Separazione dei coniugi e presunzione semplice di comproprietà sui beni mobili Cassazione civile , sez. II, sentenza 15.02.2010 n° 3479
I beni mobili o immobili di cui ciascun coniuge non può dimostrare
la proprietà esclusiva, in sede di separazione, ai sensi e per gli
effetti dell’art. 219 c.c., devono essere, divisi pro quota. Pertanto,
nell’ipotesi in cui sono presenti delle riserve finanziarie costituite
dalla partecipazione di un coniuge e questi non sia in grado di
dimostrare l’entità del proprio contributo deve essere riconosciuta la
comproprietà degli stessi beni.
Questa la conclusione della Suprema Corte di Cassazione nella sentenza 15 febbraio 2010, n. 3479.
La
vicenda ha visto coinvolti due coniugi separati, dei quali il marito
aveva chiesto di essere riammesso nelle proprietà della totalità delle
somme sborsate per l’acquisto di beni immobili intestati alla ex
moglie, sostenendone il carattere fittizio.
La Corte ha avuto
modo di accertare l’effettiva insussistenza della prova dell’accordo
simulatorio in ordine all’acquisto dei suddetti immobili – con
eccezione di una somma di danaro – per la mancata produzione in
giudizio da parte marito dell’atto contenente la controdichiarazione
sottoscritta dalle parti in ordine all’effettivo soggetto acquirente di
tali beni.
Tale premessa giustifica, secondo i giudici di
legittimità, l’operato della Corte territoriale nella parte in cui non
ha accolto la domanda del marito diretta alla totale restituzione delle
somme, ma non spiega il mancato accoglimento della stessa per la metà
dell’intero importo – e per tale motivo cassano la sentenza appellata,
rinviandola al giudice di merito – in quanto in virtù del citato art.
219 c.c., con riferimento alle ipotesi di separazione di beni tra i
coniugi, in assenza di specifiche prove che dimostrino la proprietà
esclusiva a favore di uno, si prevede una presunzione di comproprietà
dei beni mobili e immobili.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Sentenza 12 gennaio – 15 febbraio 2010, n. 3479
(Presidente Elefante – Relatore Mazzacane)
Svolgimento del processo
Con
sentenza del 2-5-2002 il Tribunale di Monza, decidendo nella causa
promossa da G. P. nei confronti della moglie S. C., dalla quale era
legalmente separato, respingeva entrambe le domande proposte
dall’attore, quella principale di simulazione del contratto di acquisto
di un immobile, composto di due locali da ristrutturare sito in
omissis, e del contratto di acquisto di un appezzamento di terreno sito
nello stesso Comune, nonché quella subordinata di condanna alla
restituzione della somma di lire 401 milioni; in accoglimento della
domanda riconvenzionale, condannava l’attore alla restituzione di un
importo pari ai canoni di locazione dell’appartamento da esso
indebitamente percepiti a decorrere dal 1-2-1998 oltre rivalutazione ed
interessi; revocava infine il provvedimento giudiziario concesso con
provvedimento del 10-3-2000.
Proposto gravame da parte del P.
cui resisteva la C. la Corte di Appello di Milano con sentenza
dell’11-5-2004, in parziale accoglimento dell’impugnazione, ha
condannato la C. al pagamento in favore del P. dalla somma di euro
14.980,00 rivalutata di anno in anno e maggiorata degli interessi
legali dal maggio 1992 al saldo.
Per la cassazione di tale
sentenza il P. ha proposto un ricorso articolato in cinque motivi cui
la C. ha resistito con controricorso proponendo altresì un ricorso
incidentale affidato ad un unico motivo; il ricorrente principale ha
successivamente depositato una memoria.
Motivi della decisione
Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi in quanto proposti contro la medesima sentenza.
Venendo
quindi all’esame del ricorso principale, si rileva che con il primo
motivo il P., deducendo nullità della sentenza ex artt. 112 e 360 n. 4
c.p.c., assume che il giudice di appello ha omesso di pronunciarsi
sulla domanda di accertamento di simulazione soggettiva, limitandosi ad
escludere la configurabilità nella fattispecie dell’interposizione
fittizia.
