Risarcimento danni patrimoniali e non – Cause frazionate per persona e veicolo? Mai più!
Studio Cataldi non era stato profetico perché si era limitato a
prevedere …il passato. Infatti, già nel 2007 le Sezioni Unite, in
ipotesi di tipo contrattuale, ma perfettamente sovrapponibile agli
aspetti dell’illecito aquiliano, avevano scolpito nella roccia qual era
il nuovo orientamento. Qualcuno dei fedelissimi lettori ricorderà il mio
pezzullo del 23 dic ’10; mi riservavo di tornare in argomento: non lo
feci più perché attendevo una pronuncia della Cassazione. Eccola! Ed
ecco, quindi, la seconda puntata delle mie riflessioni su un aspetto che
occupa tanta parte della prassi di uno studio legale dedito
all’infortunistica stradale. Il contributo è già apparso l’altrieri su
“Persona e Danno”, il Portale curato dal Prof. Paolo CENDON, in cui sono
curatore dei lemmi ‘Giustizia Civile’ e ‘Assicurazioni’.
Processo unico per danni a persona e cose – Mai più riserva di agire in
separato processo” – Cassazione Civile, Sezione Terza, n. 28286 del 22
dicembre 2011, Pres. Alfonso AMATUCCI, Rel. Roberta VIVALDI – Paolo M.
STORANI
L’approdo della Cassazione in favore dell’infrazionabilità e contro lo
spezzatino era ampiamente prevedibile.
Ogni scissione (tanti anni fa solevo definire quell’eccezione di non
scissione) del contenuto dell’obbligazione espone il debitore ad
un’unilaterale modificazione, aggravativa della posizione
dell’antagonista processuale, del tutto priva di giustificazione.
Infatti, la giustificazione giuridicamente valida non può consistere
nell’anelito ad una pronuncia più celere quale tendenzialmente è quella
del giudice di pace.
Quel giudizio pilota, così poco garantito (in sede di memoria
istruttoria ex art. 320 c.p.c. lo sventurato convenuto è privo di tutela
effettiva perché spesso non può esaminare neppure i nuovi documenti che
controparte abbia versato in atti all’udienza di rettificazione delle
difese), è destinato a far conseguire all’attore un giudicato da opporre
poi al debitore nella richiesta del credito maggiore.
Del resto, come si fa, all’avvio di un processo civile che punta a far
conseguire al danneggiato la refusione del danno al veicolo, a non
contemplare anche la richiesta per il risarcimento delle lesioni
personali risentite nel medesimo evento?
Comprendo umanamente il disappunto di alcuni interpreti, sbigottiti
dalla declaratoria di improponibilità del secondo processo, ma costoro
non possono ignorare alcuni capisaldi che mi limito ad elencare.
1. Il giusto processo ora contenuto nella nostra Costituzione all’art.
111, frutto della riforma con legge costituzionale n. 2 del 23 novembre
1999 sulla scia dei principi enunciati dalla Convenzione Europea dei
diritti dell’uomo (art. 6), è principio che nella giurisprudenza della
Corte di cassazione, dopo la sua genesi, ha subito una maturazione
interpretativa.
2. La canonizzazione del principio di lealtà processuale e buona fede
oggettiva e soggettiva di cui all’art. 88 c.p.c.
3. L’endiadi che forma tale norma con l’art. 2 della Costituzione.
4. La lotta in genere all’ab-uso del processo: il processo non può
essere giusto se è frutto di abuso nel richiedere più volte (giudizi
distinti per danni patrimoniali e non) quello che intuitivamente
potrebbe ‘stare’ dentro, nello stesso processo; è evidente lo stridore
nell’attrito tra processi moltiplicati e durata ragionevole.
5. La tutela della ragionevolezza della durata del processo abbinata
alla garanzia che il partner procedimentale non sarà esposto alla
gragnola di colpi di un diritto sminuzzato e frazionato.
6. La sentenza delle Sezioni Unite n. 23726 del 15 novembre 2007 emersa
dalla felice penna del dott. Mario Rosario MORELLI, eccellente Giurista
da un paio di mesi asceso al soglio di giudice costituzionale, che si
era meditatamente discostata dal precedente del 2000, la pronuncia n.108
del 10 aprile 2000, con cui si autorizzò la prassi della criticabile
riserva di separata azione per il residuo.
7. L’autorizzazione al frazionamento dei crediti a fronte di un unico
rapporto era censurabile sotto l’aspetto davvero evidente
dell’irrazionalità del domandare, volta per volta, oserei soggiungere
RATEALMENTE, adempimenti singoli, facendo sempre riserva di agire per il
residuo ammontare; escludo che occorrano tanti esempi per afferrarne la
criticabilità e la pericolosità per il debitore, esposto a mille
iniziative aggressive.
8. La proliferazione delle spese legali per il debitore; non è il caso
neppure di aggiungere altro.
9. Tale formula consunta non poteva reggere all’impatto con la Carta
Costituzionale dotata di nuova linfa, linfa che può benissimo incidere
sul corpo delle norme processuali senza che l’interprete possa dolersi
fondatamente del fatto che la Costituzione le plasmi e le rimodelli ai
suoi principi; le norme processuali, infatti, sono di rango inferiore.
10. Non è sufficiente accampare la teoria che la duplicazione sarebbe
avvenuta per colpa dell’avvocato che, talora per fini poco nobili, ha
impiantato la causa pilota per raddoppiare il suo onorario; tali scelte
sono purtroppo destinate a ricadere sul groppone del cliente.
