Ai sensi dell’art. 7, secondo comma n. 2, del codice di procedura civile, il Giudice di pace:
È competente qualunque ne sia il valore:
[…]
2) per le cause relative alla misura ed alle modalità d’uso dei servizi di condominio di case; […].
In qualche circostanza la norma ha creato alcune incertezze interpretative tutte rivolte a delineare con certezza i limiti della competenza del giudice di pace. Sul punto, in diverse occasioni, è intervenuta la Cassazione. In un caso, che rappresenta l’orientamento maggioritario, gli “ermellini” hanno affermato che in tema di controversie tra condomini, devono intendersi per cause relative alle modalità d’uso di servizi condominiali quelle riguardanti limiti qualitativi di esercizio delle facoltà contenute nel diritto di comunione e, quindi, quelle relative al modo più conveniente ed opportuno in cui tali facoltà debbono essere esercitate; mentre per cause relative alla misura dei servizi condominiali debbono intendersi quelle concernenti una riduzione o limitazione quantitativa del diritto dei singoli condomini. Sussiste, pertanto, la competenza ordinaria per valore, qualora al condomino non derivi una limitazione qualitativa del suo diritto, ma la negazione in radice di esso, come, ad esempio, per la domanda diretta alla declaratoria di inibizione al parcheggio dell’autovettura nel cortile comune ( Cass. ord. 15-4-2002 n. 5448, 22 maggio 2000 n. 6642, 13 ottobre 1997 n. 9946, 28 settembre 1994 n. 7888)” (così Cass. 18 febbraio 2008 n. 3937).
Che cosa accade se le limitazioni all’uso delle cose comuni o dei veri e propri divieti sono contenuti nel regolamento condominiale di orgine contrattuale? In buona sostanza la violazione di una norma regolamentare rientra nella competenza esclusiva del giudice di pace o no? Al riguardo, conformemente all’indirizzo giurisprudenziale dominante, s’è espresso di recente il Tribunale di Catanzaro. Il giudice calabrese ha riaffermato quanto detto dalla Cassazione sia sulla competenza in generale ex art. 7 c.p.c., sia per ciò che concerne la questione delle clausole regolamentari. In particolare s’è affermato che “ in materia di condominio degli edifici, a seguito della modifica introdotta all’art. 7 cpc, appartengono alla competenza per materia del giudice di pace, le cause relative alla misura ed alle modalità di uso dei servizi di condominio delle case, dovendosi intendere, per le prime, quelle che riguardano le riduzioni o limitazioni quantitative del diritto dei singoli condomini ed hanno ad oggetto quei provvedimenti degli organi condominiali che, esulando dalla disciplina delle modalità qualitative di uso del bene comune, incidono sulla misura del godimento riconosciuto ai singoli condomini, mentre le seconde concernono i limiti qualitativi di esercizio delle facoltà comprese nel diritto di comunione ossia quelle relative al modo più conveniente ed opportuno con cui tali facoltà debbono esercitarsi, nel rispetto delle parità di godimento riservate agli altri condomini in proporzione delle rispettive quote, secondo quanto stabilito dalla legge o dalla volontà della maggioranza oppure da eventuali disposizioni del regolamento condominiale. Restano estranee ad entrambe le categorie indicate quelle cause in cui si controverta circa l’esistenza stessa del diritto del condomino a fruire della cosa o del servizio comune” (cfr., Cass., 2 settembre 2004, n. 17660)” (Trib. Catanzaro 18 gennai0 2011).
La competenza per le limitazioni ed i divieti d’uso contenuta nel regolamento condominiale contrattuale, dunque, è determinata secondo le ordinarie regole della competenza per valore.