Responsabilità del notaio per il delitto di peculato Cassazione penale , sez. V, sentenza 11.12.2009 n° 47178
Il quesito:
- Al notaio spetta la qualifica di pubblico ufficiale?
Il caso
Tizio,
notaio, ometteva il versamento di somme, affidategli da clienti,
destinate al pagamento dell’imposta di registro in relazione ad atti
rogati.
Nonostante che il Gip del Tribunale di Orvieto
avesse dichiarato il non luogo a procedere nei confronti dell’imputato,
perché il fatto non sussisteva, il Procuratore della Repubblica presso
il medesimo Tribunale ricorre per Cassazione deducendo violazione di
legge e vizio di motivazione.
Secondo il ricorrente, in
particolare, nella condotta di Tizio sono individuabili tutti gli
elementi del delitto di peculato, fra i quali, il “danno” per la
Pubblica Amministrazione ed il “vantaggio” per il notaio inadempiente,
a fronte dei versamenti omessi.
La normativa Art. 314 (Peculato) Il Si Art. 357 (Nozione di pubblico ufficiale) Agli Agli stessi effetti è pubblica la |
Inquadramento della problematica
La
nozione di pubblico ufficiale è da sempre stata oggetto di controversia
sia in dottrina che in giurisprudenza, stante la vaghezza delle
definizioni legislative contenute all’interno degli artt. 357 e 358
c.p..
Mentre, per quanto attiene alla funzione
legislativa e a quella giudiziaria l’ambito risulta essere di facile
caratterizzazione, maggiori problematiche ha dato la funzione
amministrativa, in quanto non inquadrabile in uno schema tipico.
L’intervento
normativo, avvenuto con la L. 86/1990, modificata dalla L. 181/1992, ha
contribuito a risolvere molti problemi interpretativi che l’originaria
formulazione degli articoli sopra richiamati aveva suscitato. L’attuale
formulazione dell’art. 357 c.p., infatti, si preoccupa di definire la
funzione amministrativa come quella disciplinata da norme di diritto
pubblico e da atti autoritativi (elementi di riconoscimento esterno), e
caratterizzata dalla formulazione e manifestazione della volontà della
pubblica amministrazione, nonché dal suo svolgersi per mezzo di poteri
autoritativi o certificativi (elementi di riconoscimento interno) ([i]).
Dalla
definizione legislativa emerge come l’elemento che contraddistingue il
pubblico ufficiale sia l’esercizio di una “funzione pubblica”; posto,
però, che anche in merito al concetto di “funzione pubblica” non vi è
una definizione univoca, le incertezze sembrano permanere all’interno
della manualistica e delle corti.
Ciò brevemente
precisato, ci dobbiamo domandare se l’attività svolta dal notaio possa
essere qualificata “pubblica funzione”, tale da attribuire al soggetto
la qualifica di pubblico ufficiale e se, in caso di risposta positiva,
Tizio possa essere ritenuto responsabile del delitto di peculato,
previa verifica della sussistenza degli elementi costitutivi del reato.
La soluzione accolta dalla Suprema Corte
–
Secondo un primo orientamento, per pubblica funzione si intende
qualsiasi attività che sia capace di realizzare i fini propri dello
Stato, anche se esercitata da soggetti estranei alla pubblica
amministrazione. Di conseguenza, secondo tale impostazione, è pubblico
ufficiale la persona chiamata a volere ed agire nell’interesse dello
Stato o di una pubblica amministrazione ([ii]).
–
Secondo una diversa teoria, per pubblico ufficiale si deve intendere il
soggetto che: a) concorre a formare o forma la volontà dell’ente
pubblico, ovvero che lo rappresentano all’esterno; b) è munito di
poteri autoritativi; c) è munito di poteri certificativi ([iii]).
– In linea di prima approssimazione possiamo definire i poteri autoritativi
come tutti quei poteri, non solo coercitivi, che sono esplicazione di
un potere pubblico discrezionale nei confronti di un soggetto che non
si trova su un piano paritetico rispetto alla pubblica amministrazione.
