Se il concorso interno non è trasparente, il datore deve risarcire la "perdita di chance"
Concorsi interni: la graduatoria per la promozione
è annullata, perché non trasparente, e la perdita di chance del
dipendente escluso va risarcita in base alle probabilità di risultare
vincitore: il giudice, dunque, non può esimersi dal valutare i titoli
del candidato. Lo precisa la sentenza 5119/10 della Cassazione.
Il caso
E’ stata bocciata, contro le
conclusioni del pm, la sentenza che per il bancario che aspirava al
posto di funzionario disponeva il risarcimento in base a un mero
criterio matematico: il rapporto percentuale fra i posti messi a
concorso e la posizione occupata nella graduatoria (annullata) dal
dipendente pretermesso. Il motivo? Il giudice non può sostituirsi al
datore, che ha discrezionalità nella selezione. Verissimo, ma il potere
del datore è limitato dalla necessità di motivare le valutazioni. E il
giudice ha un solo modo di risarcire la perdita di chance in base alla
probabilità di risultare vincitore che il lavoratore avrebbe avuto se
l’azienda non fosse venuta meno all’obbligo di correttezza: bisogna
confrontare il curriculum dell’escluso a quello dei selezionati.
Altrimenti il risultato sarebbe parificare tutti i candidati al di là
dei titoli. Attenzione, però: il lavoratore deve dimostrare, sia pure
in via presuntiva, la concreta possibilità di essere selezionato e
dunque l’esistenza del nesso causale fra l’inadempimento del datore e
il danno subito. In che modo? È tenuto ad allegare elementi di fatto
che possano fare ritenere che se la procedura di selezione si fosse
svolta in modo corretto le sue probabilità di vittoria sarebbero state
concrete e non ipotetiche. Ora la parola passa al giudice del rinvio.