Aprendo la porta su questo versante, non si formerebbe mai un giudicato
stabile.
La Cassazione, già con inedita sentenza del lontano 15 settembre 1975,
aveva negato l’ammissibilità del frazionamento delle domande, una prassi
assai diffusa all’epoca.
Poi, le Sezioni Unite n. 108 del 2000 affermarono l’esatto contrario:
“ammissibile la domanda giudiziale con la quale il creditore di una
determinata somma, derivante dall’inadempimento di un unico rapporto,
chieda un adempimento parziale, con riserva di azione per il residuo,
trattandosi di un potere non negato dall’Ordinamento e rispondente ad un
interesse del creditore, meritevole di tutela, e che non sacrifica, in
alcun modo, il diritto del debitore alla difesa delle proprie ragioni”.
La Corte aveva, dunque, mutato radicalmente orientamento muovendo
dall’abborracciato criterio, invero scarsamente persuasivo ed
intimamente contraddittorio, che quel che non è vietato, è permesso.
Reputò, quindi, in linea di principio ammissibile richiedere
SEPARATAMENTE risarcimento del danno alle COSE ed alle PERSONE, purché
l’attore facesse ESPRESSA RISERVA di domandare in altra occasione i
residui ed ulteriori danni, indicati in modo analitico, e sempre che il
convenuto non avesse invocato in linea riconvenzionale che
l’accertamento si estendesse a TUTTI i danni causati dall’incidente
fonte di pregiudizi multipli, provocando in tal modo il giudizio
UNITARIO.
Tale SPEZZATINO, a mio modesto modo di vedere, non sarà mai più
possibile.
In proposito, ancora con sentenza (inedita) del Giudice di Pace di
Macerata n. 20/2012, pubblicata il 9 gennaio 2012, si affermava la
totale diversità e l’inapplicabilità dei principi affermati dalle
Sezioni Unite n. 23726/2007 in occasione della statuizione su una
fattispecie esattamente sovrapponibile a quella giunta al vaglio di
Cassazione Sezione Terza n.28286/2011, ora in commento.
L’iter motivazionale del GdP, Estensore GUARNIERI, muoveva dal
presupposto che “le poste di danno sono autonome e differenti (si pensi
alla diversità di soggetti tra proprietario del mezzo danneggiato e
conducente ferito)”, mentre nel caso deciso in concreto dal magistrato
non togato non sussisteva affatto tale soltanto affermata diversità,
coincidendo in capo all’attore entrambe le qualifiche: il soggetto leso,
già munito di sentenza passata in giudicato, era lo stesso proprietario
dei veicolo.
In particolare, l’attore del secondo processo aveva già ottenuto una
sentenza passata in giudicato avanti al medesimo Ufficio del GdP di
Macerata, talché avrebbe dovuto rivelarsi al vaglio giudiziale un
autentico caso di scuola: sebbene il principio sia stato affermato dalle
Sezioni Unite del 2007 in fattispecie di responsabilità contrattuale,
la ratio appare identica se applicata come linea-guida nel credito
aquiliano.
Eclatante era la logica di non aggravare la posizione del debitore, con
iniziative scaglionate nel tempo senza la benché minima giustificazione,
neppure dedotta ed allegata (a titolo esemplificativo, una frattura che
tarda a saldarsi e, per contro, una vettura ch’è utile all’intero
nucleo familiare, con tempistiche differenti e che, di conseguenza,
terrei fuori dalla rigidità ermeneutica).
In effetti, il diritto risarcitorio nasce UNICO e non può essere
frazionato e disarticolato nel momento processuale se non si vuole
incocciare nello scoglio di cui abbiamo voluto trattare.
Le mie teorizzazioni sono ovviamente APERTE ad ogni contributo e NON
sono IDEOLOGICHE, nel senso pratico che affermarle o smentirle mi lascia
indifferente, mosso come sono soltanto dalla passione per la procedura,
ch’è un congegno da mettere in funzione, da smontare e poi rimontare,
per veder quel che c’è dentro.
Punto di partenza del ragionamento è comunque che lo STESSO soggetto
abbia risentito danni plurimi: può azionarli separatamente?
L’argomento di diritto positivo del riferimento all’art. 145 del Codice
delle Assicurazioni Private, che contempla una tempistica difforme per
il danno materiale, proponibile trascorsi sessanta giorni dall’invio
della rituale richiesta risarcitoria, e per il danno alla persona,
proponibile dopo novanta dì, non si prospetta decisivo, almeno a mio
sommesso modo di vedere.
Infatti, la tesi, autorevolmente propugnata in dottrina da Marco BONA,
per quanto suggestiva, non sottrae la questione – tempistica alla
sovraordinazione del principio della ragionevole durata del processo
‘giusto’ in combinata lettura con la lealtà che si deve al debitore.
La risposta, alla domanda se i diritti persona-cose possano essere
azionati in modo frazionato, è: in tutta serenità, assolutamente no, se
si eccettuino casi particolari come quello dianzi esplicitato (in cui
nessuno dubiterebbe della buona fede e della lealtà processuale del
povero danneggiato che sta a curarsi nel centro specialistico di Cortina
d’Ampezzo per tentare di lenire, con il sole d’alta quota, i postumi
ancora non stabilizzati della frattura) e come tanti altri che si
potrebbero sollevare nella realtà delle aule di Giustizia.