Redditometro con più voci sotto controllo
Sarà un redditometro nuovo di zecca quello che potrebbe venir fuori
dall’incontro di martedì 18 maggio.
Non solo per l’aggiornamento degli indicatori scelti, ma anche per la
modalità con le quali si arriverà da questi ultimi al reddito presunto
del contribuente sottoposto a controlli.
Una delle principali novità
potrebbe essere rappresentata dall’individuazione di una modalità
completamente diversa per il calcolo del reddito presunto che dovrebeb
essere individuato non con un valore puntuale ma all’interno di un
intervallo di confidenza personalizzato per il singolo contribuente e
con un percorso reso più “trasparente”. In modo da dare all’interessato
più possibilità di sostenere il contraddittorio con l’ufficio
dell’agenzia delle Entrate. Fino a oggi il criterio di calcolo del
valore da attribuire al reddito del contribuente è piuttosto
artigianale. Si prende, infatti, il valore maggiore per intero, il
secondo per il 60% e così a scendere fino a che quelli dal quinto in
poi vengono assunti al 20% del loro valore. Il reddito presunto viene
attribuito in quote costanti di cinque anni. Per poter precedere alla
determinazione sintetica del reddito del contribuente attraverso il
redditometro occorre che questi per almeno due anni abbia dichiarato un
reddito inferiore a quello presunto almeno del 25 per cento. La
difficoltà che in questo periodo viene affrontata dai tecnici delle
Entrate è soprattutto legata all’individuazione di un nuovo meccanismo
di calcolo e a testare i risultati legati alle varie ipotesi formulate.
Non dovrebbero esserci, invece, grosse novità, rispetto a quanto
dichiarato in più occasioni dal direttore accertamento dell’agenzia
delle Entrate, Luigi Magistro, relativamente alla necessità
dell’adeguamento del redditometro alle mutate condizioni di vita, che
hanno cambiato abitudini e consumi rispetto a quelli indicati
nell’ormai quasi ventennale Dm di elaborazione degli indici di capacità
contributiva, risalente al 1992. Come anticipato da Magistro (si veda
«Il Sole 24 Ore» del 15 marzo) una funzione matematica intreccerà in
modo diverso gli indici di capacità contributiva, che rispetto ai sei o
sette attuali saranno molto più ampi (circa due o tre volte tanto).
Così entreranno nella partita “valori” nuovi, come le scuole private
per i figli, le vacanze in località di lusso, la frequentazione di
centri benessere e così via.
La lotta all’evasione cerca, dunque, nuove strategie. Nella “coda”
di ieri all’audizione davanti alla commissione parlamentare
sull’anagrafe tributaria del Comando generale della Gdf sul federalismo
fiscale, è stata tracciata la geografia dei risultati ottenuti dalle
Fiamme Gialle nella lotta all’evasione 2009, che ha riportato alla luce
imponibili per oltre 62 miliardi di euro (33,6 nelle imposte dirette,
22,8 nell’Irap e 6 nell’Iva).
Le dinamiche dei risultati seguono in modo abbastanza fedele il
livello di ricchezza dei territori, e vedono l’epicentro dell’emersione
in Lombardia (18,8 miliardi, poco meno di 2mila euro per ogni
residente), seguita da Lazio, Veneto ed Emilia Romagna, con un
“bottino” per i controlli che oscilla da 1.400 a 1.800 euro ad
abitante. Più leggeri i risultati ottenuti al Sud, dalla Calabria alla
Basilicata, dalla Puglia alla Campania, che non superano i 500 euro ad
abitante. «Le differenze principali fra Nord e Sud – hanno spiegato i
vertici delle Fiamme gialle – sono essenzialmente riconducibili al
diverso tessuto economico e produttivo», sulla base del fatto che «per
esempio le imprese di più rilevanti dimensioni, con un volume d’affari
di almeno 200 milioni di euro, sono per il 78% concentrate nelle
regioni settentrionali».
Le dinamiche dell’antievasione dipendono anche dal tipo di imposta
messa nel mirino, come mostra, ad esempio, l’analisi per “fasce”; nel
caso di imposte dirette e Irap, le cifre più consistenti sono state
messe a segno nei controlli a soggetti con volume d’affari superiore a
25 milioni, mentre nell’Iva il primato spetta ai bersagli più piccoli.