Risarcimento danni –responsabilità del vettore aereo –danno da vacanza rovinata –danno non patrimoniale -17.11.08
Giudice di Pace di Pozzuoli, nel procedimento avente ad oggetto una
richiesta di risarcimento danni causati dal vettore ritenuto
responsabile dalla mancata esecuzione del trasporto del passeggero e
del suo bagaglio, ha condannato il vettore aereo a rimborsre le somme
sborsate per l’acquisto del biglitto aereo e per spese varie, nonchè a
risarcire il danno biologico, documentato con certificazione medica.
La sentenza in oggetto è di grande attualità, in quanto il Giudice
adito, nelle proprie motivazioni, ha richiamato la recentissima
sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n° 26972/08, la
quale ha, appunto definitivamente concluso la disputa giurisprudenziale
sul danno esistenziale, chiarendo in maniera definitiva il concetto di
danno non patrimoniale.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
L’avv. Italo BRUNO, Giudice di Pace del Mandamento di Pozzuoli, ha pronunciato la seguente S E N T E N Z A
nella causa iscritta al n° 1706/08 R.G. – Affari Contenziosi Civili – avente ad oggetto: Risarcimento danni,
T R A (Tizia),
nata a (…) il (…) ed ivi res.te alla Via (…) n.(…) – c.f. (…) –
elett.te dom.ta in (…) alla Via (…) n.(…) presso lo studio dell’avv.
(Caio) che la rapp.ta e difende giusta mandato a margine dell’atto di
citazione; ATTRICE
E S.p.A. (Zeta), in persona del legale rapp.te pro-tempore, con sede in (…) alla Via (…) n.(…); CONVENUTA-CONTUMACE
CONCLUSIONI Per
l’attrice: accogliere la domanda; dichiarare l’esclusiva responsabilità
della Spa (Zeta), in persona del legale rapp.te pro-tempore, in ordine
alla causazione degli inconvenienti occorsile e, per l’effetto,
condannarla al risarcimento di tutti i danni subiti e subendi, sia
patrimoniali in misura di € 375,00, sia non patrimoniali (danno
biologico, morale, esistenziale e da vacanza rovinata) in misura non
inferiore ad € 1.500,00, oltre interessi dalla domanda sino al
soddisfo, nonché spese, diritti ed onorari di giudizio con attribuzione
al procuratore anticipatario.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
(Tizia), con atto di citazione ritualmente notificato il 21/1/08 alla
S.p.A. (Zeta) la conveniva innanzi a questo Giudice affinché fosse
dichiarata la sua esclusiva responsabilità in ordine alla causazione
degli inconvenienti occorsile e, per l’effetto, condannarla al
risarcimento di tutti i danni subiti e subendi, sia patrimoniali nella
misura di € 375,00, sia non patrimoniali (danno biologico, morale,
esistenziale e da vacanza rovinata) in misura non inferiore ad €
1.500,00. Nell’atto di citazione assumeva: –
che, in data 11/4/07 acquistava regolare titolo di viaggio con la
Compagnia Aerea (Zeta), n. AP4401W, per il volo di andata Napoli – Rodi
con partenza prevista da Napoli per il giorno 3/8/07, ore 10,30, scalo
intermedio all’aeroporto di Atene, ripartenza per Rodi con la Compagnia
Aerea (Ypsilon), n…., delle ore 14,50 e arrivo a Rodi alle ore 15,50; –
che, mentre il viaggio Napoli-Atene si svolgeva regolarmente, con
arrivo all’orario previsto, recatasi al Chek-in per le operazioni
d’imbarco sul volo per Rodi, le veniva negato l’imbarco per mancanza di
posti; –
che, tale incresciosa situazione le procurava notevolissimi disagi
consistenti in: a) mancata assistenza durante l’attesa del volo
successivo; b) attesa protrattasi per ben 28 ore; c) acquisto di bene
di prima necessità; d) grave forma di psoriasi da stress; –
che, a nulla è valsa la richiesta di risarcimento danni avanzata alla
Spa (Zeta) a mezzo racc.ta a.r. n.12957607615-6 ricevuta il 13/9/07. Instauratosi
il procedimento, risultata contumace la Spa (Zeta), veniva articolata,
ammessa ed espletata prova per testi, nonché deferito interrogatorio
formale al legale rapp.te della Spa (Zeta) che, non lo rendeva. Sulle rassegnate conclusioni, all’udienza del 3/11/08, la causa veniva assegnata a sentenza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va dichiarara la contumacia della convenuta S.p.A. (Zeta) regolarmente citata e non costituitasi. Le legittimazioni attiva e passiva sono state provate con il deposito di regolare titolo di viaggio. Non vi è dubbio che, nel caso di specie va applicata la normativa di cui alla Convenzione di Montreal. Il
28 giugno 2004 è entrata in vigore in Italia (e nella Comunità Europea)
la Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 sul trasporto areo
internazionale.
