La sigaretta elettronica è un successone. Per molti significa simulare il gesto di fumare senza aspirare catrame e sostanze che fanno male alla salute. Se da una parte i medici l’approvano ed è regolarmente venduta in Germania, Inghilterra e Francia, altri studi affermano il contrario. Ma la polemica non è nata a causa degli effetti della sigaretta elettronica, riguarda infatti la sua commercializzazione ed è solo un problema italiano.
Fino a poco tempo fa la sigaretta elettronica era per i pochi esperti che la compravano di importazione, ora il mercato è florido e sono fioccate nel giro di poco tempo centinaia di negozi specializzati. In Italia ne aprono circa 20 alla settimana e ce ne sono più di mille in tutto il Paese. L’azienda italiana che la vende si chiama Ovale ed è leader in Europa.
Il problema è nato dopo che il governo ha presentato un emendamento alla legge di Stabilità che equipara le sigarette elettroniche alle classiche da tabaccheria. Risultato? Le sigarette elettroniche si potranno acquistare solo nelle tabaccherie: “qualsiasi dispositivo meccanico o elettronico, che abbia la funzione di succedaneo dei prodotti di tabacco sia assimilato ai tabacchi lavorati e sia soggetto alle disposizioni in materia di distribuzione, detenzione e vendita”, dice l’emendamento.
I negozi specializzati diverrebbero automaticamente fuori legge. Ma non solo. Equiparare le sigarette elettroniche alle classiche “bionde” significa non poter fare più pubblicità, tasse più alte e magari anche le scritte che si vedono sui normali pacchetti, magari con una variante, ad esempio: “il fumo elettronico uccide”.
Stiamo parlando di un giro d’affari di 100 milioni di euro solo nel 2012 e che dà lavoro a 1.500 persone, senza considerare l’indotto. Secondo l’istituto superiore della Sanità, che ha commissionato un sondaggio alla Doxa, il 20% dei fumatori in Italia sceglie di passare alla sigaretta elettrica, cioè ci sono oltre due milioni di consumatori potenziali solo nel nostro Paese, anche se non sono “del tutto atossiche, è ancora dubbio, mancando studi definitivi”, sottolinea l’Osservatorio.
Pubblico riporta il commento di Francesco Maggiore, 41 anni, commerciante che con la sua azienda, Advanced Lab, sta per aprire un negozio Ovale a Latina: “L’inaugurazione è prevista per domani, ma siamo già preoccupati. Abbiamo investito tanti soldi, in questa attività, e in un periodo di crisi come questo, in cui nessuno ci dice come fare per ripartire, e lo Stato non è presente, ci chiediamo come è possibile che sia nato un decreto legge nel giro di una settimana. Ma come, per le cose serie ci mettono anni a trovare una quadra, e per i prodotti elettrici cercano subito di limitarci? La sigaretta elettronica non è altro che un prodotto elettrico, se lo avessimo chiamato così, allora ci avrebbero lasciati stare? Da anni, in Inghilterra, in Germania e all’estero, le sigarette elettroniche hanno vita facile, mentre a noi, che facciamo tutto in regola, ci mettono i bastoni fra le ruote. Ovale è l’unico marchio italiano, che esporta anche i suoi prodotti: fa lavorare gente qualificata, e i controlli su ogni singolo pezzo sono certificati. E’ uno scandalo quell’emendamento, rischiano il posto di lavoro tantissime persone: era proprio il caso di farlo? Noi? Apriamo domani, e già rischiamo di chiudere dopodomani”.
Risponde quindi Riccardo Ascione, leader del Gruppo Ovale Europe: “Si dica chiaramente che si vuole avvantaggiare la lobby del tabacco. Non vogliamo il Far West, il settore ha bisogno di regole, le vogliamo, ma almeno discutiamone. In Inghilterra il governo incoraggia e appoggia l’uso della sigaretta elettronica. Perché da noi si vuole stroncare? A chi conviene?”.
Proprio dalla pagina Facebook di Ovale si apprende che comunque la polemica sta per finire: “Sembra ormai certo che l’emendamento che metteva a rischio tremila posti di lavoro nel settore delle sigarette elettroniche sia stato ritirato. Teniamo comunque alta la guardia[…]”.