Rapporti tra fallimento e tutela dei creditori: cambio di rotta delle SS.UU.
La discussa pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 21045/2009 ha stravolto l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, in tema di rapporti tra fallimento e tutela dei creditori, già improntato favorevolmente verso i promissari acquirenti d’immobili in corso di costruzione.
Tale decisione, infatti prevedendo che il privilegio speciale sul bene immobile che assiste (ai sensi dell’art. 2775-bis c.c.[1] i crediti vantati dal promissario acquirente conseguenti alla mancata esecuzione del preliminare regolarmente trascritto in virtù dell’art. 2645-bis c.c.[2], resta defalcato dalla regola generale di prevalenza del privilegio sull’ipoteca, sancita, purchè non si sia diversamente stabilito, dal secondo comma dell’art. 2748 c.c.[3], ha così vanificato le aspettative dei promissari acquirenti d’immobili in corso di costruzione, in virtù di contratto preliminare trascritto, ad essere preferiti agli istituti di credito, i quali a loro volta avevano iscritto ipoteca, nell’ipotesi di fallimento dell’impresa costruttrice.
Ne consegue pertanto che, nell’ipotesi in cui il curatore del fallimento della società costruttrice dell’immobile intenda procedere allo scioglimento del contratto preliminare (ai sensi dell’art. 72 della legge fall.), il credito del promissario acquirente avente ad oggetto la restituzione della caparra versata contestualmente alla stipula del contratto preliminare, benché assistito da privilegio speciale, deve essere collocato, in sede di riparto, con grado inferiore rispetto al credito vantato dell’istituto di credito che, precedentemente alla trascrizione del contratto preliminare, abbia iscritto sull’immobile stesso ipoteca a garanzia del finanziamento concesso alla società costruttrice.
Tale pronuncia ha prodotto un profondo revirement della disciplina in questione, in specie se confrontata con quanto la stessa S.C. aveva stabilito, solo un lustro prima con la sentenza n. 17197/2003, in virtù della quale tale Supremo Tribunale aveva disposto a Sezioni Unite, che il privilegio speciale, previsto dall’art. 2775 bis c.c. per il credito vantato dal promissorio acquirente sul bene immobile oggetto di preliminare trascritto, prevalesse rispetto alle ipoteche gravanti sullo stesso immobile, pur se iscritte anteriormente alla trascrizione del contratto preliminare predetto.
Pertanto, in ossequio a tale decisione,nell’ipotesi di fallimento dell’impresa costruttrice di un immobile, il credito vantato dal promissario acquirente doveva essere soddisfatto sempre e con precedenza rispetto alle eventuali ipoteche iscritte contro la stessa impresa costruttrice dagli istituti di credito.
La ratio di quest’orientamento (Sent. n. 17197/2003) era rintracciabile nell’esigenza condivisibile, di tutela nei confronti del promissorio acquirente – “contraente debole”, ovvero di colui il quale ricopre una posizione di marcata inferiorità strutturale rispetto agli istituti di credito, che per loro natura hanno una maggiore possibilità di tenuta nell’ipotesi di fallimento di un debitore.
Tale prevalenza del privilegio speciale rispetto alle ipoteche di cui all’art. 2748, comma 2, c.c. è stata da sempre spiegata con il fatto che il privilegio immobiliare di regola assiste crediti normalmente incidenti sul processo di produzione o valorizzazione di una cosa e, quindi, non può che essere anteposto all’ipoteca, la quale, invece, incide (negativamente) sul valore di scambio del bene gravato [4].
Nel caso del preliminare di vendita potrebbe discutersi sull’esistenza o meno di una causa meritevole di tutela tale da anteporre l’interesse del promissario a quella dei creditori ipotecari precedenti, ma fatto sta che il legislatore ha voluto espressamente configurare nel caso in oggetto un privilegio speciale immobiliare, con la conseguenza che, anche se la natura del credito de quo si discosta da quella degli altri crediti privilegiati, sarà regolato dalla medesima disciplina, ivi inclusa la prevalenza sulle ipoteche anteriori e posteriori.
In dottrina è stato particolarmente acceso il dibattito[5].
Un primo orientamento[6] ha ritenuto operante la disposizione contenuta nell’art. 2748, comma 2, stante la mancanza di una deroga esplicita contenuta nella normativa.
Altri Autori hanno invece sostenuto la non prevalenza del privilegio in oggetto sulle ipoteche anteriori. A supportare tale ultima posizione, si è in primo luogo ricollegata l’efficacia temporale del privilegio con la trascrizione del preliminare, individuando un legame inscindibile tra privilegio e pubblicità immobiliare[7].
Si è precisato come il privilegio, nel caso in esame, non si ricolleghi mai ad un qualsiasi preliminare, ma solo ed esclusivamente ad un preliminare trascritto in quanto risultante da atto pubblico o autentico. La trascrizione del contratto preliminare pertanto espleta la funzione di vera e propria pubblicità costitutiva del privilegio, dato che il Legislatore subordina il sorgere di esso alla preventiva trascrizione.
Pertanto all’obiezione secondo cui la sentenza n. 17197/2003 delle Sezioni Unite della Cassazione, favorendo il promissario acquirente a scapito degli interessi dei creditori ipotecari, si sarebbe ripercossa negativamente sui rapporti tra le imprese costruttrici e le aziende di credito, scoraggiando queste ultime dal concedere finanziamenti per la costruzione di immobili, in contrasto con lo finalità che in legge intendeva perseguire, si potrebbe replicare sostenendo che il senso della nuova disciplina consisteva anche nel responsabilizzare il ceto bancario, dissuadendolo da un’eccessiva disinvoltura nell’erogazione del credito fondiario.
Troppo spesso, infatti, le banche, nel concedere finanziamenti per la costruzione di immobili, fanno affidamento, ai fini della restituzione, più su valore dei beni concessi in garanzia che sulla solidità complessiva dell’impresa mutuataria, confidando di poter agevolmente procedere al recupero del credito anche in caso di fallimento della stessa, con evidente pregiudizio per le ragioni degli altri creditori. La postergazione dei crediti ipotecari a quello del promissario acquirente le costringerebbe invece a verificare preventivamente la capacità dell’impresa di far fronte alle proprie obbligazioni, avvalendosi di quegli strumenti di controllo di cui esse dispongono in misura più ampia ed incisiva di ogni altro creditore.
Nonostante quanto sopra detto, rimane il fatto che il revirement delle Sezioni Unite della Suprema Corte in materia è destinato, nel prossimo futuro, a provocare sul piano pratico inevitabili effetti negativi molto dirompenti, sul presupposto che, dal 1 ottobre 2009 ( data in cui è stata emanata la sentenza n. 21045/2009),i diritti di credito dei promissari acquirenti nei confronti di imprese di costruzione sono da considerare sempre ed inevitabilmente postergati rispetto ai diritti di credito delle banche con ipoteca regolarmente iscritta