Risparmio energetico in condominio, basta la maggioranza ridotta
A oltre 18 anni dal varo della prima legge organica sul risparmio
energetico (10/91), oggi finalmente si hanno le idee un po’ più chiare
a proposito delle maggioranze “speciali” previste per gli interventi di
efficienza energetica in condominio (commi 2 e 5 dell’articolo 26 della
legge). L’ultima parola in proposito l’ha detta la legge 99 del 23
luglio scorso (al comma 22 dell’articolo 27) integrando il comma 2
(dopo il restyling portato dal Dlgs 311/2006) che ora così recita: «Per
gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del
consumo energetico e all’utilizzazione delle fonti di energia di cui
all’articolo 1, individuati attraverso un attestato di certificazione
energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico
abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate
con la maggioranza semplice delle quote millesimali rappresentate dagli
intervenuti in assemblea».
La decisione
L’aggiunta portata dalla legge 99/2009 è quella delle ultime parole
(«rappresentate dagli intervenuti in assemblea»). La nuova norma ha
fatto piazza pulita di tutte le interpretazioni precedenti, di dottrina
e giurisprudenza, inventando una nuova maggioranza condominiale, non
contenuta nel Codice civile: quella “semplice” dei millesimi degli
intervenuti in assemblea. In altre parole non contano i condomini
favorevoli all’intervento, bensì solo i loro millesimi: devono essere
più di quelli dei condomini che votano contro, sommati con eventuali
astenuti (la giurisprudenza ha chiarito che contano come contrari).
Naturalmente l’assemblea deve essere di per sé valida. Devono cioè
essere presenti di persona o per delega almeno un terzo dei condomini
che possiedano un terzo dei millesimi. Queste sono infatti le
maggioranze necessarie per la seconda convocazione (le assemblee in
prima sono casi rarissimi). Fatti alcuni elementari calcoli, si può
dire che una decisione di risparmio energetico potrebbe in teoria
vedere il voto positivo dei condomini che possiedono appena 167,7 quote
su 1.000, se all’assemblea partecipano solo un terzo dei condomini che
possiedono solo un terzo dei millesimi. Va aggiunto che, per
giurisprudenza di Cassazione, anche una decisione presa senza le
necessarie maggioranze è annullabile solo se impugnata in giudizio
entro 30 giorni da quando se ne ha avuta conoscenza: trascorso questo
periodo, diventa valida.
Gli interventi ammessi
Ci si può chiedere: ma quali interventi sono da considerare «volti
al contenimento del consumo energetico»? Prima che intervenisse il Dlgs
311/2006, modificando il comma 2, si disponeva di un elenco abbastanza
preciso delle opere ammesse, contenuto sempre nella legge 10/91
(articolo 8) ed espressamente richiamato nel comma 2. Ora non più. Ci
si limita ad affermare due cose. La prima è che sono comprese tutte le
opere che coinvolgono fonti rinnovabili di energia (sole, vento,
idroelettrico, geotermico, biomasse). La seconda è che può andar bene
qualsiasi intervento programmabile, se porta a un risparmio attestato
da una certificazione energetica o una diagnosi energetica. A patto
che, naturalmente, si seguano alla lettera le prescrizioni del Dpr
59/2009, che impone certi parametri di legge per gli interventi sugli
impianti di riscaldamento. Per fare qualche esempio, certi rendimenti
minimi sia per la caldaia sia per le nuove pompe di calore elettriche o
a gas (quando li si sostituisce) nonché sonde di rilevamento della
temperatura all’esterno dell’edificio per tarare quella interna.
Alle condizioni previste dalle norme tecniche, sono agevolate non
solo la ristrutturazione di impianti di riscaldamento, ma anche quella
di impianti di condizionamento estivo e di produzione di acqua calda
sanitaria. Via libera anche alle opere di coibentazione degli edifici
(per esempio del tetto o anche dei muri, con “cappotti termici”).
Potrebbe forse essere consentita a maggioranze ridotte pure la
conversione dal gasolio al metano, se non altro perché si tratta di un
combustibile meno inquinante che allunga il ciclo di vita della caldaia
e “sporca” meno camini e canne fumarie. Ciò porta, sul lungo periodo,
al miglioramento del rendimento.
Sul fronte idrico
Resta incerta, invece, la tesi che le opere con maggioranze
condominiali ristrette possano riguardare il risparmio idrico, che pure
è stato agevolato dalla Finanziaria 2009 e dalle norme di molte
regioni. Infatti la raccolta, il filtraggio e l’erogazione delle acque
piovane non hanno prestazioni attualmente attestabili con una
certificazione energetica (che è richiesta dal comma 2) e prevedono
dispositivi (ad esempio pompe) che fanno aumentare anziché diminuire i
consumi di energia propriamente detti.
I QUORUM
Risparmio energetico
Per deliberare interventi diretti al risparmio energetico, purché
individuati con una certificazione energetica o una diagnosi
energetica, basta la maggioranza dei millesimi degli intervenuti in
assemblea (articolo 26, comma 2, legge 10/1991). Il Dpr 59/2009
scoraggia la trasformazione dell’impianto negli edifici residenziali
con più di quattro appartamenti (e in quelli più piccoli se la potenza
nominale è maggiore o uguale di 100 kW) a meno che sia inevitabile per
cause tecniche o di forza maggiore.
Per l’installazione di dispositivi di termoregolazione e
contabilizzazione del calore, l’assemblea condominiale decide a
maggioranza ordinaria in deroga agli articoli 1120 e 1136 del Codice
civile (articolo 26, comma 5, legge 10/1991). In questo caso, non serve
una certificazione o una diagnosi energetica. Da notare che l’adozione
della centralina di termoregolazione programmabile è resa obbligatoria
dal Dpr 59/2009 in caso di ristrutturazione integrale dell’impianto
centralizzato.