SEPARAZIONE CONIUGALE – VALIDI GLI ACCORDI SOTTOSCRITTI ANCHE SE IN FORMA PRIVATA
A gennaio del 2002 i coniugi S.A. e G.S., avevano sottoscritto una transazione mentre era ancora in corso il giudizio d’appello della separazione, pronunciata nel 1999 dal tribunale di Ancona, che aveva provveduto anche per le attribuzioni patrimoniali richieste dalle parti. Tale decisione era successivamente stata impugnata, ma i coniugi, per porre fine alla controversia, nel frattempo avevano messo a punto un dettagliato piano di assegnazioni di beni, così abbandonando il giudizio di appello.
Ma non finisce qui, perché nel 2005 l’ex moglie chiama il coniuge in giudizio per far dichiarare la risoluzione dell’accordo transattivo, adducendone il mancato adempimento da parte dell’uomo. Un anno dopo il Tribunale di Ancona accoglie le richieste della donna, dichiarando risolto il contratto per inadempimento.
Non così la Corte d’Appello: arriviamo infatti al 2012, quando la povera S. è ormai deceduta e gli eredi si vedono respingere come inammissibile la richiesta di nullità dell’accordo transattivo.
La parola fine l’hanno posta i giudici della Suprema Corte che, con provvedimento numero 24621/15 del 3 dicembre 2015, accolgono le richieste degli eredi. In sostanza – è il senso di questa importante pronuncia – i coniugi che vogliono separarsi possono
mettere nero su bianco le condizioni di un accordo con cui regolamentare la
spartizione dei beni. E tale accordo, anche se non omologato dal giudice della
separazione, sarà ugualmente valido e vincolerà le parti al pari di un contratto valido a tutti gli effetti, sempre che intervenga solo su questioni di natura patrimoniale e non su diritti
indisponibili, come ad esempio l’affidamento del figlio minore.