Sentenza N. 2978/05 del Giudide di Pace di Lecce
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL GIUDICE DI PACE DI LECCE, Avv. _____________, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al numero del ruolo generale indicato a margine, avente l’oggetto pure a margine indicato, discussa e passata in decisione all’udienza del 8.07.2005, promossa da ________________, rappresentato e difeso dagli avv. ________ e _______ (attore) contro BANCA CENTRALE EUROPEA – BANCA CENTRALE D’ITALIA s.p.a. rappresentata e difesa dagli avv. ____, _____, _________ (convenuta)
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 12.10.2004, l’attore conveniva in giudizio ” la Banca centrale europea, e, per essa, la locale articolazione individuata nella Banca Centrale d’Italia s.p.a.” chiedendo di accertare incidenter tantum e dichiarare che la proprietà della moneta è della collettività nazionale europea, mentre la Banca Centrale ha unicamente il compito di provvedere alla stampa. In conseguenza di ciò, dichiarare che l’intera Massa Monetaria in circolazione è di proprietà dei componenti dell’Unione Europea, e che, per l’effetto, il Debito Pubblico non esiste, dovendosi, al contrario, ritenerlo Credito Pubblico. In conseguenza di ciò condannare l’Istituto di emissione al pagamento della somma, forfettariamente indicata, di €. 1.100,00 con espressa rinuncia al sovrappiù. Condannare altresì il convenuto al pagamento delle spese, diritti e onorari di causa.
La Banca d’Italia, si costituiva in giudizio all’udienza del 26 novembre 2004, chiedendo il rigetto di tutte le domande ex adverso proposte siccome improponibili ed inammissibili e comunque infondate, nonché spiegando domanda riconvenzionale per la condanna di controparte al risarcimento dei danni per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c.. In particolare la convenuta eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, l’assoluta carenza di azione, di interesse di agire e di legittimazione attiva in capo a parte attrice e l’infondatezza nel merito delle richieste avversarie.
All’udienza del 17 dicembre 2004, veniva respinta l’eccezione di difetto di legittimazione passiva formulata dalla Banca d’Italia ed ammessa la C.T .U. richiesta dall’attore.
All’udienza dell’s luglio 2005 le parti presentavano le proprie controdeduzioni tecniche alla CTU, precisavano le conclusioni riportandosi ai rispettivi scritti difensivi, quindi la causa veniva trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione
Si premette che la causa, dato il suo valore sino ad € 1.100,00, viene decisa ex art.113, 2° comma c.p.c. secondo equità ed in osservanza delle norme e dei principi informatori delta materia.
La domanda è fondata, pertanto va accolta per quanto di ragione.
L’eccezione di difetto di legittimazione passiva, sollevata dalla convenuta e infondata anche alla luce delle conclusioni del CTU dott. ______________ il quale individua nella Banca d’Italia il soggetto che trae gli utili dal reddito di signoraggio,come risulta dal bilancio della stessa Banca. Peraltro l’atto introduttivo risulta esser stato ritualmente notificato alla Banca centrale europea e, per essa, alla locale articolazione individuata nella Banca Centrale d’Italia S.p.A.
La domanda riconvenzionale formulata dalla convenuta ex art.96 c.p.c. non può, certamente essere accolta, oltre che per la fondatezza della domanda attrice che pertanto escluderebbe l’accoglimento del punto relativo alla condanna per temerarietà, anche per la pacifica circostanza che la formulata domanda ex art. 96 c.p.c. non può essere che equiparata all’accessorietà delle spese processuali che giammai possono essere tenute in conto nella determinazione del valore della causa anche per la impossibile unilaterale determinazione da parse del richiedente.
L’elaborato peritale ha anche chiarito l’esistenza dell’interesse ad agire e la legittimazione attiva dell’attore, avendone determinato l’esatto diritto al risarcimento del danno derivante dalla sottrazione del reddito di signoraggio. Al C.T.U. veniva formulato il quesito di accertare di chi fosse la proprietà della moneta ed, in particolare se questa fosse della collettività nazionale o di altro ente, accertando il danno medio derivante dal cosiddetto debito di signoraggio.
