Separazione, l’addebito non fa scattare automaticamente l’assegno
Il tradimento del coniuge e la conseguente separazione con addebito non
comporta automaticamente il diritto del partner tradito a ricevere
l’assegno di mantenimento. Il giudice, infatti, dovrà valutare caso per
caso se il «coniuge cui non sia addebitabile la separazione» sia «privo
di adeguati redditi propri». E solo se non potrà «mantenere un tenore di
vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio» o sussista «una
disparità economica tra i coniugi», allora scatterà l’assegno.
Un assegno modesto
Regole che non valgono solo per i “paperoni” ma anche nei menage più
modesti. Parola della Corte di cassazione, sentenza 18175/2012 (si legga
il testo sul sito di Guida al diritto), che ha accolto il ricorso di un
marito infedele che aveva contestato l’obbligo di corrispondere un
assegno di 150 euro al mese a titolo di contributo per il mantenimento
della moglie tradita (oltre ai 500 euro versati per il figlio in affido
condiviso).
L’incertezza del reddito non basta
Bocciata, dunque, la decisione della Corte di appello di Palermo che
aveva respinto il ricorso del marito sulla base «dell’incertezza e del
carattere altalenante» del profitto della piccola impresa gestita dalla
moglie, a fronte «della certezza del reddito da lavoro dipendente del
marito». Per i giudici di Piazza Cavour, però, la giustificazione è
«piuttosto labile», perché non permette di comprendere se «l’attuale
situazione giustifichi o meno l’attribuzione dell’assegno». Insomma,
dice la Corte, ove l’impresa in futuro dovesse andare male, e l’ex
versare in condizioni economiche difficoltose, allora si penserà a
«porvi rimedio, attraverso la revisioni delle condizioni della
separazione». Ma non ora in via preventiva.
Al giudice del rinvio la valutazione del tenore di vita
Sentenza cassata, dunque, sotto questo profilo, e rinvio alla Corte
territoriale perché valuti «ai fini dell’attribuzione e della congruità
dell’assegno», il contesto sociale nel quale i coniugi vivevano, in modo
da vagliare i bisogni della donna. Senza questi elementi atti a
ricostruire il tenore di vita, secondo la Cassazione, diventa
impossibile verificare l’adeguatezza dei redditi di cui dispone la
signora.