– Nel novero dei poteri certificativi
rientrano quelle attività di documentazione cui l’ordinamento riconosce
efficacia probatoria quindi, come tale, anche l’attività posta in
essere dal notaio, dagli agenti di cambio, dai mediatori autorizzati,
ecc. Come affermato anche dal giudice nomofilattico “l’elemento
caratterizzante della qualità di pubblico ufficiale è quello
dell’esistenza del potere pubblico autoritativo in senso lato, del
quale, in sostanza, fa parte anche il potere certificativo. L’esistenza
di quest’ultimo non necessariamente deve essere prevista in maniera
esplicita, ben potendo risultare dalla natura dell’atto posto in
essere, in relazione ai fini dello stesso” ([iv]).
– Secondo l’opinione dei giudici “Non
v’è dubbio che la condotta appropriativa del notaio vada qualificata
come peculato. La qualifica di pubblico ufficiale spetta al notaio non
solo nell’esercizio del suo potere certificativo in senso stretto, ma
in tutta la sua complessa attività, disciplinata da norme di diritto
pubblico (legge notarile) e diretta alla formazione di atti pubblici
(negozi giuridici notarili)” ([v]).
–
Orientamento che trova conferma nella più recente giurisprudenza di
legittimità, secondo la quale “commette il reato di peculato il notaio
che, incaricato della levata di protesti cambiari, si appropria del
denaro derivante dall’incasso degli effetti cambiari consegnatogli per
detto scopo, omettendo di effettuare il pagamento nel tempo dovuto ai
creditori e trattenendo le somme incassate su conto corrente personale.
Il notaio conserva infatti la qualità di pubblico ufficiale anche
successivamente alla levata del protesto, come si ricava dall’art. 9,
comma
base al quale il notaio è annoverato tra i pubblici ufficiali che hanno
l’obbligo di versare l’importo dei titoli pagati il giorno non festivo
successivo a quello del pagamento” ([vi]).
–
Tornando al caso di specie, non può essere accolta la tesi difensiva
secondo la quale l’attività del notaio, nell’adempimento
dell’obbligazione tributaria vada qualificata come estranea alla
funzione pubblica svolta per la stipula degli atti.
– Il
fatto che il notaio sia responsabile d’imposta ed assuma come tale la
veste di coobbligato solidale, che la legge affianca al soggetto
passivo d’imposta, al fine di agevolare la riscossione dei tributi, non
vale certo ad escludere la qualifica pubblicistica che gli compete.
– Per tali motivi, la Suprema Corte annulla la sentenza impugnata.
______________
[i]
La L. 26 aprile 1990, n. 86 non ha ristretto il concetto di pubblico
ufficiale, ma lo ha ampliato correlandolo all’attività in concreto
espletata dall’agente, indipendentemente dallo stato giuridico, onde la
qualità di pubblico ufficiale va attribuita a tutti gli insegnanti di
scuole statali, in quanto essi esercitano una funzione disciplinata da
norme di diritto pubblico e caratterizzata dalla manifestazione della
volontà della pubblica amministrazione e dal suo svolgersi attraverso
atti autoritativi e certificativi; al di là dell’espressione letterale,
l’art. 17 della citata legge va interpretato nel senso che si ha
svolgimento della funzione pubblica anche solo mediante il potere
autoritativo oppure quello certificativo Cass. pen., Sez. V, 14 aprile
1992, Martinelli, in Giust. pen., 1993, II, 49.
[ii] “In
tema di nozione di pubblico ufficiale, secondo il disposto dell’art.
357 c.p. come sostituito dall’art. 17 della legge n. 86 del 1990, i
requisiti necessari perché una determinata funzione possa essere
considerata “pubblica” ai fini del diritto penale vanno desunti dal
complesso delle attribuzioni, conferite dalla legge a colui che la
eserciti, e non già da ciascuna di esse. Di conseguenza, la condizione
di pubblico ufficiale non viene meno allorché una singola attività, da
lui posta in essere, non presenti tutti quei requisiti” Cass., Pen.
Sez. VI, 13 giugno 1991, Dilavanzo, in Giust. pen., 1991, II, 741.
[iii] F. Antolisei, Manuale di diritto penale, Parte speciale, II, Milano, 2002, 291.
[iv] Cass. pen., Sez. V, 17 giugno 1992, Moretti, in Cass. pen., 1993, 561.
[v] Cass. pen., Sez. III, 25 maggio 1994, Siciliani, in Ced Cassazione, rv. 1991782.
[vi] Cass. pen., Sez. VI, 7 ottobre 1999, n. 3106, Di Sabato, in Cass. pen., 2001, 3425.