(Cass. 31753/2003 Rv. 226281 – Cass. 15084/2010 riv 247141 – Cass. 17661/2010 riv 247335).
La circostanza della fine del matrimonio dei genitori non è sufficiente ad escludere la punibilità del minore di età che sfregia un’automobile minacciando il proprietario. A dirlo è una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 6970 depositata il 23 febbraio 2010. Gli Ermellini hanno stabilito che le facoltà cognitive del minore, per essere ritenuto incapace di intendere e di volere al momento della commissione del fatto, devono essere compromesse al tal punto da non permettergli di comprendere il disvalore del fatto da lui posto in essere. Nel caso di specie, la Cassazione, nel confermare la condanna ai danni del minore, ha spiegato che “perché un minore di età sia riconosciuto – ai sensi del combinato disposto degli artt. 85, 88, 89 e 90 cod. pen. – incapace di intendere e di volere al momento della commissione del reato, è necessario l’accertamento di una infermità di natura ed intensità tali da compromettere, in tutto o in parte i processi cognitivi, valutativi e volitivi del soggetto, eliminando od attenuando grandemente la capacità di percepire il disvalore sociale del fatto e autodeterminarsi autonomamente (…). Specifiche condizioni socio-ambientali e familiari – ha in particolare chiarito la Corte, annullamento la sentenza con rinvio per nuovo giudizio – nelle quali il minore sia eventualmente vissuto, particolarmente dolorose e laceranti, se pure possono aver avuto influenza negativa sul soggetto inficiando le potenzialità di valutazione critica della propria condotta e agevolando il processo psicologico di “autolegittimazione” del crimine, non hanno, per ciò solo, compromesso la capacità del minore di rendersi conto del significato delle proprie azioni e di volizione delle stesse e quindi non rappresentano una forma di patologia mentale legittimante un giudizio di non imputabilità”.