Contestualmente è divenuto applicabile il Regolamento (CEE) n.889/2002
del 13 maggio 2002, che ha modificato il Regolamento (CEE) n.2027/1977
sulla responsabilità del vettore aereo nel trasporto di persone e di
bagagli. La
Convenzione di Montreal si applica ai trasporti internazionali,
allorquando il luogo di partenza e quello di arrivo sono situati sul
territorio di due Stati contraenti, o sul territorio di un solo Stato
contraente se è previsto uno scalo nel territorio di un altro Stato non
contraente (art. 1 n.2). L’art.
33 (competenza giurisdizionale) di detta Convenzione stabilisce che:
l’azione per il risarcimento del danno è promossa, a scelta
dell’attore, nel territorio di uno degli Stati Parti (criterio per la
giurisdizione), o davanti al Tribunale (criterio per la competenza) del
domicilio del vettore o della sede principale della sua attività o del
luogo in cui esso possiede un’impresa che ha provveduto a stipulare il
contratto, o davanti al Tribunale del luogo di destinazione (criterio
per la competenza). E’
ius receptum che, all’interno dell’ordinamento giudiziario dello Stato
investito di giurisdizione, ex art. 33 Convenzione di Montreal, la
distribuzione della competenza tra diversi ordini del potere
giudiziario, o ratione materiae e valoris all’interno dello stesso
ordine, è rimessa alla legge di tale Paese. E’,
quindi, evidente che l’impiego del termine “Tribunale”, nella versione
in lingua Francese delle predette fonti, è da intendersi nel senso
generale di autorità giudiziaria senza alcuna pretesa di determinazione
di una competenza per funzione o materia o valore. La
norma in esame attribuisce solo una competenza internazionale, mentre
quella interna è completamente rimessa alla lex fori, appunto chiamata
a regolare la procedura. Rettamente,
quindi, l’istante (residente in Pozzuoli, parte danneggiata e
consumatore) ha adito il Giudice di Pace di Pozzuoli, competente per
valore e per territorio. Infatti,
anche per la competenza territoriale, la regola legislativa è contenuta
nel codice del consumo (D.L.vo 6/9/05 n.206), secondo cui si presume la
vessatorietà della clausola che stabilisce come sede del foro
competente una località diversa da quella di residenza o domicilio
elettivo del consumatore. Detta regola viene interpretata dalla
giurisprudenza nel senso che, nelle controversie tra consumatore e
professionista, si è stabilita la competenza territoriale esclusiva ed
inderogabile (se non con apposita trattativa individuale) del giudice
del luogo del consumatore, a prescindere dell’avvenuta designazione di
una determinata sede giudiziaria nel documento negoziale e
dall’operatività dei criteri ordinariamente previsti.
Nel merito, la domanda è fondata e va accolta nei limiti di cui in motivazione.
