Scavalca balcone e cade: rispondono albergatore, scuola e docente
Se l’alunno volontariamente scavalca un balcone precipitando dalla terrazza di un albergo, in occasione di una gita scolastica, ne rispondono l’albergatore, l’istituto scolastico ed il docente.
E’ quanto ha stabilito la Terza Sezione civile della Corte di Cassazione, con la sentenza 8 febbraio 2012, n. 1769.
La vicenda vedeva una ragazzina di 16 anni, dopo aver fumato uno spinello con i suoi compagni in gita scolastica, scavalcare il parapetto di un balcone di un albergo, per fare una passeggiata notturna sulla terrazza scarsamente illuminata. L’alunna cadeva dalla terrazza medesima, riportando gravissime ferite con conseguente invalidità totale. Mentre i giudici territoriali negavano alcuna responsabilità in capo all’albergatore, all’istituto scolastico ed all’insegnante che accompagnava i ragazzi in gita, la Suprema Corte ha riaperto la questione.
In merito alla presunta responsabilità dell’albergatore, bisogna ricordare come, secondo giurisprudenza consolidata, per la responsabilità da cosa in custodia, sia sufficiente un nesso causale tra l’evento e la cosa stessa. In particolare, la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall’art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, essendo sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi la condotta del custode e l’osservanza, o meno, di un obbligo di vigilanza; la nozione di custodia non presuppone né implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario, essendo la funzione della norma quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d’uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta.
Tale tipologia di responsabilità è esclusa solamente dal caso fortuito (da intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto dello stesso danneggiato), fattore che attiene non già ad un comportamento del custode (che è irrilevante), ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità. Colui che agisce per il riconoscimento del danno ha, quindi, l’onere di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentre il custode, per liberarsi della sua responsabilità, deve provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale.
Secondo il giudice nomofilattico “con riferimento a cose intrinsecamente pericolose anche in rapporto alla possibilità di condotte potenzialmente auto lesive del loro fruitori, si è stabilita la necessità di valutare l’incidenza causale sugli eventi lesivi dell’omessa apposizione si segnalazioni idonee da parte del gestore della stessa conformazione della cosa e della consapevolezza, in rapporto alle circostanze del caso ed alle personali condizioni del danneggiato, per valutare la misura dell’eventuale concorrenza della condotta colposa della vittima, della pericolosità della cosa“.
Nella fattispecie, ciò che rileva è la facile accessibilità dalla camera della vittima al solaio e non il fatto che l’accesso sia dovuto ad una condotta volontaria della vittima, che non aveva motivo di rappresentarsi l’insidiosità del solaio derivante dalla particolare conformazione e dalla carenza di segnalazioni e di illuminazione. In altre parole, non è possibilità qualificare come abnorme, o del tutto eccezionale la condotta di scavalcamento di una protezione di non particolare insuperabilità verso un’ampia superficie piana contigua, priva della doverosa segnalazione.
In relazione alla responsabilità civile dei maestri e dei precettori, per superare la presunzione di responsabilità che, ai sensi dellart. 2048 c.c., grava sull’insegnante per il fatto illecito dell’allievo, non è sufficiente per insegnante la sola dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo dopo l’inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno, essendo necessario anche dimostrare di avere adottato tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi di detta serie causale.
Nel caso di danno cagionato dell’alunno a sé medesimo, la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante non ha natura extracontrattuale, bensì contrattuale, atteso che – quanto all’istituto scolastico- l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso.
Tra l’insegnante e l’allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico nell’ambito del quale l’insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l’allievo si procuri da solo un danno alla persona; “pertanto, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti dell’istituto scolastico e dell’insegnate, è applicabile il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 cod. civ., sicché, mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante“.
D’altronde, come evidenziato dai giudici, è sempre presente il rischio che i minori, lasciati in balia di se stessi, possano compiere atti incontrollati e potenzialmente auto lesivi; all’istituzione scolastica è, quindi, imposto un obbligo di diligenza preventivo, consistente, in caso di gita scolastica, nella scelta di vettori e di strutture alberghiere che non presentino né al momento della loro scelta, né al momento della loro concreta fruizione, rischi o pericoli per l’incolumità degli alunni.