Responsabilità civile dei magistrati all’italiana: nuova condanna della Corte UE
Con la sentenza 24 novembre 2011 (C-379/10) la Corte di Giustizia ritorna a pronunciarsi sulla compatibilità col diritto dell’Unione europea della normativa italiana che regola la responsabilità civile dei magistrati (art. 2, l. n. 117/1988).
Come è noto, tale normativa, che limita tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave del giudice, era già stata censurata in sede europea nel 2006, nella nota sentenza resa nel caso Traghetti del Mediterraneo (13 giugno 2006, causa C-173/03).
In quella occasione si è affermato che il diritto comunitario osta ad una normativa nazionale (come quella italiana della L. n. 117/1988) che limiti la sussistenza della responsabilità dello Stato membro ai soli casi di dolo o colpa grave del giudice, ove tale limitazione conduca ad escludere la sussistenza di tale responsabilità nel caso in cui sia stata commessa una violazione manifesta del diritto vigente.
A distanza di cinque anni dal precedente Traghetti del Mediterraneo la Corte ribadisce che costituisce principio fondamentale del diritto dell’Unione l’obbligo per gli Stati membri di risarcire il danno cagionati ai singoli per violazione del diritto dell’Unione.
I presupposti di tale responsabilità risarcitoria, come precisati in più occasioni (sentenze 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C‑48/93, Brasserie du pêcheur e Factortame, Racc. pag. I-1029, punto 51; 4 luglio 2000, causa C-424/97, Haim, Racc. pag. I-5123, punto 36, nonché 24 marzo 2009, causa C-445/06, Danske Slagterier, Racc. pag. I-2119, punto 20) consistono:
nella violazione di una norma preordinata a conferire diritti ai singoli
nella sufficiente caratterizzazione di tale violazione (che la Corte ravvisa nel carattere “manifesto” della violazione)
nel nesso di causalità diretto fra la violazione e il danno subito dai singoli.
La Corte ha poi ulteriormente precisato che lo Stato è responsabile per ogni violazione cagionata da organi che formano lo Stato apparato, senza che possa rilevare la sua organizzazione interna (ad esempio non rileva l’articolazione territoriale e l’autonomia riconosciuta agli enti sub-statali).
Nel caso Köbler (sentenza 30 settembre 2003, causa C-224/01, Köbler) la Corte di Giustizia ha affermato inoltre che anche la violazione riferibile allo Stato-giudice può fondare la responsabilità dello Stato nel suo complesso.
La limitazione del risarcimento al danno cagionato esclusivamente con dolo o colpa grave del giudice, costituisce una restrizione della responsabilità dello Stato che non può essere accettata in quanto non rispettosa del parametro della “violazione sufficientemente caratterizzata” (id est, manifesta) che può da sola determinare l’insorgere della responsabilità dello Stato.
La Corte sembra peraltro ammettere in linea di principio che la normativa interna possa andare esente da censure laddove, sia pur in via interpretativa, gli organi giurisdizionali di ultima istanza, ne garantiscano una uniforme interpretazione conforme al diritto dell’Unione.
In difetto della dimostrazione di tale circostanza, che lo Stato italiano non è stato in grado di provare, la Corte ritiene che, escludendo qualsiasi responsabilità dello Stato italiano per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto dell’Unione imputabile a un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado, qualora tale violazione risulti da interpretazione di norme di diritto o di valutazione di fatti e prove effettuate dall’organo giurisdizionale medesimo, e limitando tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave, ai sensi dell’art. 2, commi 1 e 2, della legge n. 117/88, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del principio generale di responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto dell’Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado.
Stabilita nuovamente la contrarietà all’ordinamento dell’Unione della legge sulla responsabilità civile dei magistrati, la parola spetta ora allo Stato italiano.
Due le strade astrattamente percorribili:
la prima (più consigliabile in quanto maggiormente in linea con gli orientamenti della Corte di Giustizia), una modifica per via parlamentare della legge n. 117/1988 in senso conforme alle statuizioni del giudice dell’Unione, che (re)introduca il principio della piena responsabilità civile dei giudici nell’ipotesi di violazione del diritto dell’Unione.
la seconda (meno consigliabile in quanto meno rigorosa e definitiva stante la non vincolatività nel nostro sistema dei precedenti giudiziari), una interpretazione evolutiva della normativa censurata conforme al principio della (piena) responsabilità dello Stato, in tutte le sue articolazioni, per violazione del diritto dell’Unione.