Cassazione penale , sez. VI, sentenza 31.03.2011 n° 13315
Esercita abusivamente la professione medica il farmacista che compila ricette mediche in bianco.
E’ quanto disposto dalla Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza 31 marzo 2011, n. 13315 relativa alla vicenda di un medico di base e di due farmacisti, che consegnavano ai pazienti di un sanitario convenzionato con la ASL di Frosinone, dei farmaci dietro prescrizioni su carta intestata, timbrata e firmata dal medico ma poi compilate, in ogni loro parte, dai due.
In primo grado i titolari delle due farmacie ed il medico sono stati giudicati responsabili dei reati di falsità ideologica in certificazioni amministrative ed esercizio abusivo della professione medica. Successivamente, la Corte d’appello di Roma, seppur confermando le condanne, ha dichiarato estinta la pena per decorrenza del relativo termine prescrizionale.
Avverso tale sentenza, i tre proponevano ricorso per Cassazione sostenendo identici motivi di impugnazione.
In particolare, i ricorrenti ribadivano che non sarebbe ravvisabile il reato di falsità ideologica, in quanto i pazienti destinatari delle prescrizioni farmacologiche erano affetti dalle malattie accertate dal medico in precedenza, per cui avevano necessità dei medicinali indicati nelle ricette, essendo già inseriti nel piano terapeutico predisposto dal sanitario.
I Giudici di Piazza Cavour hanno spiegato che, con la compilazione della ricetta, il medico compie un’attività ricognitiva del diritto soggettivo del paziente all’assistenza farmacologica, consentendo l’attuazione di tale diritto mediante l’emissione della prescrizione medica. Pertanto, la stesura della prescrizione medica riveste un duplice ruolo: di certificazione, laddove il sanitario individua elementi medici rilevanti, e di autorizzazione amministrativa, laddove permette di rimuovere i limiti stabiliti dalla legge, garantendo così al malato l’esercizio del suo diritto all’erogazione di medicinali.
E’ inoltre essenziale che la prescrizione medica risponda alle valutazioni diagnostiche maturate dal medico, il quale potrà decidere se prescrivere o meno un determinato farmaco, solo dopo un’accurata valutazione clinica del caso.
Pertanto, la Suprema Corte ha puntualizzato che il reato di falsità ideologica contestato agli imputati «risiede proprio nella falsa attestazione del compimento da parte del medico convenzionato della ricognizione del diritto all’assistito all’assistenza farmacologica, essendo irrilevante la circostanza che i pazienti fossero affetti da patologie croniche, posto che anche per essi lo schema seguito dal legislatore impone al medico, dopo la diagnosi iniziale e la prima prescrizione farmacologica, di attuare controlli intermedi predefiniti, prima di emettere le prescrizioni ripetute».
E’ stato, altresì, ritenuto infondato il secondo motivo di ricorso, relativo alla presunta insussistenza del fatto tipico dell’esercizio abusivo della professione medica. A tal riguardo il d.m. 31 marzo 2008, prevede una sola eccezione al divieto di consegnare farmaci senza la presentazione di una ricetta medica, limitando tale somministrazione a casi di estrema urgenza e necessità, purchè siano presenti elementi idonei a dimostrare che il malato è già sottoposto a quella determinata terapia farmacologica.
In conclusione, seppur condividendo le argomentazioni giuridiche espresse in precedenza dalla Corte d’Appello, nonché rigettando l’assunto difensivo proposto dai tre ricorrenti, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata per avvenuta prescrizione dei reati ascritti agli imputati.
ricette online Giustissimo non commettere questo errore nella compilazione delle ricette. Hanno fatto benissimo a mettere proprio questa legge che regolarizzi il problema delle ricette bianche.