Relazione della Corte dei Conti sulle
COMUNICATO STAMPA n. 32/ 2005
1 settembre 2005
Corte dei conti – Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato– Collegio I – Pres. T. Lazzaro, Rel.re S. Siragusa – Delibera n. 19/2005/G, del 20 luglio 2005 – Relazione concernente l’indagine su: “Incongruenze, ritardi e carenze nei recuperi delle spese di giustizia”.
La Corte dei conti ha rilevato come, a quasi tre anni dall’entrata in vigore del Testo unico n. 115 del 2002 , che ha comportato il riordino delle materia , con un’opera di vaste dimensioni – coinvolgente tutte le forme di giurisdizione – , gli aspetti di innovazione relativi alla revisione delle procedure di spesa e delle modalità organizzative degli uffici giudiziari e finanziari, presentino tuttora ritardi e difficoltà di attuazione.
Ad avviso della Corte, le cause di tale fenomeno, di natura indubbiamente complessa, vanno ricercate , sia nella articolazione delle fasi e procedure, ripartite fra soggetti pubblici e privati, sia nelle caratteristiche della spesa, legata in gran parte alle mutevoli esigenze processuali, sia del credito erariale costituito dai recuperi delle spese di giustizia, con riguardo alla sua concreta possibilità di esazione, sia nella necessità, in definitiva, di una azione meglio coordinata , più incisiva e più tempestiva, dei vari soggetti agenti nel settore programmazione e controllo della spesa e nel settore della riscossione dei crediti di giustizia.
La riforma, com’è noto, ha uniformato la disciplina legislativa e regolamentare delle singole voci componenti tali forme di spesa e delle relative procedure , ed ha comportato anche il recepimento di importanti modifiche normative nel frattempo attuate, relative, ad esempio, alle disposizioni di legge sul patrocinio a carico dello Stato, alle innovazioni relative al processo amministrativo , contabile e tributario e alle forme della giustizia onoraria.
Dal punto di vista delle procedure di spesa, la riforma ha, inoltre, riguardato sia la fase del pagamento che quella della riscossione. In particolare, con riguardo alla fase della riscossione, la normativa in questione è stata armonizzata con la riforma in materia di servizi autonomi di cassa degli uffici finanziari ( D. lgs. n. 237 del 1997) , che ha individuato negli uffici delle Amministrazioni aventi le gestione delle entrate, (principalmente: Ministero Giustizia, nelle sue articolazioni territoriali) la competenza alla riscossione in via ordinaria delle medesime, fino alla formazione dei ruoli per la successiva esazione ( quest’ultima affidata ai Concessionari per la riscossione), sopprimendo le funzioni di cassa degli uffici finanziari e uniformando la disciplina della riscossione di tutte le entrate patrimoniali dello Stato, comprendendovi, tra queste, anche le pene pecuniarie e le spese di giustizia.
Il pagamento, avviene attraverso il circuito degli Uffici postali e dei Concessionari, anche in questo caso con rilevate disfunzioni in ordine alla formazione di un cospicuo debito derivante da residui di pagamenti compiuti in precedenti esercizi.
Con riguardo all’aspetto del profilo organizzativo e a quello finanziario, l’analisi condotta dalla Corte dei conti, ha mostrato la realizzazione ancora soltanto parziale delle indicazioni contenute nelle disposizioni legislative e regolamentari e delle ulteriori attività necessarie a rendere la gestione stessa oggettivamente più governabile e suscettibile di maggiore controllo, anche ai fini dell’adozione di tempestive ed efficaci misure correttive
Permangono,inoltre, le difficoltà di una esatta individuazione ed allocazione nei capitoli di bilancio, sia dell’entrata che della spesa, delle poste relative ai presupposti finanziari contenuti nelle disposizioni di legge che prevedono tali voci ed è questa un’esperienza comune alle Amministrazioni interessate dall’ indagine, con riferimento, in particolare, alla presenza di capitoli di contenuto assai vario e diversificato (conosciuti in gergo come “calderoni”) ai quali afferiscono voci numerose e di diversa natura che non ne consentono un efficace monitoraggio nelle singole componenti e nel loro andamento, con conseguenze negative in ordine alla responsabilità della loro acquisizione, e in contrasto col fine di migliorare l’ efficacia e l’ efficienza della gestione.
L’eccessiva eterogeneità dei capitoli di spesa, rilevata anche in precedenti relazioni della Corte, ha ,tuttavia, trovato un primo riscontro nella recente articolazione del capitolo n. 1360 in due voci di spesa, distinguendovi in una di esse quelle relative alla magistratura onoraria, e nella ancor più recente riclassificazione delle spese di giustizia contenuta nella legge finanziaria per l’anno 2005, che le suddivide in quattro capitoli rispetto a quello unico originariamente previsto fino all’esercizio 2003 .
