Semaforo spento, non rispetta lo stop: per salvarsi dal concorso di colpa non serve appellarsi all’esperienza privata del giudice
Il semaforo è spento e l’automobilista si scorge un
po’ oltre il segnale di stop per vedere se sopraggiungono delle auto.
Nel frattempo dall’incrocio sbuca una vettura che a causa
dell’eccessiva velocità non riesce a evitare l’impatto con l’altro
veicolo e finisce per sbattere contro il semaforo abbattendo anche il
muro di cinta. Sul posto arrivano i carabinieri che multano chi non ha
rispettato il segnale di arresto. Ma al trasgressore per salvarsi dal
concorso di colpa non serve appellarsi alla scienza privata del
giudice. Perché è inammissibile. È quanto emerge dalla sentenza 1696/10
della Cassazione.
Il caso
E stato respinto il ricorso
dell’uomo che si era visto attribuire dal Giudice di pace la maggior
parte della responsabilità dell’incidente (il 75 per cento). Concorso
di colpa al 25 per cento, invece, per la donna che non era riuscita a
evitare lo scontro. Chi conosce i luoghi – è questa la tesi della
difesa – sa benissimo che rimanendo fermi al semaforo dell’incrocio
dove si è verificato il sinistro, non si possono assolutamente vedere i
veicoli che sopraggiungono. Questa frase, però – osservano “gli
ermellini” – è giuridicamente errata: il ricorso alle nozioni di comune
esperienza (fatto notorio), comportando una deroga al principio
dispositivo e al contraddittorio, poiché introduce nel processo civile
prove non fornite dalle parti e relative a fatti dalle stesse non
vagliati né controllati, va inteso in senso rigoroso. Quindi va
interpretato come fatto acquisito alle conoscenze della collettività
con tale grado di certezza da apparire indubitabile e incontestabile.
Di conseguenza, non rientrano nella nozione di fatti di comune
esperienza, intesa quale esperienza di un individuo medio in un dato
tempo e in un dato luogo, quegli elementi valutativi che implicano
cognizioni particolari o anche solo la pratica di determinate
situazioni, né quelle nozioni che fanno parte della scienza privata del
giudice. Quest’ultima, infatti, poiché non è universale non rientra
nella categoria del notorio. In tema di assicurazione obbligatoria per
la responsabilità civile, nella speciale procedura per il risarcimento
del danno il danneggiato ha la facoltà, in ragione del suo diritto di
difesa, costituzionalmente garantito, di farsi assistere da un legale
di fiducia e, in ipotesi di composizione bonaria della vertenza, di
farsi riconoscere il rimborso delle relative spese processuali. Quando,
al contrario, la pretesa risarcitoria sfocia in un giudizio nel quale
il richiedente sia vittorioso, le spese legali sostenute nella fase
precedente all’instaurazione del giudizio divengono una componente del
danno da liquidare e, come tali, devono essere chieste e liquidate
sotto forma di spese vive o giudiziali.