Questo giudizio si fonda, dunque, sulla C.T.U. che risulta essere ben motivata e scevra di alcun vizio e/o difetto logico a/o di motivazione. La relazione tecnica descrive, in breve la storia della Banca d’Italia, gli aspetti istituzionali, le funzioni, i criteri operativi ed i fini istituzionali.
Questi fini di natura pubblica la Banca d’Italia assolve in piena autonomia e indipendenza, ritraendone gli utili e i frutti, che divide tra i “partecipanti” come una società per azioni.
Lo Statuto del Sistema Europeo di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea definisce reddito monetario (art.32) il reddito ottenuto dalle banche centrali nazionali nell’esercizio funzioni di politica monetaria del Sebc. Lo Statuto fissa anche le regole per la determinazione del reddito monetario e per la sua distribuzione tra le banche centrali dei paesi partecipanti all’euro. Prima di esaminarle, il perito ha ritenuto opportuno chiarire il concetto di reddito monetario.
Quando la circolazione era costituita soprattutto da monete in metalli preziosi (ore e argento), ogni cittadino poteva chiedere al suo sovrano di coniargli monete con i lingotti d’oro e argento che egli portava alla zecca. Il sovrano, ponendo la sua effigie sulla moneta, ne garantiva il valore, dato dalla quantità a dalla purezza del metallo in essa contenuto. In cambio di questa garanzia, tuttavia, tratteneva per sè una certa quantità di metallo: l’esercizio di questo potere sovrano venne chiamato signoraggio. Introdotta la circolazione della moneta cartacea, slegata dall’oro (soppressione delle c.d. riserve auree), sono mutate le modalità di formazione del signoraggio, ma non la sua natura, che resta quella di un introito dello State connesso con l’emissione di moneta.
Il CTU ha determinato il reddito monetario, come la differenza tra gli interessi percepiti sulle attività e il costo, modesto, di produzione delle banconote, chiarendo che costituisce il moderno reddito di signoraggio, o reddito monetario, proprio lo scarto tra il primo ed il secondo importo. La domanda dell’attore è altresì fondata sulla violazione del disposto dell’art. 3, 3° comma dello statuto della Banca d’Italia, infatti prevede che le quote di partecipazione possono essere cedute, previo consenso del Consiglio Superiore, solamente da uno all’altro ente compreso nelle categorie indicate nel comma precedente. In ogni case dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della banca da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di veto sia posseduta da enti pubblici.
Risulta, invece, che solo il 5% e posseduto dall’INPS (Ente Pubblico ), il restante 95% appartiene a privati, Gruppo Intesa, Gruppo San Paolo IMI, Gruppo Assicurazioni Generali, BNL, ecc..
Il C.T.U., nella sua relazione, ha chiarito che il reddito dell’istituto, causato dall’attività e dalla circolazione di moneta posta in essere dalla collettività nazionale, dovrebbe vedere lo State quale principale beneficiario e non gruppi di privati.
II C.T.U. conclude che, per il periodo preso in esame 1996-2003, la sottrazione del reddito di signoraggio in danno alla collettività (quota attribuita a soggetti privati dalla Banca d’Italia) può determinarsi alla luce dei suddetti criteri e dei prospetti analitici di calcolo riportati nelle relazione peritale, in complessivi € 87,00 corrispondenti ad un danno medio rilevato per cittadino residente alla data del 31.12.2003.
La somma complessiva che spetta, quindi, all’attore per il titolo dedotto in giudizio ex art. 2033 e 2041 C .C. è di € 87,00.
P.Q.M.
Il Giudice di Pace di Lecce, avv. ____________, definitivamente pronunciando cosi provvede:
a) Accoglie la domanda per i suddetti motivi e condanna la convenuta, anche in via equitativa, a corrispondere all’attore la somma di € 87,00 a titolo di risarcimento del danno derivante dalla sottrazione del reddito di signoraggio, oltre interessi legali dalla domanda all’effettivo soddisfo;
b) non accoglie la domanda riconvenzionale per le ragioni di cui in motivazione;
c) compensa le spese di giudizio in considerazione della novità della questione trattata;
d) pone le spese di C. T.U. a carico della convenuta soccombente.
Così deciso in Lecce, il 15.09.2005
N. 2978/05 Sentenza
N. 3712/04 R. Gen.
N. 5662/05 R. Cron.
N. 800/05 R. Rep.