Risarcimento danni e concorso del danneggiato: è sufficiente la colpa generica?
Nella sentenza 21 novembre 2011, n. 24406, Cassazione civile,
Sezioni Unite, la Suprema Corte affronta una importante questione
giuridica, inerente all’intera area della responsabilità civile e
relativa, nello specifico, all’art. 1227 c.c. “Concorso del fatto colposo del creditore, dettato in tema di responsabilità contrattuale
ma unanimemente riconosciuto applicabile anche nell’ambito della
responsabilità aquiliana, per effetto del rinvio operato dall’art. 2056
c.c.
Il menzionato art. 1227 co. 1, in particolare, prevede che “Se il fatto colposo del creditore [o del danneggiato] ha
concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la
gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate”.
Uno dei principali problemi applicativi, che la norma pone, riguarda
l’ipotesi in cui la condotta del danneggiato – da vagliare sotto il
profilo del potenziale concorso di colpa e della conseguente limitazione
dell’obbligo risarcitorio – non sia attivo ma omissivo.
Viene in considerazione, quindi, il tema del concorso omissivo del danneggiato
e, di conseguenza, della causalità omissiva. Tema lungamente dibattuto
dalla giurisprudenza penale formatasi intorno alla materia dei reati omissivi impropri.
In ambito penale, la questione è stata risolta sulla base della teoria c.d. normativa, avallata dall’art. 40 c. 2 c.p., il quale letteralmente dispone che “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”: per affermare la responsabilità penale, in altri termini, non è sufficiente richiamarsi al principio del neminem laedere
o ad una generica antidoverosità sociale dell’inerzia, ma occorre che
sussista, e sia individuabile caso per caso, un vero e proprio obbligo
giuridico di impedire l’evento che può derivare da una norma giuridica
o, quantomeno, da uno specifico rapporto negoziale (c.d. obblighi di
protezione).
Trasponendo una simile impostazione all’ambito civilistico, con
specifico riferimento al creditore/danneggiato che – con il proprio
contegno inerte – abbia in tesi concorso a causare il danno di cui
pretendere di essere risarcito, derivera che il meccanismo delineato
dall’art. 1227 c.c. sarebbe destinato ad operare limitatamente
all’ipotesi in cui sia individuabile una norma giuridica (ovvero una
previsione contrattuale) che ponga a carico del danneggiato uno
specifico obbligo giuridico di agire e, dunque, di attivarsi per evitare
l’evento.
Perché sia configurabile il concorso del fatto colposo del danneggiato, in definitiva, sarebbe necessaria la c.d. colpa specifica.
Un siffatto orientamento, avallato da diverse pronunce
giurisprudenziali e – da ultimo – dalla terza sezione della Corte di
Cassazione[3], viene respinto dalle Sezioni Unite che, al contrario, affermano che un
comportamento omissivo caratterizzato dalla colpa generica sia
sufficiente a fondare il concorso di colpa del creditore/danneggiato.
Secondo Cassazione civile, Sezioni Unite, 21 novembre 2011, n. 24406, in particolare, “stante
la genericità dell’art. 1227,c. I, c.c. sul punto, la colpa sussiste
non solo in ipotesi di violazione da parte del creditore-danneggiato di
un obbligo giuridico, ma anche nella violazione della norma
comportamentale di diligenza, sotto il profilo della colpa generica”.
Rispetto agli indirizzi più restrittivi precedentemente espressi dalla
giurisprudenza, Il principio di diritto declamato dai Giudici di Piazza
Cavour si colloca nel solco di una maggiore responsabilizzazione del
soggetto danneggiato, nella prospettiva di una più completa affermazione
del corollario, desumibile dall’art. 1227 c.c., per cui al danneggiante
non può far carico quella parte di danno che non è a lui causalmente
imputabile.