Sicurezza alimentare e tutela del consumatore
Il tema della sicurezza alimentare è sempre più al centro del dibattito internazionale e comunitario (basti pensare alle ultime disposizioni dell’Unione Europea che con il regolamento 1169/2011 ha stabilito un ulteriore giro di vite a tutela dei consumatori), soprattutto dopo gli ultimi scandali che hanno colpito due colossi come Findus e Ikea, entrambi sospettati di aver venduto cibi a base di carne bovina contenenti tracce di carne di cavallo, senza averne dato indicazione alcuna sulle etichette.
Il fulcro della questione, per quanto attiene al diritto dei consumatori è, tuttavia, di duplice natura. Da una parte, infatti, il consumatore ha diritto ad essere adeguatamente informato su tutto ciò che compete il cibo acquistato, mentre, dall’altra, lo stesso dovrà essere risarcito ogni qual volta il bene alimento gli abbia generato un danno.
Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, è di tutta evidenza che il consumatore, una volta verificato che l’alimento presentava caratteristiche diverse da quelle riportate sull’etichetta, dovrà unicamente provare il nesso di causalità tra l’alimento stesso e il danno, generalmente biologico, patito. Si pensi, a titolo di esempio, a tutta la casistica riguardante quei cibi che contengano tracce di sostanze allergeniche tali da poter causare, se non debitamente segnalate, gravi danni di natura fisica.
I problemi maggiori, tuttavia, si hanno, invece, quando il cibo presenti sì delle anomalie, ma queste non siano tali da generare un danno diretto al consumatore.
È questo il caso della carne di cavallo mischiata a quella bovina. Fino al momento in cui non si potrà dimostrare la diretta nocività della carne di cavallo utilizzata per detti alimenti, il consumatore, pur sviato dall’etichetta, difficilmente potrebbe riuscire ad ottenere un risarcimento da parte di un Giudice italiano e ciò in ragione dell’impossibilità di allegare alla propria domanda un effettivo danno patito.
Certamente lo stesso potrebbe chiedere la restituzione dei soldi spesi per l’acquisto del bene recante un’etichettatura erronea, ma cui prodest?
È di tutta evidenza, poi, che in ogni Paese dell’Unione Europea sussiste una diversa sensibilità verso alcuni cibi. Se, infatti, per un consumatore medio italiano è del tutto normale mangiare carne di cavallo, lo stesso non potrà affatto dirsi per il consumatore inglese.
Al netto delle differenze tra i diversi ordinamenti giuridici, quindi, per un medesimo fatto e per la medesima violazione di una normativa comunitaria, l’omissione di un ingrediente nell’etichettatura, i consumatori europei si vedrebbero risarciti in maniera completamente differente.
Per ovviare a tali limiti, sarebbe, quindi, auspicabile che l’Unione Europea stabilisse l’obbligatorietà del risarcimento del danno ogni qual volta il produttore di un alimento abbia omesso di indicare tutti gli ingredienti presenti in un dato alimento e ciò per il fatto solo di non aver adeguatamente e completamente informato il consumatore su quello che stava mangiando.
Fonte: www.ilsole24ore.com