Reddito d’impresa: sul diritto al rimborso della maggiore imposta versata Agenzia Entrate , circolare 04.05.2010 n° 23
Il 5 maggio 2010 l’Agenzia delle Entrate ha posto chiarimenti ad
alcune Direzioni regionali in merito alla gestione delle controversie
riguardanti casi in cui l’ufficio abbia imputato per competenza il
componente negativo di reddito ad un periodo d’imposta rispetto al
quale il contribuente è decaduto dalla possibilità di avvalersi di
rimedi previsti dall’art. 2, comma 8 bis del decreto del Presidente
della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.
In particolare l’art. 2, comma 8 bis del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 dispone che “Le
dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività
produttive e dei sostituti di imposta possono essere integrate dai
contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiamo determinato
l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito
d’imposta o di un minor credito, mediante dichiarazioni da presentare
non oltre il termine prescritto per la presentazione della
dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo”.
Nel
delineare preliminarmente il quadro normativo, l’agenzia richiama anche
l’art. 21, comma 2, del D.Lgs. 546/1992, secondo cui il ricorso avverso
il rifiuto tacito della restituzione di somme non dovute può essere
proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione
presentata entro il termine previsti da ciascuna legge d’imposta e fino
a quando il diritto alla restituzione non è prescritto. La stessa
disposizione prevede che la domanda di restituzione, in mancanza di
disposizione specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal
pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il
presupposto per la restituzione.
Ciò premesso, qualora
l’Amministrazione abbia imputato per competenza un componente negativo
di reddito ad un periodo d’imposta diverso da quello nel quale era
stato dedotto, la circolare ribadisce che il contribuente potrebbe
operare la deduzione:
1) presentando un dichiarazione correttiva
con esito a sé favorevole entro il termine di presentazione della
dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo a quello in cui
la deduzione doveva operare;
2) se il predetto termine sia
scaduto, presentando istanza di rimborso della maggiore imposta versata
nel periodo di imposta nel quale non ha operato la deduzione entro il
termine di quattro anni dalla data del pagamento eseguito in assenza
dei presupposti o dal termine per il pagamento del saldo di imposta;
3)
ricorrendo, entro il termine di prescrizione del diritto, avverso
l’eventuale silenzio rifiuto dell’Amministrazione formatosi
sull’istanza di rimborso.
La circolare richiama poi l’orientamento della giurisprudenza di legittimità tra cui la sentenza n. 6331 del 10 marzo 2008, ove
ha specificato che “ la pratica conseguenza di una vietata doppia
imposizione, può essere evitata dal contribuente presentando istanza di
rimborso della maggiore imposta indebitamente corrisposta per la
mancata esposizione nell’annualità di competenza dei costi negati in
relazione a diversa imputazione temporale.
Più di recente, con la sentenza n. 16023 dell’8 luglio 2009,
base del divieto di doppia imposizione la società potrà, dal momento
del passaggio in giudicato della sentenza, presentare istanza di
rimborso per recuperare la maggiore imposta indebitamente corrisposta e
non potuta recuperare per non avere eseguito la corretta procedura di
rimborso”.
La circolare conclude pertanto che il diritto al
rimborso della maggiore imposta versata con riguardo a un periodo
d’imposta antecedente o successivo a quello oggetto di accertamento
decorre dalla data in cui la sentenza che ha affermato la legittimità
dell’accertamento è passata in giudicato, ovvero dalla data in cui è
divenuta definitiva la pretesa dell’Amministrazione finanziaria al
recupero del costo oggetto di rettifica. Da tale data il contribuente
potrà presentare, entro due anni, la domanda di rimborso, impugnando
poi l’eventuale silenzio rifiuto nel termine di prescrizione ordinaria
decennale[1].
La
circolare puntualizza che il diritto al rimborso dell’imposta
indebitamente versata non comporta il venir meno o la rideterminazione
delle sanzioni originariamente irrogate per effetto del disconoscimento
del costo non di competenza, né degli interessi dovuti.
Agenzia delle Entrate, circolare 4 maggio 2010, n. 23
OGGETTO:
Reddito d’impresa – Rettifica dell’imputazione temporale dei componenti
negativi di reddito – Recupero delle maggiori imposte versate –
Disposizioni sul contenzioso pendente.
INDICE
Premessa
1. Quadro normativo
2. Orientamenti giurisprudenziali
3. Considerazioni conclusive
Premessa
Alcune
Direzioni regionali hanno chiesto chiarimenti in merito alla gestione
delle controversie nelle quali siano in discussione rilievi fondati sul
mancato rispetto del principio di competenza nell’imputazione di
componenti negativi di reddito da parte del contribuente.