E’ provato
documentalmente, per testimonianza e per non reso interrogatorio
formale, che l’attrice nel viaggio di andata Napoli-Rodi subiva un
ritardo di ben ventotto ore a causa della mancanza di posti sul volo
della Compagnia Aerea (Ypsilon), n.AP1651W, in regime di code sharing
con la Compagnia Aerea (Zeta), con partenza da Atene alle ore 14,50 ed
arrivo a Rodi alle ore 15,50. E’,
altresì, provato che, durante l’attesa per il volo successivo l’attrice
non ha avuto una ben che minima assistenza e/o informazione e nessun
rimborso, così come previsto e disciplinato dalla normativa Comunitaria: –
Regolamento (CE) n. 261/04 dell’11/2/04 entrato in vigore in Italia il
17/2/05, che ha abbrogato e sostituito il previgente regolamento (CE)
n.295/91, che disciplina, oltre al negato imbarco dipendente da
overbooking, anche la cancellazione del volo e il ritardo prolungato. Tale normativa prevede che, nei casi di negato imbarco e di cancellazione del volo, il passeggero ha diritto, cumulativamente: –
al rimborso del prezzo del biglietto e, se del caso, al volo di ritorno
verso il punto di partenza iniziale, oppure ad un volo alternativo
verso la destinazione finale da prendere immediatamente o in una data
successiva di suo gradimento, oppura ad un volo verso un aeroporto
diverso da quello prenotato e, in tal caso, con il rimborso delle spese
di trasferimento dall’aeroporto di arrivo a quello per il quale era
stata effettuata la prenotazione; – ad una somma di denaro per il mancato imbarco che, deve qualificarsi come risarcimento determinato forfettariamente; –
all’assistenza, consistente in pasti e bevande, sistemazione
alberghiera, trasporto per il luogo di sistemazione, due chiamate
telefoniche o messaggi via telex o fax o posta elettronica.
A tutto ciò
non ha ottemperato la Società (Zeta) e, pertanto, la stessa va
condannata al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di €
250,00, così come previsto dal combinato disposto degli artt. 4 e 7 del
Regolamento CE n.261/04; della somma di € 125,00 per spese sostenute
per acquisto di pasti e bevande e di una somma per il risarcimento del
danno biologico causato dalla lunga permanenza all’aeroporto di Atene
che le ha procurato psoriasi generalizzata acuta (confr. Certificazione
medica in atti), con un’invalidità temporanea di giorni 25. Pertanto,
assumendo un valore economico di € 42,00/giorno si determina un
indennizzo di € 1.200,00, comprensivo dei disagi derivati
dall’infermità e delle spese mediche forfetizzate.
Per quanto
concerne la richiesta di risarcimento danni da “vacanza rovinata”,
questo Giudice ritiene che la richiesta non possa essere accolta in tal
senso in quanto, nel caso di specie, non si può parlare di “vacanza
rovinata” nel ritardo di 28 ore all’arrivo nel luogo dove doveva
iniziare la vacanza. Il
non aver prestata la dovuta assistenza e/o informazione integra gli
estremi dell’inadempimento contrattuale ai sensi della disciplina
generale dettata in materia dal Codice Civile, art. 1218
(responsabilità del debitore) ed in particolare dell’art. 949 bis del
Cod. nav. (responsabilità del vettore per mancata esecuzione del
trasporto): il vettore è responsabile dei danni derivati dalla mancata
esecuzione del trasporto del passeggero e del suo bagaglio a meno che
non provi che egli stesso e i suoi dipendenti e preposti hanno preso
tutte le misure necessarie e possibili, secondo la normale diligenza,
per evitare il danno oppure che era loro impossibile adottarle.
A tale
inadempimento consegue la condanna al risarcimento dei danni sofferti
secondo i criteri dettati dall’art. 1223 c.c. e, pertanto, a questo
Giudice sembra equo liquidare la somma di € 300,00, ex art. 1226 c.c. Per
quanto concerne la richiesta di liquidazione del danno morale ed
esistenziale, questo Giudice si è già espresso, in merito, in altre sue
sentenze nel senso che, il “fatto” accaduto all’attrice rientra nel
novero degli “inconvenienti” che possono verificarsi nella normale
“vita quotidiana” e che, il risarcimento del danno non può trovare
ingresso nel c.d. “danno esistenziale”, così come definito dalla
dottrina e dalla giurisprudenza: –
danno non patrimoniale, inteso come categoria ampia, comprensiva di
ogni ipotesi in cui sia leso un valore inerente alla persona; – la lesione di qualsiasi interesse giuridicamente rilevante per la persona, risarcibile nelle sue conseguenze non patrimoniali – un “non fare”, o meglio un non poter più fare, un dover agire altrimenti, un relazionarsi diversamente; –
ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma
oggettivamente accertabile) provocato sul fare areddittuale del
soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri,
inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e
realizzazione della sua personalità nel mondo esterno. Il
ritardo del volo aereo non può avere comportato all’attrice una
“lesione” tale da essere risarcita nel c.d. “danno esistenziale”.
