Ricorso contro fermo amministrativo di veicoli di contribuente inadempiente.
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SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
Con atto depositato il 4 marzo 2003 ed iscritto al n°828/03, …….. ricorreva avverso il fermo amministrativo della sua autovettura targata . .., deducendo la sussistenza in subiecta materia della competenza della Commissione Tributaria adita, l’illegittimità dell’atto di fermo e l’incostituzionalità dell’art.86 DPR. n°602/73 in riferimento all’art.3 della Costituzione, richiedendo altresì la cancellazione dell’iscrizione del fermo, la rimessione degli atti al magistrato penale, la determinazione in via equitativa dei danni, con la condanna del concessionario alle spese.
Contestualmente veniva richiesta la sospensione dell’esecutività dell’atto e la discussione in pubblica udienza.
Fissata l’udienza di delibazione della sospensiva per il 28 maggio 2003, il ricorrente richiedeva, con istanza del 14 maggio 2003 debitamente notificata alle controparti, la trattazione nel merito. .II Concessionario e l’Agenzia delle Entrate non si costituivano.
All’udienza – depositata una memoria difensiva e mutato il rito da delibatorio a decisorio – la causa – passava in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE Il fermo amministrativo degli autoveicoli del contribuente inadempiente operato dal concessionario della riscossione trova un suo lontano precedente nell’istituto, peraltro ontologicamente diverso, del fermo amministrativo di somme previsto dall’art.69 del R.D. 18.11.1923 n°2440 sulla contabilità generale dello Stato.
Il fermo de quo viene invece espressamente previsto, per la prima volta, nell’art.86 del DPR. N°602/73, il quale consente all’amministrazione finanziaria dello Stato creditrice, “qualora non sia possibile, per mancato reperimento del bene, eseguire il pignoramento dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri”, di disporne il fermo. A sensi di detta disposizione, il fermo è disposto dalla direzione regionale delle entrate e curato dal concessionario e segue al mancato reperimento del bene che non ha reso possibile il pignoramento; il che presuppone che si sia tentato il pignoramento stesso.
L’istituto del fermo è stato completamente innovato dal D.L.vo 27.4.2001 n°193 che ha modificato il comma 1 dell’art.86 DPR. n°602/73, stabilendo che “decorso inutilmente il termine di cui . all’art.50 comma 1, il concessionario può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri, dandone notizia alla direzione regionale delle entra-C-‘», ed ‘alla regione di residenza”. Sicché, attualmente, il fermo non è più vincolato ad un ‘fiancato pignoramento, ma è solo subordinato all’inutile decorso dei sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento previsto dall’art.50 DPR. n°602/73; è direttamente eseguito dal concessionario che deve solo informare l’ufficio finanziario e la regione; è rimesso alla discrezionalità del concessionario che, nell’ambito del suo obbligo di eseguire l’esecuzione forzata sui beni del contribuente inadempiente, può scegliere fra il pignoramento mobiliare o l’esecuzione immobiliare (quest’ultima se il debito d’imposta supera i tre milioni di lire), ovvero fare ricorso in via preventiva al fermo dei veicoli.
Si obietta che la nuova normativa in materia di fermo amministrativo di veicoli iscritti nei pubblici registri non sarebbe, in effetti, operativa in mancanza di un regolamento attuativo, attesa l’abrogazione del previgente D.M. 7 settembre 1998 n°503 conseguente alla modifica dell’art.86 del DPR.n°602/73 ad opera del D.L.vo n°193/01, senza peraltro l’emanazione di un nuovo regolamento di attuazione. Ma l’obiezione non appare fondata.
Rilevato, innanzi tutto, che il D.L.vo n°193/01 ha solo modificato e non abrogato 1’art.86 del DPR. n°602/73 senza prevedere l’emanazione di un nuovo regolamento, pare senz’altro condivisibile la tesi che ritiene ancora applicabile, nelle parti non incompatibili con la nuova normativa, la regolamentazione del D.M. n°503/98, in conformità con i canoni interpretativi del nostro ordinamento, secondo i quali il regolamento di attuazione di una norma abrogata resta in vigore fino (all’eventuale) approvazione del regolamento attuativo della disposizione che ha sostituito la vecchia, sempre che non ci sia incompatibilità. E’ sempre infatti preferibile una interpretazione che renda possibile l’applicazione di una nuova norma, ad una che la renda inutiliter data.