Le
controversie segnalate riguardano le ipotesi in cui l’ufficio
accertatore abbia imputato per competenza il componente negativo di
reddito ad un periodo d’imposta rispetto al quale il contribuente è
decaduto dalla possibilità di emendare a proprio favore la
dichiarazione già presentata, ovvero il caso in cui siano decaduti i
termini per presentare istanza di rimborso della maggiore imposta
versata.
In tale ipotesi il predetto componente negativo, la cui
deduzione operata dal contribuente è stata disconosciuta dall’ufficio,
non sarebbe più deducibile nel periodo d’imposta di effettiva
competenza.
1. Quadro normativo
Per quanto
concerne la possibilità per il contribuente di emendare a proprio
favore le dichiarazioni di imposta, l’articolo 2, comma 8-bis del
decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322 dispone
che “Le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle
attività produttive e dei sostituti di imposta possono essere integrate
dai contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano
determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un
maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione
da presentare (…) non oltre il termine prescritto per la presentazione
della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo”.
In
merito al rimborso di versamenti di imposte eccedenti quanto
effettivamente dovuto, invece, l’articolo 38, comma 1, del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, prevede che “il
soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare (…)
istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi
dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale,
duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di
versamento”.
Infine, l’articolo 21, comma 2, del decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 dispone che “Il ricorso avverso il
rifiuto tacito della restituzione di cui all’art. 19, comma 1, lettera
g), può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di
restituzione presentata entro i termini previsti dalla ciascuna legge
d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è
prescritto.”
Con riferimento al quadro normativo delineato e sulla base degli interventi di prassi dell’Amministrazione (1),
nel caso in cui nella determinazione della base imponibile delle
imposte sui redditi, l’ufficio accertatore abbia imputato per
competenza un componente negativo di reddito ad un periodo d’imposta
diverso da quello nel quale era stato dedotto dal contribuente,
quest’ultimo potrebbe operare correttamente la deduzione:
–
presentando una dichiarazione correttiva con esito a sé favorevole
entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al
periodo d’imposta successivo a quello in cui la deduzione doveva essere
operata;
– ove il predetto termine sia scaduto, presentando
istanza di rimborso della maggiore imposta versata nel periodo di
imposta nel quale non ha operato la deduzione entro il termine di
quarantotto mesi dalla data del pagamento eseguito in assenza dei
presupposti o dal termine per il pagamento del saldo di imposta;
–
ricorrendo, entro il termine di prescrizione del diritto, avverso
l’eventuale silenzio rifiuto dell’Amministrazione formatosi
sull’istanza di rimborso presentata nel termine di cui sopra.
2. Orientamenti giurisprudenziali
E’
principio consolidato presso la giurisprudenza di legittimità che il
contribuente non possa essere lasciato arbitro della scelta del periodo
cui imputare i componenti negativi di reddito, stanti i principi
contenuti nell’articolo 109 (già articolo 75) del Testo unico delle
imposte sul reddito approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e gli innegabili riflessi che ciò
comporterebbe sulla determinazione del reddito imponibile.
La
Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10981 del 13 maggio 2009, ha
affermato che “in tema di reddito d’impresa, le regole sull’imputazione
temporale dei componenti negativi, dettate in via generale dal D.P.R.
22 dicembre 1986, n. 917, art. 75, sono inderogabili, non essendo
consentito al contribuente scegliere di effettuare la detrazione di un
costo in un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come
esercizio di competenza, così da alterare il risultato della
dichiarazione (…)” (si vedano sul punto anche le sentenze della Suprema
Corte n. 7912 del 9 giugno 2000 e n. 16198 del 27 dicembre 2001).
La
stessa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6331 del 10 marzo 2008,
ha inoltre specificato che “(…) la pratica conseguenza di una vietata
(…) doppia imposizione, paventata dalla società ricorrente in rapporto
alle circostanze del caso concreto, non risulta evento
irrimediabilmente connesso all’applicazione del criterio sopra
enunciato – ossia il criterio di competenza – (…), giacchè, in base ai
principi generali, può essere evitata (…) mediante l’esercizio da parte
del contribuente – con istanza di rimborso e conseguente impugnazione,
ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, del silenzio rifiuto su
di esso eventualmente formatosi – dell’azione di restituzione della
maggior imposta indebitamente corrisposta per la mancata esposizione
nell’annualità di competenza dei costi negati in relazione a diversa
imputazione temporale. Ciò, a decorrere dal perfezionamento del
giudicato sulla legittimità del recupero dei costi in relazione
all’annualità non di competenza, che, nella prospettiva di cui all’art.
2935 c.c. (…), segna – pur in presenza di termini per l’emendabilità
della dichiarazione (cfr. il D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8
bis, ratione temporis peraltro inapplicabile alla fattispecie) – il
momento in cui il diritto al rimborso può essere fatto valere”.
