Rifiuti in strada, i consorzi scioperano e Asìa accusa i napoletani “indisciplinati”
NAPOLI— In quel clamoroso ossimoro che è stata l’emergenza rifiuti
in Campania, i diciotto consorzi di bacino sono stati sempre il
paradigma quasi perfetto dello spreco. «Inutili enti di intermediazione
burocratico – clientelare» e «luoghi di incontro tra malavita
camorristica e mala amministrazione»: così li definì qualche tempo fa
la commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. Una generalizzazione,
certo, perché nella composita realtà dei circa 3.000 dipendenti che
avrebbero dovuto effettuare la raccolta differenziata e hanno gestito
alcune delle troppe discariche realizzate in questi anni, ci sono state
storie drammatiche, in provincia di Napoli e di Caserta, e situazioni
tutto sommato di efficienza, in provincia di Salerno, di Benevento e di
Avellino. I consorzi sono adesso una decina, perché quelli della
provincia di Napoli e di Caserta sono stati accorpati in un’unica
realtà, che raggruppa da sola oltre 2000 dipendenti.
Sono 1.300 nel Casertano e poco meno di 800 per
la provincia di Napoli. Dato, quest’ultimo, che risente del passaggio
ad Asia di circa 350 lavoratori, in gran parte dall’ex consorzio Napoli
5. In provincia di Salerno nei consorzi di bacino lavorano attualmente
800 persone circa. Sono 500 nell’avellinese e meno di 200 nel
beneventano. In teoria, i consorzi hanno i giorni contati: entro un
anno saranno assorbiti dalle società provinciali. Di fatto, continuano
ad essere uno dei nodi centrali, non l’unico, del caso rifiuti campano.
Proprio come in passato, infatti, continuano a costare un mucchio di
soldi. Quel che resta della struttura commissariale, infatti,
trasferirà ancora per dodici mesi ad essi circa 2000 euro per ciascun
lavoratore. Moltiplicato per 3000, oltre 6 milioni di euro al mese. Per
far che? Esattamente come accadeva negli anni scorsi, nelle province di
Napoli e di Caserta ben poco. La differenziata, in questa fetta di
territorio della Campania, è generalmente ancora a livelli bassissimi.
Il porta a porta, che se correttamente applicato garantirebbe
opportunità di lavoro produttivo a buona parte di quei 2000 dipendenti
del consorzio unico, resta assolutamente minoritaria.Sarà forse anche
per questo che adesso guardano con preoccupazione al futuro e
minacciano sin da oggi clamorose proteste. Non tutti, per la verità.
Scendono sul piede di guerra gli adepti del sindacato azzurro di
Vincenzo Guidotti. Ex dipendente della Difrabi di Pianura, la discarica
gestita dai La Marca e dai Di Francia, candidato al Parlamento, ma non
eletto, con Forza italia, soffia sul fuoco della protesta: «Oggi sarà
l’inizio dell’inferno. Bloccheremo tutto. qui sono a rischio almeno
2000 posti di lavoro».
Così da oggi si fermano duecento lavoratori.
Mentre nelle strade, anche al centro di Napoli, sono ricomparsi i
rifiuti. «Colpa dei rifiuti abbandonati illegalmente» accusa l’Asìa.
Intanto Guidotti critica il decreto che turba i sonni dei suoi
affiliati: «Ecco qui. Dice che il consorzio unico si doterà di pianta
organica e assumerà dando priorità a chi già era in organico nel 2001.
Per tutti gli altri è rischio esubero. Lo stesso vale per le altre
province. Duemila rischiano di restare a casa». Allarmismo
ingiustificato e strumentale, replica però Antonio Santomassimo, il
segretario regionale della Cgil Funzione Pubblica:«La costituzione
delle società provinciali è ancora all’inizio, manca un piano
industriale. Su questa base parlare di esuberi è del tutto fuorviante.
C’è un tavolo di trattativa e in quella sede difenderemo i
lavoratori».Analoghe considerazioni da parte di Vittorio D’Albero,
segretario della Fiadel Campania. «Sciopero? Macché. Prematuro ed
inutile. Non c’è un solo dato, al momento, che ci dica se ci saranno
esuberi e quanti saranno». Stamane, intanto, duecento lavoratori ex
Fibe, in servizio agli impianti di tritovagliatura di Tufino e
Giugliano, saranno assunti da Asìa. L’azienda incasserà per un anno il
contributo governativo per fronteggiare i maggiori costi. Guarda però
con preoccupazione alla normativa che trasferisce la riscossione della
Tarsu alla Provincia. Dice l’assessore all’Igiene del Comune, Paolo
Giacomelli: «Il Comune non può certo inventare 170 milioni per pagare
Asia».