Diversamente, ogni “pregiudizio” che dovesse capitare alla persona umana, dovrebbe essere risarcita. Ogni
perdita, anche se non incida sulle capacità di produrre reddito (danno
patrimoniale), o sull’integrità psico-fisica (danno biologico), o non
costituisca patema d’animo (danno morale), diventerebbe pienamente
risarcibile. La
funzione riparatoria si ha soltanto nei casi in cui si verta in tema di
diritti costituzionalmente garantiti o in presenza di beni che ricevano
una specifica protezione costituzionale.
La Corte
Costituzionale, infatti, con la sentenza 11 luglio 2003 n.233 ha così
statuito: nell’astratta previsione della norma di cui all’art. 2059
c.c. deve ricomprendersi ogni danno di natura non patrimoniale
derivante da lesione di valori inerenti alla persona: sia il danno
morale soggettivo, inteso come transuente turbamento dello stato
d’animo della vittima; sia il danno biologico in senso stretto, inteso
come lesione dell’interesse, costituzionalmente garantito,
all’integrità psichica e fisica della persona, conseguente ad un
accertamento medico (art. 32 Cost.); sia, infine, il danno (spesso
definito in dottrina ed in giurisprudenza come esistenziale) derivante
dalla lesione di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti
alla persona.
Con la
citata sentenza, la Corte Costituzionale ha inteso dare giustizia ai
valori della persona ampliando il concetto del danno non patrimoniale,
dando l’imprimatur al c.d. danno esistenziale derivante dalla lesione
di (altri) interessi di rango costituzionale inerenti alla persona e,
non a qualsiasi lesione di qualsivoglia interesse. Al suddetto insegnamento si sta allineando la recente giurisprudenza della Cassazione che afferma: –
il c.d. danno esistenziale non è una figura autonoma diversa dal danno
biologico, ma è necessario, in generale, tenere presente le ricadute
sulla qualità della vita derivante dal danno biologico (Cass. 20 aprile
2007 n.9514). Già
Cass. Sez. III, 31 maggio 2003 n.8827, aveva precisato che «la lettura
costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c. va tendenzialmente
riguardata non già come occasione di incremento generalizzato delle
poste di danno (e mai come strumento di duplicazione di risarcimento
degli stessi pregiudizi), ma soprattutto come mezzo per colmare le
lacune nella tutela risarcitoria della persona, che va ricondotta al
sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale,
quest’ultimo comprensivo del danno biologico in senso stretto
(configurabile solo quando vi sia una lesione dell’integrità
psico-fisica secondo i canoni fissati dalla scienza medica), del danno
morale soggettivo come tradizionalmente inteso (il cui ambito resta
esclusivamente quello proprio della mera sofferenza psichica e del
patema d’animo) nonché dei pregiudizi, diversi ed ulteriori, purché
costituenti conseguenza della lesione di un interesse
costituzionalmente protetto».
Quindi, il
danno esistenziale, diversamente da quello morale, non ha natura
meramente emotiva ed interiore ma dev’essere oggettivamente accertabile
ed aver determinato “scelte di vita” diverse da “quelle che si
sarebbero adottate se non si fosse verificato l’evento dannoso”,
“alterandone l’equilibrio e le abitudini di vita”.