Con il secondo motivo il ricorrente rileva che,
qualora si ritenesse che la Corte territoriale abbia esaminato la
domanda di accertamento di simulazione soggettiva nella fattispecie
contrattuale oggetto di causa, la sentenza impugnata dovrebbe comunque
essere cassata per l’assoluta omissione della motivazione, essendo
quest’ultima stata espressa soltanto in riferimento alla domanda di
accertamento di interposizione fittizia.
Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, devono essere disattese.
Premesso
che il giudice di appello ha confermato il rigetto della domanda con la
quale il P. aveva chiesto di essere dichiarato proprietario dei cespiti
immobiliari intestati al coniuge in regime di separazione legale
citando una pronuncia di questa Corte riguardante l’acquisto di
immobili asseritamente effettuato per interposta persona, è evidente
l’infondatezza dei motivi in esame, posto che l’interposizione fittizia
di persona rientra proprio nell’ambito della simulazione relativa
soggettiva, e che pertanto la sentenza impugnata ha esaurientemente
esaminato e deciso la questione prospettata dall’appellante.
Con
il terzo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa
applicazione di norme di diritto e contraddittoria motivazione, censura
la sentenza impugnata perché, dopo aver richiamato la pronuncia di
questa stessa Corte n. 1811 del 1990 secondo la quale l’acquisto per
interposta persona deve risultare da atto scritto contenente l’obbligo
di trasferire l’immobile, la cui sussistenza non può essere provata per
testi o per presunzioni, ha poi aggiunto che la mancata replica da
parte dell’appellante delle istanze istruttorie non ammesse in primo
grado impediva ogni indagine sulla fondatezza della domanda di
accertamento di interposizione fittizia; il P. sostiene inoltre che, a
parte l’evidente contraddittorietà di tali argomentazioni, non vi erano
istanze istruttorie da reiterare, posto che il giudice di primo grado
aveva ammesso la quasi totalità dei capitoli di prova articolati
dall’esponente.
La censura è infondata.
La Corte
territoriale ha evidenziato l’insussistenza della prova dell’accordo
simulatorio in ordine all’acquisto dei suddetti immobili per la mancata
produzione in giudizio da parte del P. dell’atto contenente la
controdichiarazione sottoscritta dalle parti in ordine all’effettivo
soggetto acquirente di tali beni; orbene tale autonoma “ratio
decidendi”, non oggetto di impugnazione da parte del ricorrente, è del
tutto idonea a sostenere il convincimento espresso dal giudice di
appello, con conseguente irrilevanza delle considerazioni contenute
nella sentenza impugnata in ordine alla mancata replica da parte
dell’attuale ricorrente alle istanze istruttorie non ammesse nel primo
grado di giudizio.
Con il quarto motivo il P., denunciando
violazione e falsa applicazione di norme di diritto nonché
contraddittoria motivazione, censura la sentenza impugnata per aver
respinto parzialmente la domanda di restituzione delle somme versate
formulata dall’esponente in via subordinata sulla base di erronei
presupposti, ritenendo cioè che il versamento di tale somme potesse
essere qualificato come donazione remuneratoria ovvero come adempimento
di una obbligazione naturale; il ricorrente sostiene sotto un primo
profilo l’inconfigurabilità come donazione remuneratoria della dazione
delle suddette somme per l’insussistenza sia del requisito della forma
pubblica sia di motivi di riconoscenza da parte del preteso donante o
di speciali meriti da parte dell’asserita donataria; inoltre non
ricorrevano neppure i requisiti dell’obbligazione naturale, cioè di un
dovere morale o sociale in rapporto alla valutazione corrente nella
società, né del verificarsi dell’adempimento spontaneo di tale dovere
con una prestazione avente carattere di proporzionalità ed adeguatezza
in relazione a tutte le circostanze del caso.
