Roma, dimesso da ospedale: «Ha l’ansia»
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ROMA (21 aprile) – Lo dimettono con la diagnosi di ansia reattiva ma dopo qualche ora muore, accasciato sul divano accanto al figlio di 7 anni. Forse un infarto ma sarà l’autopsia a stabilire perché Massimo Veno, napoletano di 42 anni, è morto dopo essere stato curato il giorno prima all’Aurelia hospital. Le ultime ore di Massimo Veno, artigiano che si occupava di impianti elettrici nelle piscine, le racconta un amico. «Massimo era sano, stava bene. Lunedì pomeriggio ha avuto però un malore. La moglie Alessandra ha chiesto aiuto al 118 e l’ambulanza è arrivata in poco tempo. Il mio amico avvertiva un forte dolore al petto e ha avuto quasi un collasso». I soccorritori si sono diretti verso l’Aurelia Hospital, l’ospedale più vicino a via Giuseppe Palombini, una strada nei pressi di piazza Irnerio. Per il 118 è un “codice giallo”. L’uomo viene visitato, vengono effettuati degli accertamenti. «Al pronto soccorso gli hanno somministrato degli antidolorifici, in un primo momento gli avevano detto che sarebbe stato trattenuto in osservazione per effettuare tutto il protocollo cardiologico ma poi Massimo è stato dimesso. Sul referto c’è scritto “stato di ansia reattiva” – continua l’amico -. Uscito dall’ospedale ci ha detto che i medici gli avevano consigliato di fare una vacanza. Massimo è tornato a casa anche se continuava a non sentirsi bene, si lamentava sempre per quel dolore al petto e al braccio sinistro. Martedì mattina è morto. Era seduto sul divano, accanto al figlio Mattia, si è accasciato. La moglie era uscita per fare la spesa. Quando è tornata ha tentato di rianimarlo ma ormai era troppo tardi». I familiari di Massimo Veno hanno presentato una denuncia, la salma è stata posta sotto sequestro e l’autopsia verrà effettuata domani mattina al Gemelli. Alessandra Ajello, la moglie, questa mattina è stata ascoltata in Procura dal pm Elisabetta Ceniccola. «Il paziente è stato dimesso alle 19 e le sue condizioni di salute erano buone – spiega il dottor Renzo Ciani, responsabile del pronto soccorso dell’Aurelia hospital -. Abbiamo verificato la cartella clinica, il paziente era stato visitato, sottoposto a una radiografia toracica, a diversi elettrocardiogrammi, a tutti gli esami clinici previsti dai protocolli cardiologici. Non c’era nulla di anomalo, tutti gli esami erano negativi. E’ stato dimesso per uno stato di ansia reattiva dopo che il medico aveva accertato le sue condizioni di salute con una ulteriore visita». La famiglia Veno abita a Roma da tre anni, da quando alla figlia Alessia avevano diagnosticato una leucemia. Massimo e Alessandra Veno, avevano deciso di far curare la figlia all’ospedale pediatrico Bambino Gesù. Alessia nonostante il trapianto di midollo però è morta il 3 aprile. «Per mia figlia è stato fatto tutto e pure di più. Purtroppo ci sono state delle complicanze – spiega la mamma Alessandra – ed è morta». La famiglia a quel punto ha deciso di rimanere a Roma per non creare all’altro figlio un altro trauma dal momento che il bambino frequenta una scuola romana. Massimo Veno in questi anni ha fatto la spola con Napoli dove ha continuato a lavorare nella manutenzione degli impianti elettrici delle piscine riuscendo a programmare i suoi spostamenti. Poi il malore e la morte, la denuncia. |