Sindrome di Peter Pan, i “bamboccioni” non ci pensano proprio a lasciare la casa dei genitori fino a quando non abbiano un buon salario e il Tribunale dà loro ragione
«E io pago». Non si staccano da mamma e papà nemmeno quando questi si
separano o divorziano. Una sindrome di Peter Pan “curata” molto spesso
con un cospicuo assegno di mantenimento. Sono i vitelloni degli anni
duemila. O come li definì Tommaso Padoa Schioppa, all’epoca ministro
dell’Economia, i «bamboccioni». Raggiunta e superata (in alcuni casi
anche ampiamente) la maggiore età, sanno di poter contare su una rete
di salvezza che assomiglia più che altro a un materasso su cui
continuare a saltellare. Anche l’orientamento dei giudici di merito e
Cassazione è quello di assicurare comunque ai figli un contributo
economico finché non raggiungono l’autonomia reddituale, purché ciò non
dipenda da un atteggiamento di inerzia o ingiustificato rifiuto del
lavoro. Così c’è sempre il libretto degli assegni o il conto corrente
dei genitori a risolvere tutto.
Il principio base, intorno al quale
ruotano le controversie sul diritto al mantenimento, è che la maggiore
età non rappresenta, da sola, un elemento che possa attenuare gli
obblighi dei genitori nei confronti dei figli. Fin qui, tutto sommato,
ci troviamo nelle normali dinamiche familiari, che dovrebbero garantire
la tranquillità fino al termine del percorso di studi.
Il fatto è
che poi il lavoro, magari un primo impiego saltuario, può non bastare a
liberare il genitore dall’obolo mensile nei confronti del figlio
maggiorenne. Il quale, continuano a sottolineare i giudici nelle loro
sentenze, può tutelare il proprio diritto all’assegno citando in
giudizio entrambi i genitori o quello dei due, in caso di separazione e
divorzio, tenuto a pagare. Ed è così che gli annali dei tribunali si
arricchiscono di episodi e aneddoti che guadagnano non di rado gli
altari della cronaca. L’ultimo dei quali, per la verità, va in
controtendenza rispetto all’andazzo delle aule giudiziarie italiane:
qualche settimana fa il Tribunale di Milano ha infatti respinto le
richieste di un 36enne laureato in ingegneria con il massimo dei voti.
Per ottenere l’assegno di 2mila euro al mese, hanno spiegato i giudici,
è necessario provare la concreta attivazione per reperire un’attività
lavorativa. Nel frattempo il legale del giovane ha annunciato ricorso.
Cosa che con tutta probabilità non accadrà (ma guai a mettere limiti
alla provvidenza) nella vicenda, più recente, registrata dalla sezione
famiglia della Corte d’appello di Roma. Altre latitudini, ma lo
scenario, una volta tanto, non cambia. A cambiare è però il parere del
collegio, che ha rivisto al ribasso, si fa per dire, l’assegno di papà.
Qui i figli, affidati alla madre dopo la separazione, sono due: a
quello che ancora studia andranno 1.600 euro al mese; all’altro,
laureato in medicina, solo 800 (perché ne guadagna 900 come radiologo).
Come visto, neanche un’attività lavorativa riesce a sciogliere il
vincolo del mantenimento (che peraltro risulta più “resistente” quando
è messo nero su bianco in caso di separazione). Al più, e il caso
appena ricordato è emblematico al riguardo, si riesce a rosicchiare
qualcosa. Ma non è detto che sia sempre facile. Può essere complicato,
per esempio, conoscere la dichiarazione dei redditi del proprio figlio
(c’è chi si è dovuto rivolgere al Tar per averne il permesso).
I
cardini sono dunque chiari: sono le condizioni economiche a trasformare
l’eterno bambino in un adulto. Circostanza che non può essere
soddisfatta con un reddito purchessia, hanno sottolineato spesso i
giudici, ma corrispondente alla professionalità acquisita.
