Sarah, Cosima arrestata per omicidio. La folla fuori dalla caserma: «Assassina»
Trentotto secondi possono bastare. Trentotto lunghissimi secondi che Cosima Misseri ha trascorso in quel garage, lei e il suo telefonino, e che oggi – dopo nove mesi esatti – le valgono un ordine di custodia per sequestro di persona, concorso in omicidio e soppressione del cadavere di Sarah Scazzi. Sì, Sarah Scazzi, l’angelo biondo che ha invaso i talk show, i suoi video, le sue tre identità su facebook, l’amore per Ivano, la voglia di fuggire da Avetrana, quella ragazzina bionda che neanche un lungo inverno è riuscito a cancellare dai nostri pensieri.
Cosima è la zia di Sarah, la sorella della mamma Concetta, la sfinge di casa Misseri, la moglie di Michele e la mamma di Sabrina, che in carcere a Taranto ci stanno tutti e due già da un pezzo ad accusarsi l’un con l’altra – tra mille sfumature di versioni, tra indicibili pressioni e incredibili reticenze -proprio di quell’orribile delitto.
Cosima era il bersaglio grosso, la Procura di Taranto ci lavorava da mesi. La interrogava, la sorvegliava, cercava ma sempre invano di coglierla in contraddizione. Hanno risolto la partita i Ros, almeno per ora, e con una vittoria che sembra squillante. Hanno provato quello che lei sempre negava, disperatamente negava, e cioè di essere stata in quel puzzolente garage, quell’antro maledetto di sporcizia, nel pomeriggio del 26 agosto.
Cosima aveva previsto tutto, ma non che le frequenze telefoniche sotto terra potessero risultare diverse da quelle in superficie. Scremando e poi scremando ancora i tabulati, i Ros hanno invece ricavato che lei nel garage c’è stata e almeno per quei famosi 38 secondi, tra le 15.25.04 e le 15.25.42 del 26 agosto 2010. Hanno anche scoperto, i Ros, che la presenza del telefonino di Sarah, vittima predestinata, è compatibile con il garage alle 14.42 di quel giorno.
Si sposta davvero tutto, insomma. Altro che gita al mare, altro che allarme dato alle tre o pochi minuti prima: la Procura ritiene che l’omicidio sia da collocare almeno con mezz’ora d’anticipo, che sia avvenuto in casa Misseri – perché alle 14.18, implacabili sono i tabulati, Sarah risulta proprio lì -, che il cadavere sia stato trasportato nel garage, a dispetto di quella porta che si apre e non si apre, e che poi sia stato trasferito nelle campagne di contrada Mosca.
Eh già, perché i tabulati seguono Cosima Misseri anche il giorno dopo, proprio in quelle campagne, dove non dovrebbe essere mai andata. Segnalano la presenza sua e della figlia Sabrina, tra le 10.26 e le 10.40 del 27 agosto, nella zona dell’albero di fico, quella che il finto scemo Michele Misseri ricorda per esserci andato a giocare da bambino, quella dove inscena la violenza mai provata sul cadavere della nipotina. Che ci stavano a fare mamma e figlia laggiù?
L’hanno portata prima nella caserma dei Carabinieri di Avetrana – e fuori c’erano le donne del paese già a lapidarla, a gridarle «assassina» -, e poi in carcere a Taranto, «che poi lo conosco bene», ha chiosato Cosima con il consueto tono di sfida. Dovrebbero averle anche comunicato che proprio per la sua amata Sabrina è scattato un altro ordine di custodia cautelare e che per tutte e due, mamma e figlia, l’accusa e sì di concorso in omicidio della piccola Sarah, ma «premeditato», un progetto, cioè, concepito tra quelle stanze per cancellare quella ragazzina dalla faccia della terra.
Per l’inchiesta è una sorta di rivoluzione copernicana. Come se, abbandonati i tatticismi di questi mesi, la Procura di Taranto avesse voluto davvero calare i suoi assi, gli assi che tutti immaginavano prima o poi calasse: i tabulati telefonici. Come uno spazzare via ricorsi e controricorsi, stavolta per arrivare davvero alla soluzione.
I prossimi giorni si fanno all’improvviso densi di appuntamenti drammatici. Dovrà essere ascoltata Cosima, per il suo interrogatorio di garanzia, e soprattutto si avvicina il momento del nuovo interrogatorio di Michele Misseri, lo schiavo di casa, quello che dormiva sulla sdraio per non disturbare Cosima, che mangiava gli avanzi, che lavava puntuale i piatti ogni sera, l’omino smunto che però è riuscito a tenerle tutte in scacco le tigri di casa. Che si è accusato e poi ha accusato, dosando verità e mezze verità, dando puntualmente l’impressione di essere impegnato in una sorta di rivelazione progressiva di quel che accadde tra le mura di quella casa.
E’ un’inchiesta che clamorosamente si riapre, ma in un senso del tutto inverso alle aspettative di Cosima, proprio lei che aveva costretto il povero Michele a cambiare avvocato, proprio lei che per avvocato di Sabrina s’è scelto Franco Coppi, che è riuscita in questi mesi a costruirsi una sua discreta ma efficace lobby mediatica, della serie «siamo grasse, per questo ci odiano».
Adesso la Procura di Taranto sembra davvero vicina alla quadratura del suo cerchio: fu un cupo delitto di famiglia, fu un’esecuzione decisa quasi a tavolino, volevano – e la ebbero – la vita di Sarah. E’ di questo consesso dell’orrore che bisogna ancora stabilire i ruoli: chi la uccise, chi la trasporto laggiù, chi seminò di falsi sospetti le indagini, chi tentò di coprire tutto con una nuvola di bugie. Non è facile, non sarà facile neppure stavolta.