“Quel tumore è per l’abuso di cellulare”. La Cassazione riconosce legame e danno
Ora c’è una sentenza definitiva. La Corte di cassazione, per la prima
volta in Italia – e a sentire gli esperti, al mondo – ha stabilito un
legame di concausalità tra un forte uso del cellulare e un tumore. La
storia è quella di Innocente Marcolini, di cui Repubblica.it si era già occupata in un’inchiesta 1.
Manager cinquantenne, responsabile commerciale di una multinazionale,
per lavoro stava al telefono (cordless o cellulare) una media di 5-6 ore
al giorno, per dodici anni. Una mattina mentre si fa la barba si
accorge di uno strano formicolio.
Le analisi diranno che è un
tumore al nervo trigemino. Operazione riuscita, ma il dolore non lo
abbandonerà più. Non può più lavorare. Chiede una pensione di invalidità
professionale. L’Inail la nega. Marcolini fa ricorso e il tribunale di
appello di Brescia gli dà ragione. È il 22 dicembre 2009. Stavolta è
l’Inail a opporsi in Cassazione. Ma il 12 ottobre la corte suprema
deposita la sentenza in cui conferma: i giudici di secondo grado hanno
citato la letteratura scientifica giusta e hanno fatto bene a
riconoscere che una causa dell’invalidità del manager sia proprio
l’utilizzo del telefono.
Marcolini, un cinquantenne tosto, non avrebbe mai voluto diventare testimonial di questa battaglia.
“Provo soddisfazione per la decisione perché dimostra la nostra tesi
sulla dannosità di questa onde elettromagnetiche. Riconosce che le
perizie erano affidabili. E prova, almeno per quanto mi riguarda, che
con i suoi tempi la giustizia italiana funziona”.
Il professor
Angelo Levis, ex-ordinario di mutagenesi ambientale a Padova, è uno di
quelli che gli è stato più vicino nella sua lotta. “È una sentenza
importantissima, che fa giustizia di un certo negazionismo nella
comunità scientifica e che apre le porte a un nuovo corso giudiziario”.
Solo lui, in collaborazione con uno studio torinese specializzato in
diritto della salute, sta seguendo sette cause di persone che ritengono
di aver sviluppato tumori alla testa in conseguenza di un uso forte del
cellulare. “Stiamo lavorando all’ipotesi di costruire una class action,
un’azione collettiva cui può partecipare chi ritiene di aver subito un
danno”. Marcolini ne sarebbe il primo firmatario.
Nei mesi
scorsi anche il Codacons aveva cominciato a lavorare su quest’ipotesi. E
cresce la consapevolezza in vari parlamentari, come il senatore Felice
Casson, che rispetto ad altri paesi europei l’Italia non ha preso troppo
sul serio né l’invito alla cautela del Consiglio d’Europa né
l’inclusione da parte dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul
cancro delle onde elettromagnetiche emesse dai cellulari tra i possibili
cancerogeni.
Ma l’inattività più sorprendente riguarda un parere
del Consiglio superiore di sanità, l’organismo che raggruppa le
principali personalità mediche del Paese, che risale al 15 novembre
2011. In quelle sette pagine, sollecitate dal ministero della salute del
governo precedente, l’organismo scientifico invitava il ministero a
promuovere l’uso degli auricolari per tutti. E per i bambini
raccomandava di limitare l’uso alle situazioni di necessità, oltre che a
fare campagne di sensibilizzazione contro l’uso indiscriminato del
telefonino. Ma Renato Balduzzi, per il momento, non ha raccolto il
consiglio.
Nei giorni scorsi, intanto, la Gazzetta del Mezzogiorno 2
ha dato notizia di un avvocato di Potenza con un tumore al cervello i
cui medici non avevano escluso un rapporto con l’uso molto intenso che
faceva del cellulare. A quel punto il professionista scrive direttamente
al Ministero, per sapere se l’ipotesi potesse avere un fondamento. La
prima volta non riceve risposta. Lui insiste e ottiene una lettera che
non lo tranquillizza affatto. Un passaggio recita: “Il tema di possibili
rischi per la salute conseguenti all’utilizzo del telefono cellulare è
alla costante attenzione anche a seguito della classificazione stabilita
dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di agente
possibilmente cancerogeno per l’uomo” e ancora “attraverso studi
epidemiologici la stessa Agenzia ha evidenziato limitata cancerogenicità
tra gli utilizzatori del telefonino in relazione al tumore maligno del
cervello e del nervo acustico, mentre l’evidenza è stata giudicata
inadeguata per altri tipi di cancro o esposizione”.
Con la
Gazzetta l’uomo, che preferisce restare anonimo, commenta: “Ci dicono
che il telefonino è cancerogeno seppur a cangerogenità limitata.
Qualcosa, insomma, c’è. D’altra parte in molti libretti di istruzione
dei cellulari viene consigliato di tenere l’apparecchio a qualche
centimetro di distanza dall’orecchio. Se le ditte costruttrici scrivono
questo, forse sarebbe opportuno dare un’informazione più completa e più
chiara. Ne va della salute dei cittadini”.
La lettera del
ministero si chiude con un invito di una campagna di informazione per
“promuovere un utilizzo responsabile del telefono, soprattutto in
relazione all’uso da parte dei bambini”. Ovvero la stessa richiesta del
Consiglio superiore di sanità che giace inascoltata sul tavolo del
ministro da mesi. In Italia la penetrazione dei cellulari è del 150 per
cento, uno e mezzo a testa, tra le più alte al mondo. Se c’è un problema
riguarda letteralmente tutti. Marcolini si chiede: “Cosa aspettano per
fare qualcosa? Se all’epoca qualcuno mi avesse avvisato dei rischi che
correvo, probabilmente adesso non avrei dovuto passare tutto questo”.