Si salva (per ora) chi ha scaricato film dalla Rete: il fornitore della connessione non comunica gli indirizzi Ip ai pm
Tirano un sospiro di sollievo gli “smanettoni” che
hanno scaricato film da Internet tramite connessioni Telecom. E questo
nonostante l’azione cautelare della Federazione anti-pirateria
audiovisiva. La Fapav, comunque, ottiene che il prestatore del servizio
trasmetta alla procura della Repubblica capitolina e al ministero delle
Comunicazioni tutte le informazioni in suo possesso sui siti
incriminati eccetto i dati identificativi degli abbonati, vale a dire
gli indirizzi Ip. Intanto il procedimento va avanti e le autorità
giudiziaria e amministrativa potrebbero richiedere provvedimenti più
stringenti. È quanto emerge dall’ordinanza pubblicata il 14 aprile
scorso (sezione specializzata per la proprietà industriale ed
intellettuale).
Il caso
Oltre 2,2 milioni di accessi a
tredici siti “pirata” nell’arco di sei mesi per scaricare soltanto 9
opere cinematografiche. Lo rivela l’indagine commissionata da Fapav: la
maggior parte dei contatti, protesta la Federazione, viene da abbonati
Telecom. La sigla che riunisce gli operatori del cinema e dell’home
video nella lotta contro il peer to peer illegale diffida il gestore
della connessione a far cessare le violazioni ai danni del diritto
d’autore (e prepara una richiesta di risarcimento). Il risultato
dell’azione cautelare, tuttavia, non è quello sperato. Nel mirino
dell’azione cautelare finisce Telecom in quanto «prestatore», vale a
dire «soggetto giuridico che presta un servizio della società
dell’informazione» ex articolo 17, comma 3, del D.Lgs 70/2003. Il
gestore della connessione è responsabile in solido con gli autori della
violazione e, dunque, può ben essere chiamato in giudizio senza che
siano convocati gli altri coobbligati, cioè i siti web che permettono
di trasgredire le regole del diritto d’autore e degli utenti che vi
accedono. Il punto è che la responsabilità del prestatore ha un titolo
diverso: è fondata solo sulla violazione dell’obbligo di protezione
dall’illecito, e non sulla condotta illegittima, cosa che ne riduce la
portata. La diversità delle posizioni ha conseguenze immediate: al di
fuori di un procedimento contro i siti “pirata” e i relativi utenti,
non è possibile in sede cautelare adottare nei confronti di chi
fornisce la connessione le misure finalizzate a reprimere le
violazioni: si tratta di provvedimenti che competono all’autorità
giudiziaria investita di accertare la sussistenza degli illeciti. In
altre parole: dopo che le carte della diffida Fapav, e le altre
informazioni in possesso del prestatore, sono state trasmesse alla
Procura e al Ministero, l’autorità giudiziaria o quella amministrativa
possono richiedere al fornitore della connessione di oscurare i siti
incriminati oppure ulteriori informazioni. In caso di inottemperanza la
compagnia telefonica sarà responsabile anche nei confronti dei titolari
di copyright. Per ora il prestatore non ha l’obbligo di sospendere il
servizio cui è obbligato da accordi contrattuali perché non risulta
responsabile delle informazioni trasmesse. Al fornitore della
connessione, comunque, almeno un addebito va mosso: non ha avvisato
tempestivamente la magistratura o l’Agcom dopo la diffida Fapav, che
risulta abbastanza circostanziata per mettere al corrente il gestore di
«presunti illeciti» e indurlo a rivolgersi all’autorità giudiziaria (o
a quella amministrativa). L’ordinanza cautelare, dunque, impone al
prestatore di porre in essere l’attività informativa che finora ha
omesso, trasmettendo a Procura e Ministero tutte le notizie in suo
possesso che risultano utili a integrare le informazioni contenute
nell’indagine commissionata dalla federazione anti-pirateria. In ogni
caso non si può obbligare la compagnia a “diffidare” i clienti dal P2P,
ricordando loro che si tratta di una condotta che fa scattare la
risoluzione del contratto di accesso a Internet: si tratta di una
misura che non servirebbe a riparare all’unica violazione sommariamente
accertata a carico del prestatore. Lecito, infine, l’intervento in
giudizio del Garante della privacy: la sua azione, tuttavia, potrà
esplicarsi soltanto in forma di intervento adesivo alla posizione
processuale che ritiene meritevole di tutela, data la mancanza di
titolarità di posizioni soggettive autonomamente tutelabili.