Separazione, addebito, causalità, necessità Cassazione civile , sez. I, sentenza 22.05.2009 n° 11922
Separazione – addebito – causalità – necessità [art. 143 c.c.]
La pronuncia di addebito della separazione non può essere basata sulla semplice violazione dei doveri di cui all’art. 143 c.c.,
essendo viceversa necessario accertare l’eventuale esistenza di un
collegamento tra la detta violazione e l’intollerabilità della
prosecuzione della convivenza. Da ciò dunque consegue che pur a fronte
della constata esistenza della violazione degli obblighi in questione
l’addebito della separazione va escluso quando il giudice accerti la
preesistenza di una situazione di irrimediabile contrasto fra le parti
o nella quale emerga il carattere meramente formale della convivenza,
del tutto autonoma dunque rispetto alla successiva violazione e tale
pertanto da rimanere insensibile agli effetti da essa altrimenti
prodotti. (1-6)
(1) In tema di separazione, addebito e necessità di criteri obiettivi, si veda Cassazione civile, sez. I, sentenza 15.05.2009 n° 11291.
(2) In tema di mantenimento dei figli di maggiore età ed onere probatorio, si veda Cassazione civile, sez. I, sentenza 06.04.2009 n° 8227.
(3) In tema di separazione, addebito ed autonomia della domanda, si veda Cassazione civile, sez. I, sentenza 31.05.2008 n° 14639.
(4) In tema di divorzio e mantenimento del figlio minore, si veda Cassazione civile, sez. I, sentenza 03.08.2007 n° 17043.
(5)
Sulle variazione dell’assegno di mantenimento per i figli maggiorenni,
produttivi di reddito autonomo, si veda Cassazione civile, sentenza 22255/2007.
(6) Sulla perdita dell’assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne che abbandona il lavoro, si veda Cassazione civile, sentenza 4102/2007.Tra i contributi della dottrina più recente, si vedano:
– DI STEFANO, L’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne tra esigenze di tutela e pericolo di «parassitismo» sine die, in Famiglia, Persone e Successioni, 2009, 01;
– BATA’-SPIRITO, Divorzio: assegno di mantenimento per i figli, in Famiglia e Diritto, 2009, 2;
– FANTETTI, Obbligo di mantenimento, realizzazione delle aspirazioni e indipendenza economica del figlio maggiorenne, in Famiglia, Persone e Successioni, 2008, 12;
– SEVERI, Obbligo di mantenimento del minore e destinazione dei beni, in Famiglia, Persone e Successioni, 2008, 03.SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
Sentenza 22 maggio 2009, n. 11922
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
svolgimento del processo
con
sentenza del 26.1.2001 il Tribunale di Roma pronunciava la separazione
personale tra i coniugi **** e respingendo le reciproche domande di
addebito, affidando il figlio alla madre – cui veniva anche assegnata
la casa coniugale -, determinando in € 2.000.000 il contributo dovuto
dal padre per il mantenimento del figlio ed in €. 1.000,000 per quello
della moglie.La decisione veniva impugnata in via principale
dalla **** che insisteva per l’addebito della separazione al marito (
il quale fin da prima di abbandonare la famiglia avrebbe tenuto un
comportamento offensivo ed ingiurioso ) e chiedeva inoltre un aumento
dell’assegno di mantenimento nonché, in via incidentale da ****che a
sua volta chiedeva l’addebito della separazione alla moglie che avrebbe
allacciato una relazione extraconiugale con tale **** da cui aveva
avuto una figlia quattordici mesi dopo l’udienza presidenziale )
l’affidamento congiunto del figlio, l’eliminazione dell’obbligo di
mantenimento della moglie.La Corte di Appello accoglieva
l’appello incidentale limitatamente alle modalità di incontro con il
figlio Fabrizio, stabilite nel senso della possibilità di incontrarsi
liberamente senza predeterminazione di vincoli, mentre confermava nel
resto la sentenza di primo grado.In particolare, per quanto riguarda il profilo concernente l’addebito della separazione, la Corte
stabiliva
che questa non fosse imputabile ad alcuna delle due parti, mentre con
riferimento all’ assegno di mantenimento riteneva che dovesse essere
confermato il diritto già riconosciuto alla **** , per mancanza di
prova in ordine all’idonetà del reddito da lei percepito a garantirle
un tenore di vita analogo a quello di cui avrebbe goduto in costanza di
matrimonio. Quanto alla relativa quantificazione, osservava poi che
l’assegno in questione era stato determinato dal primo giudice in
misura apprezzata come equa e congrua.Avverso la decisione
d’appello **** proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi,
cui resisteva **** con controricorso contenente ricorso incidentale,
poi ulteriormente illustrato da memoria.La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 20.4.2009.