Stabilita la normativa attualmente vigente, occorre esaminare quale sia il giudice competente a conoscere della questione.
Alla stregua dell’interpretazione corrente della normativa, il fermo previsto dall’art.86 DPR. n°602/73 come modificato dall’art.1 lett. q) del D.L.v° n°193/01 non è un atto col quale si inizia l’esecuzione, in quanto questa incomincia solo col pignoramento (art. 491 CPC.), ma una forma di misura cautelare preordinata all’esecuzione, molto vicina al sequestro conservativo.
Ciò esclude subito la competenza del giudice ordinario, limitata solo alla conoscenza degli atti dell’esecuzione forzata tributaria.
Là contraria opinione, contenuta ad esempio nella sentenza del TAR del Veneto del 30.1.2003 n°8$6 (in Giust.It. n°3-2203) e nella sentenza del TAR del Piemonte del 3/5 ottobre 2002 n°1577, si g~tístificava in quanto la decisione era relativa a fattispecie cui era applicabile la normativa dell’art.86 DPR. n°602/73 non ancora novellata dal D.L.vo n°193/01, sicché il fermo del veicolo presupponeva il mancato pignoramento del bene per accertata irreperibilità dello stesso, quindi rientrava negli atti dell’esecuzione.
Non appare d’altra parte condivisibile la tesi – che si evince dall’ordinanza di sospensione adottata in materia dal TAR della Puglia-Bari il 5.3.2003 n°216 – della competenza del giudice amministrativo, sotto l’aspetto che il fermo ex art.86 citato è un atto amministrativo discrezionale che degrada la posizione giuridica del destinatario dell’atto a interesse legittimo, come tale tutelabile solo dinanzi al giudice amministrativo.
Invero l’art. 12 comma 2 della legge 28.12.2001 n°448, modificando 1’art.2 del D.L.vo n°546/92, ha ampliato la sfera di cognizione delle commissioni tributarie a tutte le controversie aventi ad oggetto “i tributi di ogni genere e specie” ed ha adottato così, ai fini del riparto di tale giurisdizione da quelle ordinaria ed amministrativa, direttamente il criterio della materia in luogo della precedente determinazione analitica delle fattispecie. Cognizione piena che si estende agli accessori – interessi, sanzioni, spese e simili – che si riferiscono comunque al tributo o integrano lo stesso.
In applicazione di quanto osservato, le questioni, di qualsiasi genere, che attengono al fermo operato ex art.86 del DPR. n°602/73, non si sottraggono alla regola della competenza generale del giudice tributario in materia di tributi il quale, ai sensi dall’art.7 comma 5 del D.L.vo n°546/92, può eventualmente anche non applicare l’atto amministrativo senza che lo stesso sia preventivamente valutato dal giudice amministrativo.
D’altra parte tale potere di disapplicazione discendeva già dall’art.5 della legge 20 marzo 1865 n°2248 allegato E, per cui il citato art.7 comma 5 non è altro che un espresso richiamo ad hoc per il processo tributario.
Con recente decisione (Sent. 7 febbraio 2002 n°1733) la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha ribadito la giurisdizione del giudice tributario quando la controversia, avente natura tributaria, investa anche un atto amministrativo, statuendo che la domanda del contribuente (relativa, nel caso portato all’esame del supremo collegio, al fermo amministrativo ex art.69 R.D. n°2440/23) “non si sottrae alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie, ove si metta in discussione la sussistenza del potere dell’Amministrazione finanziaria di adottare quella misura cautelare”.
