Se le parti sono d’accordo, la "proposta d’acquisto" è un preliminare e la caparra versata va incamerata
Ciò che conta è l’incontro delle volontà delle
parti ai fini del preliminare di compravendita dell’immobile. Categoria
nella quale rientra anche la «proposta d’affari»: se l’aspirante
acquirente non si presenta al rogito, il venditore, che non è
dichiarato inadempiente, ha diritto a incamerare la caparra
confirmatoria anche se non propone una domanda ad hoc. È quanto emerge
dalla sentenza 25780/09 della Cassazione.
Il caso
La Suprema corte, contro le
conclusioni del pm, decide nel merito e rigetta la domanda introduttiva
dell’aspirante acquirente che aveva sottoscritto una proposta
d’acquisto accettata dal proprietario dell’immobile. Sbaglia la corte
di merito che ritiene infondate le domande dell’aspirante acquirente ma
poi condanna il proprietario a restituire i 5.100 euro incassati,
affermando che la somma trasferita a suo tempo fosse priva della causa
attributiva. Non c’è dubbio che la scrittura intervenuta tra le parti
sia un vero preliminare di compravendita: l’accettazione della proposta
contrattuale da parte del proprietario dell’immobile rivela l’incontro
delle volontà delle parti. E la somma trasferita è versata a titolo di
caparra confirmatoria e acconto-prezzo. Il proprietario, che non
risulta inadempiente, può dunque trattenere la caparra sulla sola base
dell’articolo 1385 del codice civile. Per il giudice d’appello
l’intempestiva domanda di ritenzione della caparra privava
dell’originaria giustificazione la somma incassata dal proprietario: di
qui l’obbligo di restituzione. Ma la carenza di causa della dazione di
denaro – spiegano gli “ermellini” – sarebbe sopravvenuta solo se fosse
venuta meno l’obbligazione corrispondente.