Motivi della decisione
Disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c.. si osserva che con il ricorso principale
****
ha rispettivamente lamentato: 1 ) violazione dì legge con riferimento
ai principi in tema di addebito della separazione personale e di
violazione dei doveri derivanti dal matrimonio, nonché vizio di
motivazione sul punto, per il fatto che I ‘abbandono della casa
coniugale costituirebbe di per sé violazione dell’obbligo matrimoniale
in quanto tale, causa di addebito della separazione -, salva la
dimostrazione di giusta causa da parte di chi ha posto in essere
l’abbandono, dimostrazione nella specie non fornita, e comunque la
motivazione adottata al riguardo sarebbe laconica e del tutto
inadeguata.2 ) violazione dei principi dettati in tema di attribuzione e determinazione dell’assegno di
mantenimento, oltre che vizio di motivazione in proposito, in quanto non sarebbero stati indicati
elementi
comprovanti la percezione di un reddito da parte della **** e sarebbe
stato comunque omesso il raffronto fra il tenore di vita dalla stessa
goduto al momento della separazione e quello successivo.Con il
ricorso incidentale a sua volta **** ha sollevato identiche censure sui
medesimi punti oggetto dell’ impugnazione principale, lamentando
rispettivamente1) violazione di legge e vizio di motivazione
per il mancato addebito della separazione alla **** che avrebbe violato
l’obbligo di fedeltà iniziando una relazione extraconiugale, fattore
causale della fine del rapporto coniugale.2) violazione di legge e vizio di motivazione in tema di attribuzione e determinazione dell’assegno di
mantenimento
sotto il duplice aspetto dell’avvenuto accertamento, da parte del
giudice del gravame, dell’autonoma attività lavorativa svolta dalla
**** e della stabilità della relazione con il **** con il quale la
donna avrebbe convissuto more uxorio, circostanze queste che avrebbero
fatto venir meno il diritto alla percezione dell’assegno di
mantenimento, peraltro superato nei fatti dal divorzio nel frattempo
intervenuto.Tutte le doglianze sono infondate.
Quanto al
primo motivo del ricorso principale, occorre innanzitutto osservare
che, come questa Corte ha reiteratamente affermato ( C. 09/2707, C.
07/25619, 0. 06/13592, 0. 06/0512, 0. 06/1202, C 00/10602, 0. 97/5762,
la pronuncia di addebito della separazione non può essere basata sulla
semplice violazione dei doveri di cui all’art. 143 c.c., essendo
viceversa necessario accertare l’eventuale esistenza di un collegamento
tra la detta violazione e l’intollerabilità della prosecuzione della
convivenza. Da ciò dunque consegue che pur a fronte della constata
esistenza della violazione degli obblighi in questione l’addebito della
separazione va escluso quando il giudice accerti la preesistenza di una
situazione di irrimediabile contrasto fra le parti o nella quale emerga
il carattere meramente formale della convivenza, del tutto autonoma
dunque rispetto alla successiva violazione e tale pertanto da rimanere
insensibile agli effetti da essa altrimenti prodotti.Orbene,
ciò premesso, occorre considerare che la Corte territoriale, con
accertamento in fatto e valutazione di merito non sindacabile in questa
sede, ha affermato l’inesistenza di elementi dai quali poter desumere
che l’allontanamento dalla casa coniugale possa essere stato
determinato da ragioni contrarie agli obblighi inerenti al matrimonio (
p. 3 1 ed ha conseguentemente interpretato il detto distacco come
conseguenza del venir meno dell’ ” affectio coniugalis, piuttosto che
come causa del fallimento del matrimonio, valorizzando in particolare
sotto tale aspetto i comportamenti dei suoceri della ricorrente, che
avrebbero indubbiamente messo in difficoltà l’armonia della coppia.L’interpretazione
da parte della Corte di Appello della fattispecie sottoposta al suo
esame, incentrata sulla constatata inesistenza di dati dai quali poter
desumere il nesso di causalità tra la violazione in questione e la
frattura del rapporto coniugale, non contrasta dunque con i principi in
tema di addebito della separazione personale quali affermati dalla
giurisprudenza di questa Corte, mentre la motivazione adottata, pur
estremamente succinta, non appare viziata sul piano logico, atteso il
