Rifiuti, il locale nel centro commerciale è il primo bersaglio del Comune se non paga il tributo
Il ristorante alle terme è il primo a finire nel
mirino del Fisco quando non paga la tassa sulla spazzatura, anche se
chi gestisce i servizi comuni del complesso immobiliare viene in
seconda battuta. È quanto emerge dalla sentenza 1848/10, emessa dalla
sezione tributaria della Cassazione.
Il caso
La Suprema corte decide nel
merito rigettando l’opposizione di una società contro l’avviso di
accertamento sulla Tarsu, il tributo per lo smaltimento dei rifiuti
solidi urbani (sono solo 1.200 su oltre 8.100 i Comuni italiani che
finora sono passati all’applicazione della Tia, la “nuova” tariffa
d’igiene ambientale). L’azienda, nella specie, gestisce un ristorante.
Perché dovrà mettere mano alla cassa? È vero: per i centri commerciali
integrati e i locali in multiproprietà si configura anche in capo a chi
gestisce i servizi comuni del complesso immobiliare la responsabilità
per il versamento del tributo (articolo 63, terzo comma, del D.Lgs
507/93). Ma si tratta di una responsabilità solidale che non si
sostituisce affatto a quella principale di chi occupa o detiene i
locali in uso esclusivo, il quale resta il debitore principale (in
passato, non a caso, era proprio chi gestisce i servizi comuni a dover
fornire ogni anno al Comune l’elenco di occupanti e detentori di
immobili nella struttura integrata: la norma, però, è stata abolita).
Insomma: va esclusa ogni deroga al principio di titolarità passiva del
tributo. La sentenza di merito è bocciata laddove afferma che
l’attività svolta dal debitore principale sia accessoria rispetto a
quella della società che gestisce le terme. Manca ogni funzionalità –
concludono gli “ermellini” – fra il ristorante e l’attività
sostanzialmente sanitaria dell’azienda “ospitante”.