Roma, la truffa dei protesti: 200 euro per ridare verginità a migliaia di debitori
ROMA
(12 febbraio) – L’inchiesta è solo agli inizi e non è solo un modo di
dire. La Guardia di Finanza ipotizza l’esistenza di una banda che
avrebbe restituito “verginità” a migliaia di protestati avendo come
fulcro la sezione fallimentare del Tribunale civile.
Dodici persone, tra cui un ex cancelliere, due impiegati del Comune di
Roma e tre funzionari della Camera di Commercio, sono state messe agli
arresti domiciliari. Altre 450 sono state denunciate. L’ipotesi
dell’accusa è che venissero chiesti «attorno ai duecento euro» per ogni
decreto che attestava falsamente la ritrovata solvibilità dei debitori.
Ma i decreti sono ovviamente emessi dalla magistratura e le Fiamme
Gialle stanno cercando di capire se e quanto uno o più giudici fossero
coinvolti nella presunta truffa. Il giro, stando agli accertamenti del
Nucleo di Polizia Tributaria, guidato dal generale Vito Augelli, era
vorticoso.
Migliaia di debitori nell’elenco dei protestati avrebbero fatto rotta
su Roma da tutta Italia sapendo che c’era un sistema agevole per far
“ripulire” la propria situazione. Il danno è nell’ordine di almeno
venti milioni di euro. Grazie ai decreti di riabilitazione emessi dal
Tribunale, persone che non offrivano alcuna garanzia hanno continuato a
chiedere mutui e prestiti alle banche. Hanno seguitato a pagare merce
sulla parola. Ma poi, ovviamente, sono spariti con i soldi o
semplicemente hanno detto di non poter più onorare gli impegni. Le
indagini, coordinate dalla procura, sono portate avanti dal Gruppo per
la tutela del mercato, dei beni e dei servizi guidato dal tenente
colonnello Francesco Vizza. Gli investigatori ritengono che «il fulcro
del sistema» fosse un ex cancelliere della sezione fallimentare:
Vincenzo Costanzo, 67 anni, in pensione per raggiunti limiti di età e
per motivi di salute dalla scorsa estate.
L’uomo, di Roma ’70, nella periferia sud, ha negato attraverso la
moglie qualunque responsabilità. «È un’accusa folle ha detto la donna
che nasce dalle calunnie di una persona che cerca di discolparsi».
Avrebbero fatto parte del meccanismo anche due funzionari dell’Ufficio
Protesti della Camera di Commercio di Roma, uno dei quella di
Frosinone, due impiegati di anagrafe nei Municipi III e XVI, nonchè i
titolari di alcune società di servizi e di tipografie romane. La banda
ammesso che di banda si tratti aveva il compito di fornire tutti i
documenti necessari all’emissione del decreto di riabilitazione:
dichiarazioni di creditori che attestavano il pagamento dei vecchi
titoli di credito, la falsa attestazione della residenza dei protestati
a Roma (condizione necessaria a far sì che se ne occupasse la sezione
fallimentare di viale Giulio Cesare), assegni e cambiali fasulli, le
cosiddette ”levate di protesto” con le firme, anch’esse, false di
notai. I due impiegati del Comune avrebbero fornito i documenti di
residenza, i titolari delle stamperie le copie dei timbri necessari ai
documenti.
La Guardia di Finanza ha specificato che l’indagine è partita proprio
da una segnalazione della Camera di Commercio di Roma. «Alcuni
dirigenti dicono in via dell’Olmata, sede del comando romano si sono
resi conto che qualcosa non andava. La prima segnalazione è arrivata un
anno e mezzo fa. L’indagine è stata complessa». I riabilitati, dopo la
“plastica facciale finanziaria, potevano accedere di nuovo al credito.
Le dodici persone agli arresti domiciliari sono accusate, a vario
titolo, di falso ideologico, corruzione, omissione di atti d’ufficio,
rivelazione del segreto. L’inchiesta riguarda ovviamente anche tutti
quelli che la riabilitazione l’hanno pagata e ottenuta. «Riteniamo
aggiungono alle Fiamme Gialle che il singolo decreto costasse molto di
più se bisognava l’importo sotto protesto era più alto della media. Per
pagare tutta questa gente servivano introiti corposi». Ma ora le
indagini puntano a un eventuale ”secondo livello” oltre a quello dei
manovali.