Più
di recente, nella sentenza n. 16023 dell’8 luglio 2009, la Suprema
Corte ha ulteriormente chiarito il principio sopra affermato, nel senso
che “(…) sulla base del divieto di doppia imposizione e della
consolidata giurisprudenza di questa Corte in materia, la società
potrà, dal momento del passaggio in giudicato della presente sentenza,
presentare istanza di rimborso per recuperare la maggiore imposta
indebitamente corrisposta e non potuta recuperare per non avere
eseguito la corretta procedura di rimborso.”.
3. Considerazioni conclusive
In
base ai consolidati orientamenti della giurisprudenza di legittimità
sopra richiamata, la deduzione – nel periodo di imposta di effettiva
competenza – di costi oggetto di recupero per mancato rispetto del
principio di competenza, può essere in ogni caso riconosciuta alla
stregua delle seguenti considerazioni.
In applicazione del
principio desumibile dalla richiamata giurisprudenza di legittimità,
secondo cui nei casi di specie il diritto al rimborso è esercitatile
soltanto dal giorno in cui lo stesso può essere fatto valere, è da
ritenere che il diritto al rimborso della maggiore imposta versata con
riguardo a un periodo d’imposta antecedente o successivo a quello
oggetto di accertamento, decorre dalla data in cui la sentenza che ha
affermato la legittimità del recupero del costo non di competenza è
passata in giudicato, ovvero dalla data in cui è divenuta definitiva,
anche ad altro titolo, la pretesa dell’Amministrazione finanziaria al
recupero del costo oggetto di rettifica. Da tale data, infatti, si deve
ritenere affermato irrevocabilmente anche il diritto del contribuente a
dedurre nel periodo di imposta di effettiva competenza il componente
negativo.
L’istanza di rimborso della maggiore imposta versata
può essere presentata, ai sensi dell’articolo 21, comma 2, del decreto
legislativo n. 546 del 1992, entro due anni dal passaggio in giudicato
della sentenza ovvero dalla data in cui è divenuta definitiva, anche ad
altro titolo, la pretesa dell’Amministrazione finanziaria al recupero
del costo oggetto di rettifica. Detta disposizione prevede che “La
domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non
può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se
posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la
restituzione ”.
In nessun caso, ovviamente, potrà accogliersi
l’istanza di rimborso del contribuente, qualunque sia la norma invocata
(ex-articolo 38 del D.P.R. n. 602 del 73 oppure ex-articolo 8-bis del
D.P.R. n. 322 del 1998 o, in alternativa, ex-articolo 21, comma 2, del
decreto legislativo n. 546 del 1992), nel caso in cui la pretesa
dell’Amministrazione finanziaria al recupero del costo oggetto di
rettifica non si sia resa definitiva.
Avverso l’eventuale
silenzio rifiuto dell’amministrazione è ammesso ricorso, ai sensi
dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 546 del 1992, nel termine
di prescrizione ordinaria decennale.
Resta inteso che il diritto
al rimborso dell’imposta indebitamente versata non comporta il venir
meno o la rideterminazione delle sanzioni originariamente irrogate per
effetto del disconoscimento del costo non di competenza, né degli
interessi dovuti.
Se, infatti, il diritto al rimborso è diretta
conseguenza del riconoscimento da parte del giudice della legittimità
dell’operato dell’ufficio accertatore (in applicazione di un principio
ritenuto inderogabile), è fatta salva l’applicazione dell’articolo 1
del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, in tema di sanzioni
applicabili in caso di violazioni relative alla dichiarazione delle
imposte dirette.
Resta inteso che la presente direttiva, così
come la stessa giurisprudenza di legittimità richiamata a supporto, si
riferisce esclusivamente alla fattispecie esaminata, caratterizzata dal
disconoscimento, in sede di accertamento resosi definitivo, di un costo
ascrivibile alla competenza di un periodo d’imposta diverso da quello
oggetto di accertamento, e che la stessa non ha implicazioni sulla
disciplina generale dei rimborsi.
Alla luce delle considerazioni
esposte, si chiede alle strutture territoriali di riesaminare le
controversie pendenti e di abbandonare – con le modalità di rito,
tenuto conto dello stato e del grado di giudizio – le posizioni volte a
denegare il rimborso relativamente alle fattispecie sopra evidenziate,
sempre che non siano sostenibili altre questioni.
Nel chiedere
che venga dichiarata la cessazione della materia del contendere,
occorre prendere motivatamente posizione anche sulle spese di giudizio
fornendo al giudice elementi che possano giustificarne la compensazione.
***
Le
Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i
principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente
osservati dagli uffici.
_______________
1. Si veda
al riguardo anche la risoluzione n. 459/E del 2 dicembre 2008, che ha
sostanzialmente ribadito l’interpretazione già fornita con la
risoluzione 14 febbraio 2007, n. 24/E e con la circolare 25 gennaio 2002, n. 6/E.