Del resto l’evoluzione legislativa è chiaramente di tale segno. Ed invero 1’art.23 del D.L.vo 18 dicembre 1997 n°472, entrato in vigore il 1 ° aprile 1998, contempla, nei confronti del soggetto responsabile di violazione finanziaria che vanti un credito verso l’amministrazione, la. possibilità di un provvedimento cautelare di sospensione del soddisfacimento di tale credito e quindi un successivo provvedimento di compensazione, stabilendo esplicitamente l’impugnabilità degli atti dinanzi alle Commissioni Tributarie.
Proprio questa normativa, che appare di stretta analogia con quella che ci occupa, indica senza ombra di dubbio che la cognizione del ricorso in esame spetta alla Commissione adita.
Ciò premesso e ritenuto, va rilevato che il fermo amministrativo non è fine a se stesso, ma, esplicata la sua funzione cautelare, è strumento preordinato alla successiva esecuzione forzata. Come d’altra parte avviene nel campo civilistico, allorché il sequestro conservativo – misura cautelare – si converte in pignoramento a seguito della condanna esecutiva (art.686 CPC.). Ne deriva che il principio fissato dall’art.50 comma 2 del DPR. n°602/73 circa i presupposti per iniziare l’esecuzione forzata, deve ritenersi applicabile anche al fermo amministrativo; il quale, quindi, può essere operato dopo decorsi i sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, ai sensi del Dlgs n° 103/2001, ma non oltre un anno dalla stessa, a meno della preventiva notifica di un avviso ad dempiere. Cioè, come l’esecuzione forzata non iniziata nell’anno dalla notifica della cartella richiede l’emissione di un apposito invito ad adempiere perché possa validamente essere realizzata, così, decorso un anno dalla notifica della cartella, non si può operare il fermo amministrativo senza la notifica del predetto avviso.
Nel caso di specie, la cartella si assume notificata nel giugno 2001 – cioè oltre un anno prima dell’iscrizione del fermo al P.R.A. che è del 25 gennaio 2003 – e l’affermazione non è stata contestata dal Concessionario resistente. Ne deriva la illegittimità del fermo ai sensi dell’art.50 comma 2 DPR.n°602/73:
Quanto alle altre allegazioni del ricorrente, non può trovare ingresso la censura di illegittimità costituzionale della norma sul fermo amministrativo sotto il profilo dell’art.3 della Carta Costituzionale, in quanto trattasi di norma rivolta alla generalità dei cittadini e non a determinate categorie delegittimate nei confronti di altre e comunque appare sufficientemente fornita di ragionevolezza e di presidi giurisdizionali, alla stregua dell’interpretazione che di detta norma ha dato questa Commissione.
Come non è condivisibile la critica al riferimento fatto dall’art.86 DPR.n°602/73 e successive modifiche all’art.214 comma 8 D.Lgs n°285/92, quanto alla sanzione per la violazione alla normativa sul fermo. E’ indubbio che il legislatore italiano da tempo utilizzi tecniche legislative criticabili, ma è ormai normale il ricorso al rinvio ad altra norma allorché si preferisce applicare una sanzione, già prevista per altra fattispecie, invece che determinarla ad hoc: gli esempi sono moltissimi. E’ evidente, quindi, che il richiamo al citato art.214 è un rinvio solo alla misura ed al tipo di pena ivi indicati, senza peraltro alcun riferimento alle peculiarità, tutte diverse, previste per i ciclomotori dalla detta norma.
Quanto al bene sottoposto a fermo, se è vero che non possono essere vincolate le cose che non possono essere pignorate, giusto il riferimento dell’art.671 CPC. che è principio di ordine generale, va tuttavia rilevato che un automezzo è bene strumentale di lavoro per un tassista o per un autotrasportatore, non certo per un medico quale il ricorrente. Il quale indubbiamente potrà proficuamente e convenientemente utilizzarlo a fini professionali, come un qualsiasi lavoratore costretto a muoversi per la sua attività, ma non come bene strumentale per l’esercizio della professione, alla pari di uno stetoscopio o di un elettrocardìografo.