richiamo alle precedenti disarmonie familiari (segnatamente rapporto
con i suoceri ) e all’affermata constatata mancanza di elementi dai
quali poter desumere un nesso di causalità fra la violazione
dell’obbligo della coabitazione ed il venir meno dei presupposti per la
prosecuzione della convivenza, circostanza questa che rende
insindacabile la detta valutazione di merito in questa sede di
legittimità.Passando poi al secondo motivo va evidenziato che
la Corte di Appello di Roma, dopo aver puntualmente precisato che il
diritto all’assegno di mantenimento ex art. 156 c.c. sorge in favore
del coniuge cui non sia addebitabile la separazione quando i redditi
percepiti non gli consentono di mantenere un tenore di vita analogo a
quello goduto durante il matrimonio e sussiste disparità economica fra
i due coniugi, ha poi ritenuto che fossero stati acquisiti sufficienti
elementi per ricostruire plausibilmente le rispettive potenzialità
economiche dei coniugi e che da essi potesse desumersi uno squilibrio
dei due redditi in favore del **** ( appartenente a famiglia facoltosa
e con ottima posizione in RAI ma che tuttavia anche l’attività di
decorazione floreale svolta in collaborazione con il ****avesse una
valenza economica significativa, tenuto pure conto delle possibilità di
espansione esistenti, valenza tale da far giudicare equo e congruo
l’ammontare stabiIito dal Tribunale.La decisione sul punto,
espressione di valutazione di merito sufficientemente motivata, risulta
dunque correttamente ancorata ai parametri normativi ed alla
giurisprudenza di questa Corte e non è contrastata dal richiamo del
tutto generico ( e pertanto viziato sul piano dell’autosufficienza ) a
documentazione asseritamente comprovante fatti sintomatici della
particolare consistenza del reddito del ****oltre che dell’ incremento
reddituale di cui questi avrebbe beneficiato circostanze che sono poste
a base di una difforme interpretazione delle risultanze probatorie e
che fra l’altro non sarebbero comunque rilevabili nel giudizio di
legittimità potendo al più integrare eventualmente e se del caso, un
vizio revocatorio.Analoghe conclusioni valgono poi con riferimento al ricorso incidentale.
Sul
primo motivo, richiamato quanto sopra esposto nell’ esame del ricorso
principale a proposito dei presupposti necessari ai fini
dell’addebitabilità ad un coniuge dell’ intervenuta separazione
giudiziale, va considerato che la Corte di Appello ha al riguardo
accertato che i rapporti tra la **** ed il **** sono iniziati alcuni
mesi dopo l’abbandono della casa coniugale da parte del ****per cui,
essendo stata dedotta la responsabilità della moglie sotto il profilo
della consumazione dell’ adulterio, non è configurabile la prospettata
censura di violazione di legge, così come d’altro canto deve dirsi per
il vizio di motivazione, atteso che il giudizio di merito della Corte
territoriale è motivato sulla base della deposizione dei testi escussi.Sul
secondo motivo va infine precisato che la corte di Appello ha ritenuto
non provata la dedotta convivenza more uxorio della **** con il
****sicché viene automaticamente meno il primo profilo della censura
dedotta al riguardo, consistente per l’appunto nell’aserita inesistenza
del diritto all’assegno di mantenimento per effetto della intervenuta
convivenza affettiva con altro soggetto.Sulla relativa
quantificazione si richiamano infine le considerazioni svolte a
proposito del secondo motivo del ricorso principale, ferma tuttavia
restando l’efficacia limitata nel tempo dell’obbligo di pagamento
dell’assegno di mantenimento ex art. 156 cpc. tenuto conto che, come
riferito dal ricorrente incidentale, il Tribunale di Roma si è
pronunciato sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio
celebrato dalle parti, ed è quindi cessato l’obbligo di mantenimento
che perdura finché sussiste il vincolo coniugale, e con esso il dovere
di erogazione dell’assegno in questione a far tempo dal passaggio in
giudicato della detta pronuncia ( C 09/813, C 08/25990).Conclusivamente
entrambi i ricorsi devono dunque essere rigettati, con compensazione
delle spese del presente giudizio, attesa la soccombenza reciproca
delle parti.P.Q.M.
Riunisce i ricorsi li rigetta entrambi e compensa le spese processuali del presente giudizio.