sta alla base di una clamorosa protesta della camera
penale di Nola: forte dell’appoggio dei vertici nazionali dei
penalisti, gli avvocati nolani hanno proclamato otto giorni di sciopero
a marzo, per protestare contro il calendario sprint imposto dal
Tribunale nolano.
Quattro udienze alla settimana, lo sciopero degli avvocati, culminato
in esposti e interpellanze parlamentari (ma anche al Csm e al Ministro)
e con la replica di ieri mattina dei giudici. Che – ironici ma non
troppo – replicano: «Siamo al paradosso, ora ci accusano di lavorare
troppo, in tempi di processo breve e di crociate antifannulloni».
Poi, più seriamente: «Questa protesta mette in pericolo i magistrati di
Nola, in un contesto a rischio camorra». Uno scontro a tutti i livelli,
dunque, locale e nazionale. Ma andiamo con ordine, a partire
dall’ultimo atto. Da ieri in campo c’è l’Anm. Ma che succede a Nola?
C’è un punto fermo: i penalisti hanno sancito otto giorni di sciopero –
dall’otto al sedici marzo – per protestare contro la decisione del
Tribunale di fissare quattro udienze alla settimana, per portare a
termine un processo contro organizzazioni criminali locali.
Sciopero con l’approvazione dell’Unione delle camere penali, presidente
Oreste Dominioni, che viene però stigmatizzato dai giudici. Scrivono i
vertici nazionali dell’Anm (Luca Palamara e Giuseppe Cascini): «Si
verificano assurdi attacchi all’esercizio della giurisdizione, sia da
parte della politica che degli stessi operatori del settore, che ne
provocano una ulteriore delegittimazione. Stupisce come l’avvocatura
non dimostri la dovuta sensibilità a tali esigenze e ufficializzi una
protesta contro la magistratura nolana, colpevole di celebrare troppe
udienze, cioé di compiere ogni sforzo per arrivare alla conclusione del
processo in tempi ragionevoli».
Stessa lunghezza d’onda per la giunta distrettuale Anm, guidata a
Napoli dal giudice Francesco Cananzi, che ricorda invece il rischio
sovraesposizione per i giudici di Nola e la decisione di alcuni
imputati di rimettere provocatoriamente il mandato dei propri difensori
nel corso del processo: «È assolutamente paradossale che proprio quando
i magistrati garantiscono un impegno straordinario, nel rispetto delle
prerogative difensive e in applicazione delle norme del codice di
procedura penale, per trattare processi complessi con numerosi imputati
detenuti per reati di criminalità organizzata, siano tacciati di
efficientismo ed autoritarismo nel rendere giustizia, in ossequio ad un
sinistro modello inquisitorio».
La giunta di Cananzi insiste e avverte: «Le accuse dei penalisti
mortificano, queste sì, il ruolo dei difensori, che ben sanno e possono
far valere le legittime censure nell’ambito del processo, con gli
strumenti propri della difesa tecnica, che deve restare libera da ogni
condizionamento, per la dignità costituzionale della funzione
difensiva. Allarma che nella delibera si faccia riferimento alle
proteste di alcuni imputati detenuti, che al fine di censurare le
modalità di trattazione del processo hanno ritenuto di revocare il
mandato difensivo. Peraltro, i toni utilizzati nella delibera,
certamente sopra le righe, amplificano il rischio di una
sovraesposizione dei giudici».
Diverse, sull’altro versante, le recriminazioni della camera penale di
Nola del presidente Giuseppe Guida, che parla di grave violazione del
diritto di difesa per la trattazione dei processi, oltre a chiedere un
intervento del Ministero della giustizia e degli organi inquirenti: c’è
l’impossibilità di svolgere il controesame di testi e pentiti, in
mancanza del verbale stenotipico, poi l’impossibilità di seguire
quattro udienze a settimana dello stesso processo, visti gli altri
impegni professionali in agenda, ma anche la riduzione del processo
penale (luogo dell’accertamento della prova) a semplice finzione
giuridica.
Protesta in corso, sciopero annunciato a colpi di esposti e denunce, in
un Tribunale chiamato a verificare per la prima volta lo tzunami di
accuse dei pentiti del clan Sarno, che hanno scompaginato clan di lunga
durata, nella delicata fase di transizione successiva all’arresto dei
fratelli Russo dopo anni di latitanza.