Attesa la natura certamente indivisibile di un’autovettura, la sperequazione esistente fra il valore vincolato e la somma accreditata non ha rilevanza, essendo un’evenienza naturale; anzi, paradossalmente, giustifica l’adozione del fermo amministrativo in luogo di un normale pignoramento del bene mobile iscritto (senz’altro possibile). Infatti, nel caso di esecuzione forzata di un immobile il cui valore sia sproporzionato rispetto al credito tributario, 1’art.77 DPR. n°602/73 impone al concessionario di iscrivere ipoteca sull’immobile quando il valore del credito per cui si procede non sia superiore al cinque per cento del valore dell’immobile; solo dopo sei mesi, se il carico d’imposta non sarà pagato, potrà procedere al pignoramento.
Come si vede, in caso di sproporzione fra credito in esecuzione e valore del bene da esecutare, viene preferita (e nel caso dell’immobile addirittura imposta) la misura cautelare a quella espropriativa, per l’evidente funzione stimolativa al pagamento spontaneo.
Non hanno pregio le altre prospettazioni relative a presunte responsabilità penali del concessionario, a nullità di notifiche perché fatte a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento e non tramite ufficiale della riscossione, a risarcimenti di danni, essendo palesemente infondate o inconferenti.
Il Concessionario soccombente va condannato al pagamento delle spese processuali, che si ~ fidano forfetariamente in E. 650,00 di cui E. 50,00 per spese vive, oltre il 10% per RSG, IVA e come per legge, con distrazione in favore del difensore.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza – Sezione I^ Collegio I – definitivamente decidendo, dichiara la propria competenza, accoglie il ricorso dichiarando l’inefficacia del fermo amministrativo e condanna il Concessionario alle spese processuali, che si liquidano forfetariamente in E. 650,00 di cui E. 50,00 per spese vive, oltre il 10% per RSG, IVA e CAP come per legge, con distrazione in favore del difensore.
Così deciso in Cosenza il 28 maggio 2003
IL PRESIDENTE-ESTENSORE
(dott.Alfredo Serafini)
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SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
Con atto depositato il 4 marzo 2003 ed iscritto al n°828/03, …….. ricorreva avverso il fermo amministrativo della sua autovettura targata . .., deducendo la sussistenza in subiecta materia della competenza della Commissione Tributaria adita, l’illegittimità dell’atto di fermo e l’incostituzionalità dell’art.86 DPR. n°602/73 in riferimento all’art.3 della Costituzione, richiedendo altresì la cancellazione dell’iscrizione del fermo, la rimessione degli atti al magistrato penale, la determinazione in via equitativa dei danni, con la condanna del concessionario alle spese.
Contestualmente veniva richiesta la sospensione dell’esecutività dell’atto e la discussione in pubblica udienza.
Fissata l’udienza di delibazione della sospensiva per il 28 maggio 2003, il ricorrente richiedeva, con istanza del 14 maggio 2003 debitamente notificata alle controparti, la trattazione nel merito. .II Concessionario e l’Agenzia delle Entrate non si costituivano.
All’udienza – depositata una memoria difensiva e mutato il rito da delibatorio a decisorio – la causa – passava in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE Il fermo amministrativo degli autoveicoli del contribuente inadempiente operato dal concessionario della riscossione trova un suo lontano precedente nell’istituto, peraltro ontologicamente diverso, del fermo amministrativo di somme previsto dall’art.69 del R.D. 18.11.1923 n°2440 sulla contabilità generale dello Stato.
Il fermo de quo viene invece espressamente previsto, per la prima volta, nell’art.86 del DPR. N°602/73, il quale consente all’amministrazione finanziaria dello Stato creditrice, “qualora non sia possibile, per mancato reperimento del bene, eseguire il pignoramento dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri”, di disporne il fermo. A sensi di detta disposizione, il fermo è disposto dalla direzione regionale delle entrate e curato dal concessionario e segue al mancato reperimento del bene che non ha reso possibile il pignoramento; il che presuppone che si sia tentato il pignoramento stesso.
