Simulano il furto: la ritrattazione può avere efficacia scriminante solo se contestuale alla denuncia
La denuncia di un falso furto e due fratelli si vedono condannare, in
concorso, a titolo di simulazione di reato ai sensi dell’art 367 cod.
penale.
La norma dispone che “Chiunque, con denuncia, querela,
richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta
dall’Autorità giudiziaria o ad un’altra Autorità che a quella abbia
obbligo di riferirne, afferma falsamente essere avvenuto un reato,
ovvero simula le tracce di un reato, in modo che si possa iniziare un
procedimento penale per accertarlo è punito con la reclusione da uno a
tre anni”.
Si tratta di una fattispecie a tutela non solo
dell’attività giudiziaria, ma anche di quella collaterale svolta dalla
polizia giudiziaria. Il reato si perfeziona, pertanto, nel momento in
cui la falsa notizia della consumazione di un reato pervenga a
conoscenza dell’Autorità ed abbia l’effetto di determinare anche solo
“l’astratta possibilità di un’attività degli organi inquirenti diretti
al suo accertamento” (Cassazione Sez. VI, 3 aprile 2000) senza che un
procedimento penale abbia inizio “bastando che si sia verificato un
pericolo di sviamento delle indagini”.
Nel caso che ci vede oggi
impegnati un individuo aveva denunciato ai carabinieri di aver subito
un furto nella notte ad opera di ignoti nella vecchia sede della sua
impresa ortofrutticola. I carabinieri, insospettiti, si erano recati
presso la nuova sede dell’impresa, dove, vinte le iniziali resistenze
del denunciante e di suo fratello, li avevano costretti ad aprire un
furgone parcheggiato nel piazzale dove avevano rinvenuto tutto il
materiale oggetto della denuncia di furto.
La sentenza di condanna
in primo grado, poi confermata in appello, non teneva conto della
ritrattazione “piena, spontanea ed immediata” del denunciante e
rigettava la richiesta di applicazione dell’attenuante ex art 62 n. 6
cod. pen. (il c.d. ravvedimento attuoso).
Il ricorso per Cassazione
presentato dagli imputati si articola sulla base di diversi motivi. I
ricorrenti lamenterebbero in primo luogo il mancato riconoscimento
dell’attenuante appena citata, soprattutto perché la corte di merito
non aveva valutato la ritrattazione del denunciante ed, in seconda
battuta, il gravame proposto valuterebbe come insussistenti i
presupposti per una responsabilità in capo al fratello del denunciante
il quale si trovava semplicemente sul posto in cui era stata scoperta
la merce rubata.
La Suprema Corte, con sentenza n. 38111 dichiara l’impugnazione infondata.
In
primis sulla base della stessa ratio della simulazione di reato e,
cioè, quella di atteggiarsi come fattispecie di pericolo ed istantanea
che si perfeziona, pertanto, come visto in precedenza, con una semplice
falsa notizia criminis idonea a mettere in moto la macchina
investigativa. “Ne consegue”, secondo la Cassazione, “che la
ritrattazione può avere efficacia scriminante solo se accompagni la
denuncia e cioè sia contestuale ad essa e sia fatta alla stessa
autorità che l’ha ricevuta”.
Nel caso di specie ciò non è avvenuto:
la ritrattazione è stata effettuata dopo la falsa denuncia e ad
indagini ormai iniziate, le quali hanno, del resto, consentito di
scoprire la falsità del reato. In relazione alla posizione del fratello
del denunciante non sembra secondo la Suprema Corte che egli si
trovasse semplicemente sul posto all’atto di rinvenimento della merce
oggetto della denuncia di furto. Tutt’altro. A suo sfavore varrebbe la
valutazione sul “contegno” tenuto nel cercare di convincere le forze
dell’ordine a non aprire il furgone.
Sul mancato riconoscimento
dell’attenuante la Cassazione ritiene che i giudici di merito l’abbiano
correttamente esclusa. Per essere integrata essa necessita di un
comportamento in positivo del reo spontaneo ed efficace ad attenuare le
conseguenze del fatto commesso. La distanza temporale intercorsa tra
l’inizio delle indagini e l’ammissione dei fatti veri non ha permesso
di recare alcun contributo efficace all’attività della polizia
giudiziaria, poiché il ravvedimento c.d. attuoso è stato messo in opera
dal denunciante solo dopo la scoperta della simulazione del reato.