Querela di falso: la Cassazione conferma l’assoluta autonomia del procedimento
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Sentenza 20 febbraio – 28 maggio 2007, n. 12399
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Sentenza 20 febbraio – 28 maggio 2007, n. 12399
(Presidente Vella – Relatore Malpica)
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato in data 12 ottobre 2001 xxxx, in proprio e quale legale rappresentante della AAAA s.r.l., propose appello avverso la sentenza del tribunale di Siena n. 29/2001, emessa nella causa da lui promossa contro il Ministero delle politiche agricole, e con la quale era stata rigettata la querela di falso, era stato condannato esso querelante al pagamento della pena pecuniaria di £ 40.000, era stata ordinata la restituzione del documento, disponendosi, con separata ordinanza, in ordine alla prosecuzione del processo.
A fondamento dell’appello il xxxx dedusse che, contrariamente a quanto statuito dal primo giudice, il falso avrebbe dovuto essere ritenuto rilevante nel giudizio di opposizione alla sanzione amministrativa nel cui ambito era stata proposta la querela. Si costituì anche l’amministrazione appellata, deducendo – tra l’altro – l’inammissibilità dell’appello e la irrilevanza del preteso falso.
La corte di Firenze, con sentenza n. 1550/02 rigettò l’impugnazione, dichiarò inammissibile l’appello incidentale del Ministero, e condannò l’appellante alla rifusione delle spese di giudizio.
Osservò la corte fiorentina – per quanto ancora rileva in questa sede – che la querela di falso atteneva alle risultanze del verbale di accertamento n. 1079/95 del Corpo forestale dello stato e mirava a contestare che il sopralluogo fosse stato effettuato alle ore 10,30 del 28.9.1994, e che le fotografie fossero state scattate in quella data alla presenza dell’interessato. Alla stregua di detta prospettazione, ad avviso della corte, era corretta la conclusione del primo giudice circa la irrilevanza della questione di falsità ai fini della decisione della causa, in quanto le contestazione del xxxx non riguardavano il contenuto degli accertamenti fatti a suo carico, ma solo aspetti marginali, quali l’orario del sopralluogo – imputabile ad un errore materiale – e il fatto che alcuni accertamenti – tutti ritualmente contestati all’incolpato – non erano stati effettuati in presenza di lui, ma successivamente.
Anche detto elemento, a dire della corte territoriale, era secondario, perchè la contestazione poteva esigere più sopralluoghi e la presenza dell’interessato non era necessaria e non poteva produrre alcun effetto giuridico sulla validità degli accertamenti.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso xxxx in forza di due motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso il Ministero delle politiche agricole e forestali, che ha proposto altresì ricorso incidentale.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Pregiudizialmente vanno riuniti i ricorsi perchè proposti contro la stessa sentenza.
Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 14 l. 689/81 e 4 della legge 898/86, nonché omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia. Assume che i giudici di merito hanno accertato la palese falsità ideologica del verbale, ma erroneamente hanno ritenuto la irrilevanza di essa, perchè non hanno colto che la falsità attiene non ad aspetti marginali, ma alla stessa affermazione che nella sede del sopralluogo era stata accertata la ricorrenza dei fatti costituenti la violazione contestata. Infatti i verbali affermavano che “durante la verifica-sopralluogo effettuata il 28.9.1994 era presente il sig. xxxx che ha potuto seguire le fasi del controllo e verificare personalmente le superfici di terreno trovate irregolari”, mentre – al contrario – nulla era stato accertato alla presenza dell’interessato, sicché questo non aveva potuto articolare in nessun modo le proprie difese data la genericità ed oscurità delle contestazioni, la cui incongruità era stato possibile accertare solo dalla lettura del “mod. SIAN”, ottenuto nel dicembre 1997.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, nella parte in cui la corte di merito ha ritenuto non rilevante la falsità, atteso che l’assenza dell’interessato alle operazioni di sopralluogo e verifica delle infrazioni è l’elemento fondante della nullità della ordinanza-ingiunzione, in quanto all’interessato è stato impedito di partecipare al procedimento amministrativo precedente all’irrogazione della sanzione e, a causa della mancata tempestiva contestazione degli addebiti, è venuto a conoscenza della effettiva portata di essi solo a distanza di due anni. Il giudice di appello non ha dato conto di dette circostanze, e quindi è incorso in un palese difetto di motivazione.
L’avvocatura dello stato, in via incidentale, si duole sia della mancata dichiarazione di inammissibilità dell’appello, sia del rigetto dell’appello incidentale con il quale l’amministrazione aveva chiesto la declaratoria di insussistenza del falso.