L’istituto del fermo è stato completamente innovato dal D.L.vo 27.4.2001 n°193 che ha modificato il comma 1 dell’art.86 DPR. n°602/73, stabilendo che “decorso inutilmente il termine di cui . all’art.50 comma 1, il concessionario può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri, dandone notizia alla direzione regionale delle entra-C-‘», ed ‘alla regione di residenza”. Sicché, attualmente, il fermo non è più vincolato ad un ‘fiancato pignoramento, ma è solo subordinato all’inutile decorso dei sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento previsto dall’art.50 DPR. n°602/73; è direttamente eseguito dal concessionario che deve solo informare l’ufficio finanziario e la regione; è rimesso alla discrezionalità del concessionario che, nell’ambito del suo obbligo di eseguire l’esecuzione forzata sui beni del contribuente inadempiente, può scegliere fra il pignoramento mobiliare o l’esecuzione immobiliare (quest’ultima se il debito d’imposta supera i tre milioni di lire), ovvero fare ricorso in via preventiva al fermo dei veicoli.
Si obietta che la nuova normativa in materia di fermo amministrativo di veicoli iscritti nei pubblici registri non sarebbe, in effetti, operativa in mancanza di un regolamento attuativo, attesa l’abrogazione del previgente D.M. 7 settembre 1998 n°503 conseguente alla modifica dell’art.86 del DPR.n°602/73 ad opera del D.L.vo n°193/01, senza peraltro l’emanazione di un nuovo regolamento di attuazione. Ma l’obiezione non appare fondata.
Rilevato, innanzi tutto, che il D.L.vo n°193/01 ha solo modificato e non abrogato 1’art.86 del DPR. n°602/73 senza prevedere l’emanazione di un nuovo regolamento, pare senz’altro condivisibile la tesi che ritiene ancora applicabile, nelle parti non incompatibili con la nuova normativa, la regolamentazione del D.M. n°503/98, in conformità con i canoni interpretativi del nostro ordinamento, secondo i quali il regolamento di attuazione di una norma abrogata resta in vigore fino (all’eventuale) approvazione del regolamento attuativo della disposizione che ha sostituito la vecchia, sempre che non ci sia incompatibilità. E’ sempre infatti preferibile una interpretazione che renda possibile l’applicazione di una nuova norma, ad una che la renda inutiliter data.
Stabilita la normativa attualmente vigente, occorre esaminare quale sia il giudice competente a conoscere della questione.
Alla stregua dell’interpretazione corrente della normativa, il fermo previsto dall’art.86 DPR. n°602/73 come modificato dall’art.1 lett. q) del D.L.v° n°193/01 non è un atto col quale si inizia l’esecuzione, in quanto questa incomincia solo col pignoramento (art. 491 CPC.), ma una forma di misura cautelare preordinata all’esecuzione, molto vicina al sequestro conservativo.
Ciò esclude subito la competenza del giudice ordinario, limitata solo alla conoscenza degli atti dell’esecuzione forzata tributaria.
Là contraria opinione, contenuta ad esempio nella sentenza del TAR del Veneto del 30.1.2003 n°8$6 (in Giust.It. n°3-2203) e nella sentenza del TAR del Piemonte del 3/5 ottobre 2002 n°1577, si g~tístificava in quanto la decisione era relativa a fattispecie cui era applicabile la normativa dell’art.86 DPR. n°602/73 non ancora novellata dal D.L.vo n°193/01, sicché il fermo del veicolo presupponeva il mancato pignoramento del bene per accertata irreperibilità dello stesso, quindi rientrava negli atti dell’esecuzione.
Non appare d’altra parte condivisibile la tesi – che si evince dall’ordinanza di sospensione adottata in materia dal TAR della Puglia-Bari il 5.3.2003 n°216 – della competenza del giudice amministrativo, sotto l’aspetto che il fermo ex art.86 citato è un atto amministrativo discrezionale che degrada la posizione giuridica del destinatario dell’atto a interesse legittimo, come tale tutelabile solo dinanzi al giudice amministrativo.