Fortunatamente, capita qualche collegio che tenta di usare un po’ di
buon senso. La Cassazione, per esempio, quando ha riconosciuto che il
giovane di turno che chiedeva l’assegno era stato messo, grazie agli
studi pagati da papà, nelle condizioni di essere economicamente
autosufficiente. Una convinzione tratta dal fatto che questi aveva
ottenuto l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato a
New York, con un curriculum lungo così. Sebbene in Cassazione, dove il
giovane è rimasto con le pive nel sacco, sia servito a poco.
Le motivazioni dei giudici di merito e di Cassazione Età
Il fatto che i figli abbiano raggiunto (e superato da anni) la maggiore
età non è idoneo, di per sé, a far venire meno gli obblighi di
mantenimento gravanti sui genitori (Cassazione, 11891/06)
Diritto agli alimenti
Il figlio maggiorenne può tutelare il proprio diritto al mantenimento
esperendo, nei confronti di entrambi i genitori, o di uno di essi,
un’azione giudiziaria (Cassazione, 18201/06)
Termine
Non è
possibile prefissare un termine astratto all’obbligo di mantenimento
dei figli maggiorenni, in quanto il limite di persistenza dell’obbligo
va valutato sulla base del fatto che i figli, malgrado i genitori
abbiano assicurato le condizioni per concludere gli studi intrapresi e
conseguire il titolo indispensabile per la professione auspicata, non
ne abbiano tratto profitto per trascuratezza o libera scelta
(Cassazione, 8821/06)
L’autosufficienza del figlio maggiorenne
che comporta la cessazione del mantenimento è configurabile solo quando
risulti provata la percezione di un reddito corrispondente – secondo le
condizioni di mercato – alla professionalità acquisita. Ne deriva che
il figlio che svolga lavori stagionali, quale vice capo chef, non
percepisce redditi idonei a renderlo autonomo economicamente
(Cassazione, 4188/06)
Attività saltuaria
La capacità della
figlia maggiorenne di svolgere attività retribuita saltuaria in campo
artistico, incide non sul diritto all’assegno, ma solo sulla sua
determinazione (Cassazione, 18369/06)
Licenziamento per motivi di salute
Spetta il contributo in favore del figlio maggiorenne anche se questi
ha svolto attività lavorativa per pochi giorni, essendo stato
licenziato per motivi di salute (Cassazione, 18241/06)
Accesso ai documenti amministrativi
Il genitore divorziato, onerato del mantenimento del figlio
maggiorenne, può prendere visione ed estrarre copia, presso il
competente Ufficio delle Entrate, delle eventuali dichiarazioni dei
redditi presentate dallo stesso figlio; ciò al fine di ottenere atti
dimostrativi della sopravvenuta indipendenza e autosufficienza
economica del figlio per ottenere, in sede giudiziale, la revisione dei
provvedimenti economici disposti in favore della prole (Tar Puglia,
325/06)
Onere della prova
Nel caso in cui il figlio abbia raggiunto una età
non più giovanile (ad esempio, 30 anni),
la cessazione dell’obbligo di mantenimento a carico del genitore è
presunta e l’onere della prova contraria spetta al figlio stesso,
ovvero al genitore istante per il mantenimento; ciò onde evitare
fenomeni di parassitismo e di oziosità (Tribunale
di Bari, 2681/06)
Diritto allo studio
In tema di mantenimento di figlio maggiorenne, non assume alcun rilievo
l’articolo 34 della Costituzione, poiché tale disposizione ha per
oggetto il rapporto dello studente con le istituzioni pubbliche
responsabili dell’istruzione. Ne consegue che, nei confronti del figlio
maggiorenne, l’obbligo di istruzione gravante sui genitori è
strettamente legato a quello di mantenimento (Cassazione, 23673/06)
I
punti fermi elaborati dalla giurisprudenza sul diritto all’assegno di
mantenimento per i figli che hanno superato la maggiore età.