Rifiuti in Campania, il piano regionale bocciato dalla Corte Costituzionale
«La pianificazione al livello individuato
dal legislatore statale non è derogabile dal legislatore regionale». lo
ribadisce la Corte Costituzionale che, con sentenza del 30 novembre, ha accolto il ricorso del Governo in merito a due
aspetti della legge regionale della Campania 14 aprile 2008, numero 4,
in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e
bonifica dei siti inquinati.
La Consulta ha accolto il ricorso del Governo sull’articolo 1, comma 1
lettera e) laddove si abrogava la lettera p) della legge numero 4 del
2007 in cui si disponeva che il piano regionale di gestione dei rifiuti
dovesse prevedere anche le misure atte a promuovere la
regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei
rifiuti urbani. La dichiarazione di illegittimità della norma ha
l’effetto di ripristinare la lettera p) abrogata.
La Consulta, inoltre, ha accolto la questione di legittimità anche in
merito all’ articolo 1 nella parte che prevede l’affidamento della
gestione integrata dei rifiuti da parte della Provincia ad un soggetto
a prevalente o totale capitale pubblico, le cosiddette società miste.
Sul punto la Corte rileva come «la circostanza che la Provincia affidi
il servizio di gestione integrata dei rifiuti nel rispetto della
normativa comunitaria, nazionale e regionale sull’evidenza pubblica,
non toglie che le regole comunitarie della concorrenza debbano essere
effettivamente rispettate e che la restrizione della partecipazione ad
una gara ai soli soggetti a partecipazione pubblica (non rileva se
totale o prevalante) sia lesiva dei principi della concorrenza e del
trattato Ce. La dichiarazione di illegittimità costituzionale
dell’articolo 1 comma 1 lettera m) della legge regionale n.4 del 2008
ha l’effetto di ripristinare il precedente testo dell’articolo 20,
comma 1, della legge regionale n.4 del 2007, ferma restando la
competenza della Provincia nell’affidamento del servizio, individuta
quale autorità d’ambito.
La Corte ha invece ritenuto non fondata la questione sollevata dal
governo sulla lettera c) dell’articolo 1 della stessa legge che, con
riguardo alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero
dei rifiuti, consente alle Province la sola individuazione delle zone
non idonee ad ospitarli, e non anche delle zone idonee.
La Consulta spiega che »la disciplina statale dei rifiuti costituisce
un livello di tutela uniforme e si impone sull’intero territorio
nazionale come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province
autonome dettano in altre materie di loro competenza, per evitare che
esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato,
ovvero lo peggiorino. In conclusione, la disciplina regionale risponde
ad esigenze di coordinamento territoriale e non appronta una disciplina
dei rifiuti di minor rigore rispetto a quella statale».