Invero l’art. 12 comma 2 della legge 28.12.2001 n°448, modificando 1’art.2 del D.L.vo n°546/92, ha ampliato la sfera di cognizione delle commissioni tributarie a tutte le controversie aventi ad oggetto “i tributi di ogni genere e specie” ed ha adottato così, ai fini del riparto di tale giurisdizione da quelle ordinaria ed amministrativa, direttamente il criterio della materia in luogo della precedente determinazione analitica delle fattispecie. Cognizione piena che si estende agli accessori – interessi, sanzioni, spese e simili – che si riferiscono comunque al tributo o integrano lo stesso.
In applicazione di quanto osservato, le questioni, di qualsiasi genere, che attengono al fermo operato ex art.86 del DPR. n°602/73, non si sottraggono alla regola della competenza generale del giudice tributario in materia di tributi il quale, ai sensi dall’art.7 comma 5 del D.L.vo n°546/92, può eventualmente anche non applicare l’atto amministrativo senza che lo stesso sia preventivamente valutato dal giudice amministrativo.
D’altra parte tale potere di disapplicazione discendeva già dall’art.5 della legge 20 marzo 1865 n°2248 allegato E, per cui il citato art.7 comma 5 non è altro che un espresso richiamo ad hoc per il processo tributario.
Con recente decisione (Sent. 7 febbraio 2002 n°1733) la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha ribadito la giurisdizione del giudice tributario quando la controversia, avente natura tributaria, investa anche un atto amministrativo, statuendo che la domanda del contribuente (relativa, nel caso portato all’esame del supremo collegio, al fermo amministrativo ex art.69 R.D. n°2440/23) “non si sottrae alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie, ove si metta in discussione la sussistenza del potere dell’Amministrazione finanziaria di adottare quella misura cautelare”.
Del resto l’evoluzione legislativa è chiaramente di tale segno. Ed invero 1’art.23 del D.L.vo 18 dicembre 1997 n°472, entrato in vigore il 1 ° aprile 1998, contempla, nei confronti del soggetto responsabile di violazione finanziaria che vanti un credito verso l’amministrazione, la. possibilità di un provvedimento cautelare di sospensione del soddisfacimento di tale credito e quindi un successivo provvedimento di compensazione, stabilendo esplicitamente l’impugnabilità degli atti dinanzi alle Commissioni Tributarie.
Proprio questa normativa, che appare di stretta analogia con quella che ci occupa, indica senza ombra di dubbio che la cognizione del ricorso in esame spetta alla Commissione adita.
Ciò premesso e ritenuto, va rilevato che il fermo amministrativo non è fine a se stesso, ma, esplicata la sua funzione cautelare, è strumento preordinato alla successiva esecuzione forzata. Come d’altra parte avviene nel campo civilistico, allorché il sequestro conservativo – misura cautelare – si converte in pignoramento a seguito della condanna esecutiva (art.686 CPC.). Ne deriva che il principio fissato dall’art.50 comma 2 del DPR. n°602/73 circa i presupposti per iniziare l’esecuzione forzata, deve ritenersi applicabile anche al fermo amministrativo; il quale, quindi, può essere operato dopo decorsi i sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, ai sensi del Dlgs n° 103/2001, ma non oltre un anno dalla stessa, a meno della preventiva notifica di un avviso ad dempiere. Cioè, come l’esecuzione forzata non iniziata nell’anno dalla notifica della cartella richiede l’emissione di un apposito invito ad adempiere perché possa validamente essere realizzata, così, decorso un anno dalla notifica della cartella, non si può operare il fermo amministrativo senza la notifica del predetto avviso.
