Ru486, le donne italiane penalizzate dai tempi d’uso
Roma. Esiste un’«incongruenza» nel processo di approvazione della
pillola abortiva Ru486 (mifepristone) in Italia; incongruenza che
potrebbe determinare problemi nell’uso del farmaco negli ospedali a
danno delle donne. Mentre in Europa la Ru486 può essere usata fino al
63esimo giorno di gravidanza, in Italia è stato stabilito il suo uso
fino al 49esimo giorno. A sostenerlo sono gli autori, gli epidemiologi
Traversa e Donati, di un dossier sugli studi sull’uso della Ru486 in
particolare sul profilo beneficio-rischio del mifepristone
nell’interruzione di gravidanza, pubblicato su «Dialogo sui farmaci».
Tale incongruenza per gli autori potrebbe determinare da un lato una
«penalizzazione» per la donna che volesse fare uso della pillola
abortiva anche dopo i limiti italiani e dall’altro per i medici che si
troverebbero di fronte ad una indicazione di uso differenze da quella
italiana. Ma Eugenia Roccella, sottosegretario alla Salute, sostiene
che dopo il 49/o giorno di gravidanza, la RU486 è caratterizzata da un
«crollo di efficacia». Roccella rileva come l’indicazione dell’Agenzia
italiana farmaco (Aifa) per l’assunzione entro tale termine sia anche
legata a questo dato. «L’evidenza – ha spiegato Roccella – dimostra che
il limite del 49/o giorno si basa su un calcolo di efficacia, dopo tale
termine cala; con l’allungamento dei tempi, cioè, diminuisce
l’efficacia e la capacità del farmaco, e si registra la necessità di
un’alta percentuale per il ricorso a interventi chirurgici di revisione
uterina».