Se la Voce parla volano i milioni
Nuova denuncia per diffamazione contro il mensile La Voce della Campania. A chiedere il maxirisarcimento danni (due milioni di euro) è la GestLine, colosso della riscossione tributi, del gruppo bancario San Paolo. Sotto accusa, una serie di inchieste condotte dal giornale, che adesso rischia la chiusuraDue milioni di euro. Ancora una richiesta di maxirisarcimento danni contro il mensile napoletano La Voce della Campania, da sempre nel mirino dei “poteri forti” per le sue inchieste su imprese, politici, camorra e massoneria condotte da più di 20 anni sul territorio regionale.Questa volta a battere cassa è nientemento che la Gest Line, la potente corazzata economica del gruppo bancario San Paolo, titolare della concessione per la riscossione dei tributi a Napoli e in altre città italiane.A finire nel mirino sono ovviamente il direttore e il condirettore, Andrea Cinquegrani e Rita Pennarola, e il giornalista Antonio Menna. Sotto accusa una serie di inchieste pubblicate dal mensile nel periodo dicembre 2005 – maggio 2006, in seguito soprattutto alle numerose e violente polemiche che si sono accese – a Napoli ed in altre città italiane dove la Gest Line è concessionaria – per la straordinaria quantità di contenziosi, di proteste popolari, di errori e di problemi creati dal servizio di riscossione dei tributi.Dalle cartelle esattoriali “impazzite” e sbagliate, a procedure di ipoteche e pignoramenti a pioggia su presunti evasori, a spietate e costose procedure di immobilizzo di beni, talvolta nate da evasioni fiscali non correttamente verificate.Insomma, una quantità di atti contestati da più parti (comitati popolari, gruppi di cittadini, associazioni, parlamentari), e di sentenze della magistratura che condannano la società: da qui è partita la decisione della Voce di andare a scavare, giornalisticamente, dietro il colosso Gest Line e di puntare l’attenzione su questa impresa.Ne sono uscite alcune inchieste. La prima, pubblicata a dicembre scorso, aveva documentato la lunga sequela di lamentele degli utenti e dei comitati di protesta, presentando nel dettaglio gli assetti societari e gli intrecci finanziari dell’impresa e segnalando, in un box, l’infiltrazione della camorra in alcune aste per l’acquisto di case pignorate.La seconda inchiesta, pubblicata a febbraio 2006, ricostruiva alcuni movimenti finanziari del colosso napoletano e continuava a dar conto delle proteste degli utenti per errori e procedure aggressive dell’esattore. Infine, a maggio scorso, un articolo sui nuovi contenziosi aperti in tribunale dal personale Gest Line in esubero.«La montagna di documenti fatta pervenire alla Voce da contribuenti e studi legali alle prese con il contenzioso Gest Line – dice Andrea Cinquegrani – è stata attentamente esaminata, verificata e supportata con ulteriori accertamenti e testimonianze, dopo di che abbiamo fornito un resoconto dettagliato della situazione, a Napoli come in altre città, inserendo passaggi da recenti interrogazioni parlamentari sulla società esattoriale partenopea».Una Voce nel deserto: dopo l’ondata di articoli riportati negli anni scorsi, i principali organi d’informazione partenopei si occupano della Gest Line soprattutto per pubblicare – ogni settimana – pagine a pagamento contenenti avvisi d’asta degli immobili pignorati ai contribuenti, o istruzioni per liste d’attesa e pagamenti.A luglio la prima “avvisaglia”: un legale della Gest Line fa sapere alla Voce che in cambio di un «risarcimento anche simbolico» potrebbe forse riuscire ad evitare l’arrivo di una citazione «da alcuni milioni di euro».I giornalisti, con le loro montagne di documenti, non ritengono di aver diffamato la società. A settembre la cannonata: due milioni di euro come danno morale e materiale. Ma senza smentire nulla di quanto contenuto negli articoli.Insomma, una sorta di lesa maestà (valutata in un milione di euro), cui gli avvocati della Gest Line sommano addirittura l’aumento della morosità fra i contribuenti, che attribuiscono non alle centinaia di sentenze giudiziarie emesse a carico della società, ma alle inchieste del mensile (un altro milione di euro).Non è la prima volta che i super-potenti chiedono miliardi al giornale. Negli anni pre-tangentopoli ci avevano provato alcuni fra i più grossi inquisiti, da ‘O ministro Pomicino a Sua Sanità De Lorenzo. Tutti in fila a chiedere risarcimenti e condanne. Tutti in fila a sperare che quella voce si zittisse. Oggi la nuova aggressione.«Stavolta non passano nemmeno per la solita accusa di aver scritto falsità – aggiungono Cinquegrani e Pennarola -. Non ci vengono contestati fatti specifici o errori, ma accostamenti, presunte allusioni. Per giunta, facendoci pervenire una richiesta di “risarcimento preventivo”… Con simili sistemi è evidentemente in gioco quel che resta della democrazia nell’informazione, il coraggio di far sentire la voce della gente e di sfidare, se è necessario, i poteri forti. Per questo chiediamo ai colleghi, alle associazioni, ai partiti politici di starci accanto. A Napoli e fuori di Napoli».