Rifiuti, appello contro l’indifferenza. «Napoli aspetta per tornare a sperare»
Un gruppo di uomini della cultura italiana ha scritto una lettera-appello per alzare il velo d’indifferenza di Napoli creando un circuito virtuoso di solidarietà in grado di ridare decoro ai tanti napoletani indignati che vogliono superare l’emergenza
Napoli aspetta. Non la grazia dal cielo, non che altri facciano ciò che lei sola può e deve fare, non la caritatevole benevolenza di qualche autorità. Aspetta che ricominci una storia che oggi appare interrotta e che non è solo la sua storia: è la storia di tutto il Paese, dal momento che i destini dell’una e dell’altro sono ormai legati per sempre. In un’Italia che non riesce più a trovare il proprio cammino, Napoli rischia di smarrire perfino il senso della sua alta, drammatica, vicenda civile, l’idea di un qualsiasi ruolo sulla scena nazionale. Rischia di vedersi ridotta solo a maschera sporca e grottesca dei suoi vizi e di quelli altrui.
Napoli aspetta. Aspetta che abbia termine il senso di vuoto in cui è da tempo precipitata; che si rianimino le idee, le passioni, le intelligenze, che in passato qui hanno sempre avuto vita. Che non sono spente, che esistono ancora, ma che da troppo tempo non riescono a prendere la forma di un discorso e di una speranza collettivi.
Napoli aspetta. Aspetta di ritornare a pensare e a sperare. Di ritornare a dare voce a un discorso generale, pubblico, civile — e in questo senso, necessariamente, anche politico. Sa che solo a questa condizione potrà salvarsi, e ristabilire il suo secolare dialogo con l’intero Mezzogiorno, avviato ineluttabilmente a frantumarsi e a perdersi se esso si mette sulla strada della difesa degli interessi particolari.
Napoli aspetta. Ma sempre più avverte che di fronte allo scempio la misura è colma. Avverte che ciò che è in gioco, ormai, è il suo carattere stesso di città europea, di luogo di vita, di scambi e di attività aperto sul mondo moderno e parte di questo. Che ciò che in gioco, alla fine, è anche quella cosa astratta ma pure reale e concretissima che è il suo onore di comunità ricca di mille risorse, di mille energie, ma che sembra incapace di mobilitare le une e le altre, vittima di una sorta di rassegnato, vile, fatalismo.
Napoli aspetta. Gli uomini e le donne legati in vari modi a questa città e che si riconoscono in queste righe intendono rispondere alla sua attesa. Essi sentono come non più sopportabile il precipitare delle cose. E dunque avvertono la necessità e l’urgenza di unirsi, di fare insieme quel poco o quel molto che possono per avviare con spietata franchezza l’analisi di questa tragedia e dei modi per cercare di cambiare strada: e insieme per cercare di cambiare le mentalità, gli uomini, le istituzioni. Lungo un percorso che è tutto da tracciare, ma il cui punto d’arrivo già sappiamo quale deve essere, quale vogliamo che sia: il ristabilimento dovunque, pieno e assoluto, con l’impiego di tutti i mezzi necessari, della legge dello Stato e dei diritti dei cittadini; una radicale opera di pulizia nei consigli elettivi e negli organi amministrativi locali; il rafforzamento massiccio di tutto il sistema dell’istruzione. Molte, moltissime, altre cose sono necessarie a questa città, lo sappiamo. Ma innanzi tutto bisogna pensare a ciò che è indispensabile, perché nella sua assenza anche tutto il resto finisce per diventare inutile. E oggi questo ci sembra l’indispensabile. Napoli aspetta…
Gae Aulenti, Francesco Barbagallo, Roberto Esposito, Giuseppe Gaòasso, Ernesto Galli della Loggia, Raffaele La Capria, Mario Martone, Elisabetta Rasy, Aldo Schiavone, Toni Servillo
partiti, tornano con voglia di "faire sans dire" contribuiamo, con cio che abbiamo appreso in anni di emigrazione (sia stata essa di lusso o sofferta), a sostenere il difficile compito di chi deve riporare dignita’ alle nostre radici culturali. la nostra terra ci aspetta; passo svelto e poca polvere napoletano, e fier de l’etre.