Un altro aspetto critico rilevato dalla Corte è quello relativo alla mancata formulazione di previsioni , ovvero la formulazione di previsioni di larga massima, sia per l’entrata che per la spesa : la loro dichiarata “imprevedibilità”, connaturata alla particolarità dell’attività giudiziaria e del suo autonomo svolgimento in relazione alle caratteristiche dell’azione penale ed alle esigenze di ciascun singolo procedimento processuale, va corretta con una più adeguata quantificazione a preventivo delle entrate di giustizia e una più puntuale ricognizione dell’andamento della spesa, entrambe auspicabili sia per la cura dell’interesse dell’erario, sia ai fini strumentali al conferimento di una maggiore attendibilità alle rilevazioni stesse, per evitare i fenomeni riscontrati di sovrastima o sottostima delle previsioni rispetto agli accertamenti.
Il dato riassuntivo per rappresentare meglio la dimensione del problema, si ritrova sia nella esigua percentuale di effettivo recupero dei crediti di giustizia (circa il 30% delle previsioni) sia nel raffronto, a carattere di esame tendenziale, tra il volume della spesa e quello dell’entrata: la percentuale di copertura nel triennio 2001-2003 è stata pari a circa il 18 % soltanto e nell’esercizio finanziario 2003 la percentuale è stata addirittura del 9,94% (pagamenti: 505.053.328,15, riscossioni: 50.209.211,08).
La situazione di squilibrio finanziario rilevata è rappresentata principalmente dal capitolo di spesa n. 1360 dello stato di previsione del Ministero della Giustizia, per il quale, con costante ripetitività negli esercizi finanziari recenti, la Corte, nella sede del giudizio annuale sul rendiconto dello Stato, ha rilevato la impossibilità di procedere alla ammissione alla parificazione a causa del superamento dei limiti di impegno del capitolo causato dalle spese per pagamenti superiori alle dotazioni di bilancio. Critica si è rivelata, inoltre, la presenza delle spese telefoniche relative alle intercettazioni di giustizia, i cui rilevanti importi hanno assunto un andamento ulteriormente crescente negli esercizi oggetto della presente rilevazione. Per esse, il Ministero della Giustizia dichiara di aver avviato una attività di razionalizzazione e contenimento, sul versante dei costi economici,con miglioramenti derivanti dalla contrattazione di nuove convenzioni con le società telefoniche fornitrici.
Tale stato di cose, condiziona pregiudizialmente in maniera negativa il risultato di una gestione che vede accanto al problema della efficace azione di accertamento e riscossione delle entrate derivanti dal recupero delle spese di giustizia, anche l’aspetto fondamentale relativo alla corretta esposizione dei risultati finanziari nell’ambito del bilancio dello Stato, e della conseguente possibilità che il Parlamento possa concretamente esercitare la funzione di controllo prevista dall’ordinamento costituzionale. Va infatti considerato che la mancata individuazione delle effettive necessità di spesa derivanti dall’attività giudiziaria – per quanto riguarda lo specifico settore identificato nelle spese “di giustizia”- svuota, in concreto, la funzione di programmazione della spesa, ma, soprattutto, priva le Assemblee parlamentari del potere di conoscere, in sede di approvazione della legge di bilancio, la reale dimensione delle risorse finanziarie impiegate dal settore della Giustizia, con conseguente menomazione della prerogativa di controllo e autorizzazione e con le possibili ripercussioni sull’intera ripartizione delle risorse finanziarie a disposizione degli altri settori dello Stato.
Il punto di maggiore criticità sul versante dei recuperi è risultato essere quello della effettiva capacità di riscossione, soprattutto con riferimento alle riscossioni coattive, di somme attribuite all’Amministrazione giudiziaria e affidate al sistema costituito dall’Amministrazione finanziaria (Agenzia delle Entrate e Concessionari della riscossione) con percentuali che, ad esempio, hanno raggiunto nel 2003 il deludente risultato del 30 % circa del riscosso rispetto all’accertato. Dai dati forniti dall’Agenzia delle Entrate, aggiornati al 31 marzo 2005, risultano,inoltre, giacenti presso gli uffici locali e ancora da iscrivere a ruolo 164.439 atti per un importo pari a 103.296.089,23 euro. Tali numeri sintetizzano meglio di ogni altro discorso la preoccupante situazione in termini di mancate entrate per l’Erario e di possibili perdite di gettito finanziario. Soprattutto quando la riscossione avviene in seguito a procedura coattiva , dunque,trascorre un tempo a volte indeterminato , con il rischio immanente della prescrizione e della possibilità di incapienza del debitore, e che fa perdere di vista il fine ultimo dell’attività di recupero, volta ad acquisire le entrate per le casse erariali.
Il Responsabile dell’Ufficio Stampa
(Avv. Cinthia Pinotti)