Saviano insiste: la mafia scommette sul Nord e sul federalismo. Feltri lancia una raccolta firme
L’arresto di Antonio Iovine è una vittoria, ma lo sarà davvero se non si lascerà che altri lo sostituiscano e se lo Stato terrà alta la guardia soprattutto al Nord, dove la mafia è diventata fortissima. Roberto Saviano è tornato in prima pagina oggi su Repubblica per festeggiare l’arresto del capo della camorra latitante ad 15 anni, ma anche per rilanciare il suo «Sos-Nord», rinfocolando la polemica con il ministro dell’Interno Roberto Maroni su cui, invece, il cda della Rai, con rammarico del presidente Paolo Garimberti, non ha preso posizione.
Intanto Maroni giovedì non ha risposto alle domande dei giornalisti su una sua eventuale querela a Saviano. «Le polemiche non m’interessano – ha detto il ministro dell’Interno – quelle possono interessare voi».
«Quello lanciato dalla Dia sul condizionamento della politica sull’economia da parte delle organizzazioni criminali in Lombardia – afferma Saviano sul rapporto della Dia trasmesso ieri al Parlamento – dovrebbe essere un allarme prioritario per tutto il Paese. A Sud si nascondono in tuguri e case di campagna da cui cercare di scappare dalle finestre. Al Nord costruiscono palazzi come nel centro di Milano, in via Santa Lucia».
Saviano torna a polemizzare sostiene che «le inchieste mostrano come in tutte le Regioni si stia manifestando un fenomeno molto più inquietante, quello sì che dovrebbe indignare il ministro dell’Interno: le mafie scommettono sul federalismo». Le mafie – è la tesi di Saviano – puntano a divorare le risorse ed è molto più facile farlo nelle capitali regionali che non a Roma: possono fare pesare il loro controllo del territorio, la loro violenza, i loro voti e i loro soldi. il federalismo potrebbe finire con l’essere un regalo e far diventare Campania, Calabria e Sicilia davvero ‘cose nostre’, un nome che non è stato scelto a caso.
L’infiltrazione della criminalità organizzata nelle regioni del Nord è una realtà purtroppo evidente. Lo ha dichiarato in una conferenza stampa, lo stesso ministro dell’Interno. Senza citare Saviano, Maroni ha definito «comico e un errore in buona fede» citare la relazione della Dia per metterla in contrapposizione con le tesi del ministro dell’Interno. La relazione della Dia è stata infatta firmata da Maroni che l’ha poi inviata al Parlamento il 9 novembre, come fa tutti gli anni.
«Quelle di Saviano più che rivelazioni e riflessioni ci sembrano fanfaronate», polemizza Vittorio Feltri sul Giornale che oggi in prima pagina e prima di dare tutte le altre notizie, ha avviato una nuova campagna di raccolta firme contro Saviano, accusato di dare del «mafioso al Nord».
Stando a Saviano, prosegue Feltri, la profezia di Sciascia (Milano sarà sicilianizzata) sembra «avverata. Ma il ministro Maroni non ci crede e nel suo piccolo s’incazza: come, questo governo quanto nessun altro prima, si è distinto nelle botte alla mafia» e «un giovanotto campano letterariamente fortunato salta su a dire che la Lega fa affari con la cupola? Ma ci faccia il piacere…». Visti gli ascolti di Vieni via con mè, «la mafia evidentemente tira, non solo di coca» ed è «un argomento che oltre a far girare le rotative della Mondadori, nella presente circostanza fa girare anche le balle a quelli del Nord, leghisti in particolare, accusati di ospitare in Padania il fior fiore delle cosche».
Sulle inflitrazioni mafiose al Nord nessuna sorpresa anche per il procuratore antimafia di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, intervenuto a «24 Mattino» su Radio 24. «Da più di venti anni – ha detto Gratteri – dico che la ‘ndrangheta è più che presente in Lombardia e in Piemonte. In Piemonte addirittura ci sono prove processuali al riguardo dalla metà degli anni Settanta».
«Al nord la mafia c’è e si comporta esattamente come si comporta in Calabria. Non dobbiamo misurare il successo o l’insuccesso contro la mafia col numero degli arrestati. Noi misuriamo il grado di vivibilità della società: noi dobbiamo capire se una famiglia può costruirsi una casa senza che il mafioso del paese o della periferia della città importante non gli imponga chi deve fare le fondamenta, chi deve costruire il bagno e chi gli infissi. Da qui si misura la presenza della mafia».
Anche Pierluigi Maria Dell’Osso, procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia, si meraviglia per lo stupore suscitato dalla denuncia di Saviano sulla presenza della ‘ndrangheta nel Nord Italia. «’Ndrangheta, mafia e sacra corona unita ci sono fin dagli anni Cinquanta», ha detto Dell’Osso, in un’intervista a KlausCondicio. «I mafiosi arrivarono a Milano insieme alle migliaia di perone oneste del sud che emigravano al nord. L’Italia non è mai stata divisa a metà, con una parte virtuosa e l’altra delinquente. E neanche si può dire che la giustizia è stata ferma visto che migliaia di ‘ndranghetisti e mafiosi sono stati processati e condannati negli ultimi quaranta anni».
E le polemiche innescate dal monologo televisivo di Saviano? «Ben venga ‘Vieni vi con mè, più si parla di ndrangheta meglio è, le parole germogliano. Ma non sempre le polemiche sono funzionali alla lotta alla mafia. Le polemiche talvolta vengono alimentate perchè devono rispondere a varie esigenze. Le polemiche sono utili quando spiegano e fanno capire. Anche perchè abbiamo a che fare con un nemico molto serio e molto risoluto e non ci possiamo perdere in bizantinismi».
Una cosa è certa secondo il magistrato: «La ‘ndrangheta non ha interlocutori politici privilegiati. Il suo interesse è attorcigliarsi e infiltrarsi nelle istituzioni. E nelle istituzioni ci sono partiti di tutti i colori. Il grande problema è l’infiltrazione delle organizzazioni criminali e dei cartelli nelle istituzioni. La ‘ndrangheta non ha tessere di partito».
La diatriba Saviano-Maroni è stata oggetto nel frattempo di una lunga e contrastata riunione del cda della Rai che si è conclusa senza una presa una posizione, con disappunto del presidente Paolo Garimberti che riteneva invece opportuno, «nell’interesse del servizio pubblico», dare al ministro la possibilità di esprimere il suo punto di vista. «Mi rammarico profondamente – ha detto Garimberti – che in cda non si sia trovata una linea comune e di buon senso su questa vicenda e si siano invocate leggi e diritti che, applicati alla lettera, avrebbero alla fine portato a una soluzione diversa da quella desiderata dallo stesso ministro Maroni».
Garimberti ha fatto sapere che saranno il direttore generale Mauro Masi e il direttore di Raitre, Paolo Ruffini, a concordare in che modo garantire al titolare del Viminale il diritto di replica all’interno del programma «Vieni via con me». Un diritto riconosciuto a Maroni anche da Sergio Zavoli, presidente della commissione di vigilanza che per domani ha convocato Garimberti e l’intero cda convocati a palazzo San Macuto.