Rettifica Iva: il Fisco non può basarsi solo sugli accertamenti contabili della Finanza, anche se dettagliati
Il Fisco non può appiattirsi sul verbale della
Finanza, anche se gli accertamenti contabili risultano accurati e c’è
il forte sospetto che il contribuente si sia servito di “cartiere” per
eludere l’Iva. È quanto emerge dalla sentenza 1818/10, emessa dalla
sezione tributaria della Cassazione.
Il caso
Il ricorso della contribuente è
accolto contro le conclusioni del pm. Il verbale delle Fiamme Gialle
contesta alla società l’incompletezza degli elenchi relativi agli
acquisti intracomunitari e scatta la sanzione. Ma la natura di comodo
dei fornitori, richiamata dalla Gdf, emerge da un altro verbale che
riguarda la “cartiera”, dunque un terzo, e l’atto non è prodotto in
giudizio. L’accertamento motivato “per relationem” è legittimo, ma le
Entrate non possono delegare di fatto i propri poteri alla Finanza non
effettuando indagini autonome. Non giova al Fisco obiettare la fede
pubblica del verbale secondo l’articolo 2700 del codice civile.
L’efficacia probatoria privilegiata, vale a dire fino a querela di
falso, riguarda solo le dichiarazioni delle parti, la provenienza del
documento formato dal verbalizzante e altri fatti che quest’ultimo
attesta come compiuti da lui o avvenuti in sua presenza. E il giudice
valuta in modo autonomo: risulta imprescindibile, dunque, verificare
anche l’attendibilità dei dati del controllo effettuato dalla Finanza.
Infine: alla rettifica Iva sulla società di persone i soci risultano
estranei. L’unitarietà dell’accertamento fra compagine e componenti
riguarda invece la rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle
società di persone.