Con il quinto
motivo il P., denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 219
c.c., assume che il giudice di appello ha accolto la domanda
dell’esponente proposta in via subordinata per la restituzione di somme
di denaro limitatamente a quattro assegni bancari tratti sulla BNL
filiale di Monza ex art. 2041 c.c., ed ha ritenuto l’inapplicabilità
dell’istituto dell’indebito arricchimento per l’ulteriore importo
richiesto di euro 192.119,22 per la mancata prova che tale denaro fosse
appartenente in via esclusiva all’esponente; il ricorrente evidenzia
l’erroneità di tale assunto che non ha tenuto conto della normativa che
regola i rapporti patrimoniali intercorrenti tra le parti con
conseguente applicazione dell’art. 219 c.c. in base al quale i beni
mobili (comprese quindi le somme di denaro) di cui nessuno dei coniugi
può dimostrare la proprietà esclusiva risultano di proprietà indivisa
per pari quota di entrambi i coniugi.
Le enunciate censure, da esaminare contestualmente per ragioni di connessione, sono fondate.
La
Corte territoriale ha condiviso il convincimento del giudice di primo
grado in ordine alla mancata prova da parte del P. della proprietà
esclusiva in proprio favore delle somme di denaro destinate
all’acquisto, alla manutenzione, alla ristrutturazione ed ai
miglioramenti degli immobili suddetti – fatta eccezione per la somma di
euro 14.980,00 – non avendo per un verso l’appellante fornito alcuna
indicazione circa i mezzi finanziari utilizzati per i pagamenti, ed
essendo emerso d’altro canto che anche la C. aveva partecipato, sia
pure in misura minore, al soddisfacimento delle esigenze familiari ed
alla formazione delle riserve finanziarie costituenti la provvista
degli investimenti successivi.
Orbene tale premessa, se da un
lato spiega il mancato accoglimento della domanda di restituzione della
totalità della somma di denaro richiesta dal P., dall’altro è inidonea
a comprendere le ragioni per le quali la domanda stessa non è stata
accolta limitatamente alla metà dell’intero importo, atteso che le
considerazioni espresse dal giudice di appello in ordine al concorrente
contributo finanziario della C. alla costituzione del patrimonio
familiare dei suddetti coniugi avrebbe dovuto coerentemente condurre
alla conclusione di ritenere, in assenza di specifiche prove di diverso
segno, la sussistenza di una situazione di comproprietà tra le parti in
ordine al denaro in questione; in tal senso appare conferente il
richiamo del ricorrente all’art. 219 secondo comma c.c. che, con
riferimento alle ipotesi di separazione di beni tra i coniugi (come
nella fattispecie, vedi pag.5 della sentenza impugnata), sancisce una
presunzione semplice di comproprietà per i beni mobili dei quali
nessuno di essi sia in grado di dimostrare la proprietà esclusiva.
Né
tali conclusioni possono essere infirmate dall’ipotizzata riferibilità
della dazione delle suddette somme da parte del P. alla donazione
remuneratoria od all’adempimento di una obbligazione naturale, posto
che il richiamo alternativo a tali istituti è rimasto su di un piano
meramente astratto e quindi non corroborato da alcun elemento
probatorio.
Alla luce di tali argomentazioni si impone quindi, in sede di rinvio, un riesame di questo profilo della controversia.
Venendo
poi all’esame del ricorso incidentale, si rileva che con l’unico motivo
formulato la C., deducendo violazione dell’art. 112 c.p.c. e vizio di
motivazione, censura la sentenza impugnata per aver determinato a
carico dell’esponente ed a favore del P. la restituzione della somma di
lire 29.000.000 di cui agli assegni bancari a firma di quest’ultimo
tratti sulla B.N.L. filiale di Monza tra il omissis ed il omissis.
Tale motivo resta assorbito all’esito dell’accoglimento del quarto e del quinto motivo del ricorso principale.
In
definitiva la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai
motivi accolti, e la causa deve essere rinviata anche per la pronuncia
in ordine alle spese del predente giudizio ad altra sezione della Corte
di Milano.
P.Q.M.
La Corte
riunisce i ricorsi, accoglie il quarto ed il quinto motivo del ricorso
principale, rigetta gli altri, dichiara assorbito il ricorso
incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti
e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente
giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.