Rifiuti, paga il tributo anche chi vive nella casa abusiva in attesa di condono
Non sfugge alla Tarsu chi vive in una casa abusiva,
anche se ancora incompleta e in attesa di condono. Ciò che conta ai
fini dell’imposizione è che i locali risultino occupati nel territorio
in cui il Comune gestisce il servizio di raccolta e smaltimento dei
rifiuti. Lo ricorda la sentenza 1850/10 della Cassazione.
Il caso
La controversia risulta ancora
attuale, nonostante l’introduzione della Tia in luogo della Tarsu: sono
solo 1.200 su oltre 8.100, finora, i Comuni che sono passati
all’applicazione della tariffa d’igiene ambientale. Il presupposto
impositivo della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani è
descritto dalla norma contenuta nell’articolo 62 del D.Lgs 507/93. E la
situazione della contribuente napoletana “pizzicata” dai vigili urbani
vi ricade pienamente: l’immobile “incriminato” risulta normalmente
utilizzato come abitazione. E tanto basta a configurare la debenza del
tributo. Anche un immobile incompleto – ragionano gli “ermellini” – può
ben essere abitato e altrettanto vale per la casa che non è fornita del
certificato di abitabilità: ai fini Tarsu non rileva che i lavori di
costruzione siano fermi ormai da tempo e che chi occupa l’immobile
sostenga di essere in attesa della sanatoria. Conta soltanto
l’occupazione o la detenzione dei locali. Non coglie nel segno la tesi
secondo la quale fino al completamento della pratica di condono non
sarebbe configurabile il diritto di proprietà sull’immobile abusivo: la
tesi, chiosano i giudici di legittimità, è «singolare» e «priva di
rilevanza giuridica». Pagherà 2.200 euro di spese di giudizio.