In
definitiva, il danno esistenziale si riferisce a “sconvolgimenti” delle
abitudini di vita e delle relazioni interpersonali provocate da fatto
illecito e si traduce in “cambiamenti peggiorativi permanenti, anche se
non sempre definitivi” delle stesse. Infine,
c’è da rilevare che, il danno esistenziale non è “in re ipsa”. Colui
che lamenti un danno esistenziale deve darne prova, a mezzo di
documenti, testimonianze, presunzioni. Dal lamentato pregiudizio non
deriva automaticamente l’esistenza del danno, ossia questo non è,
immancabilmente, ravvisabile a causa della potenzialità lesiva
dell’atto illegittimo (Cassazione, S.U. civili, sentenza 24.03.2006 n°
6572.
E,
finalmente, è arrivata la sentenza della Cassazione civile , SS.UU.,
sentenza 11/11/08 n° 26972 che ha dato la parola fine alla disputa sul
“danno esistenziale” ed ha confortato l’interpretazione
costituzionalmente orientata del danno esistenziale fatta da questo
Giudice. Secondo la Cassazione a Sezioni Unite:
– Il danno
non patrimoniale è categoria generale non suscettibile di suddivisione
in sottocategorie variamente etichettate. Non può, dunque, farsi
riferimento ad una generica sottocategoria denominata “danno
esistenziale”, perché attraverso questa si finisce per portare anche il
danno non patrimoniale nell’atipicità.
– Il
pregiudizio non patrimoniale è risarcibile solo entro il limite segnato
dalla ingiustizia costituzionalmente qualificata dell’evento di danno.
– Dal
principio del necessario riconoscimento, per i diritti inviolabili
della persona, della minima tutela costituita dal risarcimento,
consegue che la lesione dei diritti inviolabili della persona che abbia
determinato un danno non patrimoniale comporta l’obbligo di risarcire
tale danno, quale che sia la fonte della responsabilità, contrattuale o
extracontrattuale.
– Nell’ambito della perdita subita e mancate utilità, ex art. 1223 c.c., vanno ricompresi anche i pregiudizi non patrimoniali.
– Al danno biologico va riconosciuta portata tendenzialmente omnicomprensiva.
– Nel caso
di danno da morte immediata (o danno tanatologico), il giudice potrà i
correttamente riconoscere e liquidare il solo danno morale, a ristoro
della sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche,
alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta
lucida durante l’agonia in consapevole attesa della fine.
– Il danno
non patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti
inviolabili della persona, costituisce danno conseguenza che deve
essere allegato e provato.
Il credito risarcitorio dell’istante (Tizia) ammonta, quindi, ad € 1.875,00 (250,00+125,00+1.200,00+300,00).
Detto
importo è liquidato all’attualità, comprensivo, cioè, dell’intervenuta
svalutazione monetaria e degli interessi sino alla data della presente
sentenza (Cass. 24/3/03 n.4242).
Dalla data della sentenza sino al soddisfo saranno dovuti gli interessi legali.
Le spese di
giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate, d’Ufficio, come in
dispositivo, tenendo conto della somma liquidata e della relativa
tariffa per scaglione, nonché dell’attività processuale svolta. La sentenza è esecutiva ex lege.
P.Q.M.
Il Giudice di Pace del Mandamento di Pozzuoli, definitivamente
pronunciando sulla domanda proposta da (Tizia) nei confronti della
S.p.A. (Zeta), in persona del legale rapp.te pro-tempore, disattesa
ogni altra istanza ed eccezione, così provvede:
1) accoglie
la domanda e, per l’effetto condanna la S.p.A. (Zeta), in persona del
legale rapp.te pro-tempore, al pagamento in favore di (Tizia) della
somma di € 1.875,00, oltre interessi legali dalla domanda fino al
soddisfo;
2) condanna,
altresì, la suddetta convenuta al pagamento delle spese processuali che
liquida nella complessiva somma di € 1.550,00, di cui € 50,00 per
spese, € 600,00 per diritti ed € 900,00 per onorari, oltre 12,50% ex
art. 14 L.P., IVA e CPA se ed in quanto ricorrano i presupposti di
legge per tale ripetibilità, oltre successive occorrende;
3) distrae la somma così liquidata per spese processuali a favore del procuratore anticipatario;
4) sentenza esecutiva ex lege.
Così decisa in Pozzuoli e depositata in originale il giorno 17 novembre 2008 al n. 3047 del Mod. 16.