Nel caso di specie, la cartella si assume notificata nel giugno 2001 – cioè oltre un anno prima dell’iscrizione del fermo al P.R.A. che è del 25 gennaio 2003 – e l’affermazione non è stata contestata dal Concessionario resistente. Ne deriva la illegittimità del fermo ai sensi dell’art.50 comma 2 DPR.n°602/73:
Quanto alle altre allegazioni del ricorrente, non può trovare ingresso la censura di illegittimità costituzionale della norma sul fermo amministrativo sotto il profilo dell’art.3 della Carta Costituzionale, in quanto trattasi di norma rivolta alla generalità dei cittadini e non a determinate categorie delegittimate nei confronti di altre e comunque appare sufficientemente fornita di ragionevolezza e di presidi giurisdizionali, alla stregua dell’interpretazione che di detta norma ha dato questa Commissione.
Come non è condivisibile la critica al riferimento fatto dall’art.86 DPR.n°602/73 e successive modifiche all’art.214 comma 8 D.Lgs n°285/92, quanto alla sanzione per la violazione alla normativa sul fermo. E’ indubbio che il legislatore italiano da tempo utilizzi tecniche legislative criticabili, ma è ormai normale il ricorso al rinvio ad altra norma allorché si preferisce applicare una sanzione, già prevista per altra fattispecie, invece che determinarla ad hoc: gli esempi sono moltissimi. E’ evidente, quindi, che il richiamo al citato art.214 è un rinvio solo alla misura ed al tipo di pena ivi indicati, senza peraltro alcun riferimento alle peculiarità, tutte diverse, previste per i ciclomotori dalla detta norma.
Quanto al bene sottoposto a fermo, se è vero che non possono essere vincolate le cose che non possono essere pignorate, giusto il riferimento dell’art.671 CPC. che è principio di ordine generale, va tuttavia rilevato che un automezzo è bene strumentale di lavoro per un tassista o per un autotrasportatore, non certo per un medico quale il ricorrente. Il quale indubbiamente potrà proficuamente e convenientemente utilizzarlo a fini professionali, come un qualsiasi lavoratore costretto a muoversi per la sua attività, ma non come bene strumentale per l’esercizio della professione, alla pari di uno stetoscopio o di un elettrocardìografo.
Attesa la natura certamente indivisibile di un’autovettura, la sperequazione esistente fra il valore vincolato e la somma accreditata non ha rilevanza, essendo un’evenienza naturale; anzi, paradossalmente, giustifica l’adozione del fermo amministrativo in luogo di un normale pignoramento del bene mobile iscritto (senz’altro possibile). Infatti, nel caso di esecuzione forzata di un immobile il cui valore sia sproporzionato rispetto al credito tributario, 1’art.77 DPR. n°602/73 impone al concessionario di iscrivere ipoteca sull’immobile quando il valore del credito per cui si procede non sia superiore al cinque per cento del valore dell’immobile; solo dopo sei mesi, se il carico d’imposta non sarà pagato, potrà procedere al pignoramento.
Come si vede, in caso di sproporzione fra credito in esecuzione e valore del bene da esecutare, viene preferita (e nel caso dell’immobile addirittura imposta) la misura cautelare a quella espropriativa, per l’evidente funzione stimolativa al pagamento spontaneo.
Non hanno pregio le altre prospettazioni relative a presunte responsabilità penali del concessionario, a nullità di notifiche perché fatte a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento e non tramite ufficiale della riscossione, a risarcimenti di danni, essendo palesemente infondate o inconferenti.
Il Concessionario soccombente va condannato al pagamento delle spese processuali, che si ~ fidano forfetariamente in E. 650,00 di cui E. 50,00 per spese vive, oltre il 10% per RSG, IVA e come per legge, con distrazione in favore del difensore.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza – Sezione I^ Collegio I – definitivamente decidendo, dichiara la propria competenza, accoglie il ricorso dichiarando l’inefficacia del fermo amministrativo e condanna il Concessionario alle spese processuali, che si liquidano forfetariamente in E. 650,00 di cui E. 50,00 per spese vive, oltre il 10% per RSG, IVA e CAP come per legge, con distrazione in favore del difensore.
Così deciso in Cosenza il 28 maggio 2003
IL PRESIDENTE-ESTENSORE
(dott.Alfredo Serafini)