Ritardo nel pagamento dell’indennità sostitutiva della reintegrazione, il datore è tenuto al pagamento delle retribuzioni perdute
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 21421 del 17 ottobre 2011, ha affermato che nel caso di scelta, da parte del lavoratore illegittimamente licenziato, dell’indennità sostitutiva della reintegrazione ai sensi dell’art. 18, comma 5, della L. n. 300 del 1970, come modificato dalla L. 11 maggio 1990, n. 108, fino all’effettivo pagamento dell’indennità il datore è obbligato a pagare le retribuzioni globali di fatto. In particolare la Suprema Corte ha precisato che il sistema dell’art. 18 citato si fonda sul principio di effettiva realizzazione dell’interesse del lavoratore a non subire, o a subire al minimo, i pregiudizi conseguenti al licenziamento illegittimo e che impedisce al datore di lavoro di tardare il pagamento dell’indennità sostitutiva assoggettandosi al solo pagamento di rivalutazione e interessi ex art. 429 c.p.c. Nel caso preso in esame dalla Corte, due lavoratori avevano optato, a seguito della sentenza del Tribunale che dichiarava illegittimo il loro licenziamento, per l’indennità sostitutiva, corrispondente a 15 mensilità, in luogo della reintegrazione; tale indennità veniva corrisposta dal datore di lavoro molto tempo dopo l’esercizio dell’opzione e i lavoratori chiedevano, quindi, l’ulteriore pagamento di quanto maturato fino alla data dell’effettivo adempimento dell’obbligazione. Posto che la scelta dell’indennità sostitutiva da parte del lavoratore è irrevocabile e che il rapporto di lavoro non può essere ricostituito, l’ammontare del risarcimento del danno da ritardo – affermano i giudici di legittimità – deve essere pari alle retribuzioni perdute, fino a che il lavoratore non venga effettivamente soddisfatto. Inoltre evidenzia la Suprema Corte che il principio di effettività dei rimedi giurisdizionali, espressione dell’art. 24 Cost. significa che il rimedio del risarcimento del danno sopportato dal lavoratore per ritardato percepimento dell’indennità sostitutiva ex art. 18, deve ridurre il più possibile il pregiudizio subito dal lavoratore e, in corrispondenza, distogliere il datore di lavoro dall’inadempimento o dal ritardo nell’adempiere l’obbligo indennitario.