Rifiuti Campania, la Corte di giustizia Ue condanna l’Italia per emergenza 2007
BRUXELLES (4 marzo) – La Corte di giustizia Ue del Lussemburgo ha condannato l’Italia sul caso dei rifiuti in Campania. Nella sentenza pronunciata oggi, i giudici hanno accolto il ricorso presentato della Commissione europea nel luglio 2008.
In seguito alla crisi nello smaltimento dei rifiuti manifestatasi nella Regione Campania nel 2007, la Commissione aveva proposto alla Corte un ricorso per inadempimento contro l’Italia, criticando la mancata creazione in quella regione di «una rete integrata ed adeguata di impianti atta a garantire l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti sulla base del criterio della prossimità geografica». La Commissione, come poi confermato anche dai giudici, riteneva che «tale situazione rappresentasse un pericolo per la salute umana e per l’ambiente». Dopo l’avvio della procedura d’infrazione, la Commissione aveva inoltre congelato i fondi comunitari destinati alla Campania per circa 500 milioni di euro. Il governo italiano aveva chiesto di respingere il ricorso sottolineando come era stato fatto ogni possibile sforzo per arginare la crisi. L’Italia ha affermato di aver aumentato il livello di raccolta differenziata e di aver aperto due discariche e costruito inceneritori. Ha inoltre addotto inadempimenti contrattuali e comportamenti criminali, riferisce la Corte di giustizia, indipendenti dalla sua volontà. L’Italia, affermano altresì i giudici Ue, «non ha contestato la circostanza che, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, 55 mila tonnellate di rifiuti riempivano le strade, che vi erano fra le 110 mila e le 120 mila tonnellate di rifiuti in attesa di trattamento presso i siti comunali di stoccaggio e che le popolazioni esasperate avevano provocato incendi nei cumuli di spazzatura». In tali circostanze, riferite al 2007, i rifiuti, sottolinea la Corte, «hanno provocato inconvenienti da odori ed hanno danneggiato il paesaggio, rappresentando così un pericolo per l’ambiente. D’altra parte, l’Italia stessa ha ammesso la pericolosità della situazione per la salute umana, esposta ad un rischio certo».
«Nè l’opposizione della popolazione, nè gli inadempimenti contrattuali e neppure l’esistenza di attività criminali costituiscono casi di forza maggiore che possono giustificare la violazione degli obblighi derivanti dalla direttiva e la mancata realizzazione effettiva e nei tempi previsti degli impianti», ha risposto ancora la Corte di giustizia Ue nella sentenza.
C’erano duemila tonnellate di spazzatura per le strade di Napoli, la vigilia di Natale del 2007: un’istantanea emblematica dell’anno forse più nero dell’emergenza rifiuti, finito nel
mirino della Commissione Ue fino alla condanna, oggi, da parte della Corte di giustizia europea. Un anno nel quale la mancanza di siti di stoccaggio aveva gettato nel caos sia la rimozione dei sacchetti in centinaia di comuni, sia il funzionamento degli impianti dove la spazzatura doveva essere trattata: a completare la crisi una serie pressochè infinita di proteste di piazza, sia nelle città che non volevano ospitare depositi di ecoballe sia in quelle che chiedevano la chiusura degli stoccaggi ormai saturi. Alla guida del commissariato per l’emergenza rifiuti c’è, nel luglio 2007, la staffetta tra Corrado Catenacci e Alessandro Pansa, quest’ultimo alla guida anche della prefettura di Napoli: a inizio 2008 l’incarico passerà a Gianni De Gennaro. L’annus horribilis della spazzatura vede giungere al pettine una serie di nodi mai sciolti nei lunghi anni di un’emergenza iniziata nel 1994: la mancata apertura del termovalorizzatore di Acerra, il funzionamento a singhiozzo degli impianti che dovevano trasformare la spazzatura in combustibile, l’assenza di aree dove stoccare sia i rifiuti «tal quale» sia quelli imballati e destinati a un futuro smaltimento negli inceneritori. Soprattutto, la Campania in quell’anno fa i conti con i ritardi nell’avvio della raccolta differenziata, questione che vede i Comuni sul banco degli imputati. Ricorda a novembre il commissario Pansa: «Nei bandi di gara per i fondi Por del 2006 c’erano tantissimi soldi per realizzare i siti di compostaggio e tutta l’impiantistica per la differenziata. Pochissimi sono stati i Comuni che hanno chiesto questi fondi, e anzi alcuni che li avevano ottenuti hanno successivamente rinunciato».
Napoli e la Campania finiscono così sotto i riflettori dei media internazionali per un Natale nel segno della spazzatura. Turismo a picco, montagne di sacchetti lungo le strade, decine di interventi al giorno dei vigili del fuoco per roghi appiccati ai cumuli di immondizia che in qualche caso bloccano il traffico delle auto e arrivano ai primi piani degli edifici. Roghi che, come si affannano a ricordare i responsabili della sanità pubblica, contribuiscono in modo grave ad aumentare i pericoli per la salute: ai rischi di infezione derivanti dalla decomposizione del pattume si sommano quelli provocati dalla diossina sprigionata durante gli incendi. Una situazione «intollerabile», come la definisce in quelle settimane il commissario europeo all’Ambiente, Stavros Dimas.