Quanto alla prima censura osserva l’avvocatura erariale che l’art. 23 della legge 689/81 prevede come unico mezzo di impugnazione il ricorso per cassazione, sicché non può ritenersi che l’appello, escluso per la sentenza finale, possa essere ammesso per la sentenza parziale che decide sulla querela di falso; in ordine alla seconda censura assume che la corte ha ritenuto carente d’interesse l’amministrazione in quanto il tribunale non aveva dichiarato la falsità, ma solo la irrilevanza di essa ai fini della decisione. Al contrario, il tribunale aveva affermato che era sicuramente ipotizzabile un falso ideologico, ma nonostante ciò non era accoglibile la domanda.
Avendo priorità logica, va in primo luogo esaminata la questione della pretesa inammissibilità dell’appello e, conseguentemente, dell’attuale ricorso principale; la questione, essendo rilevabile d’ufficio, va scrutinata nonostante la inammissibilità del ricorso incidentale, che va dichiarata per difetto di autosufficienza, stante la totale omissione dell’esposizione del fatto e delle ragioni della decisione oggetto del ricorso stesso.
L’assunto dell’avvocatura erariale è infondato, perché la sentenza che decide sulla querela di falso non è una sentenza parziale (cioè non definitiva) ma rappresenta l’epilogo di un procedimento che – pur se, come nella specie, attivato in via incidentale – è comunque autonomo che ha per oggetto l’accertamento della falsità o meno di un atto avente fede privilegiata. Ne consegue che la sentenza, che decide sulla querela, è soggetta ai normali mezzi di impugnazione, e ciò quand’anche il procedimento di merito nel cui ambito l’atto è stato prodotto sia un procedimento speciale, ovvero abbia come epilogo una sentenza non soggetta ad appello.
Quanto al ricorso principale, entrambi i motivi – la cui connessione evidente ne impone l’esame congiunto – devono essere disattesi.
Il ricorrente censura la sentenza della corte di merito per avere questa ritenuto la irrilevanza del preteso falso ai fini del giudizio sulla opposizione all’ordinanza-ingiunzione.
Osserva in primo luogo la corte che se la statuizione del giudice di appello dovesse essere interpretata nei riportati termini, il ricorrente avrebbe dovuto formulare le proprie censure sotto il profilo della estraneità della statuizione al thema decidendum, atteso che la questione della rilevanza dell’eventuale falsità del documento ai fini della decisione di merito è devoluta esclusivamente al giudice del merito e non a quello della querela, il cui unico compito è quello di affermare o negare la falsità dell’atto, come si evince dal disposto dell’art. 222 c.p.c., secondo il quale solo se il giudice istruttore valuta rilevante il documento ai fini della decisione può autorizzare la proposizione della querela. Ne deriva che, interpretando la sentenza impugnata nei termini prospettati dal ricorrente, le censure risultano, comunque, inammissibili, perchè esclusivamente volte a contrastare – con argomenti di mero fatto – la valutazione della “rilevanza” del falso che, tuttavia, poggia su una motivazione articolata, coerente e immune da vizi logico-giuridici.
Va peraltro osservato, per completezza, che le argomentazioni della sentenza impugnata sembrano per lo più volte ad escludere la stessa falsità del documento, perchè sottolineano che le discrepanze tra quanto riportato e quanto realmente avvenuto non sarebbero idonee a determinare una immutazione del vero in relazione a ciò che il documento deve rappresentare ai fini per i quali lo stesso è redatto. Rilevano i giudici di merito che non è in questione il fatto che sia stato effettuato il sopralluogo (e cioè l’an), ma solo il quando, per la erronea indicazione dell’orario e per il fatto che gli accertamenti non siano stati completati in un solo sopralluogo (solo il primo avvenuto alla presenza dell’interessato), ma anche attraverso altri accessi. Implicitamente la corte rileva che nessuna immutazione della realtà è avvenuta, allorché osserva che l’indicazione dell’orario è all’evidenza un errore materiale e che è giuridicamente lecita l’effettuazione di più sopralluoghi, anche non in presenza dell’interessato. Il relazione al cennato profilo motivazionale nessuna pertinente censura è stata formulata dal ricorrente, il quale ha impostato tutte le argomentazioni sulla rilevanza del preteso falso e sulla conseguente lesione dei suoi diritti di difesa, come dimostra la denunziata violazione delle leggi n. 689/81 e 898/86, questioni tutte attinenti al merito della causa di opposizione.
Deve quindi concludersi per il rigetto del ricorso principale e per la declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale.
Atteso l’esito del giudizio, le spese vanno integralmente compensate.
P.Q.M.
La corte, riuniti i ricorsi, rigetta il principale e dichiara inammissibile l’incidentale. Compensa le spese del giudizio.