Società pubbliche strumentali: non possono agire come competitors sul mercato
Con la pronuncia n. 10891 del 2009, il T.A.R. Lazio-Roma afferma, iterum, che il divieto di operare con enti diversi da quelli di riferimento – previsto dall’art 13 del D.L. n. 223 del 2006 (c.d. Bersani 1), conv. in Legge n. 248/2006 – ha
carattere eccezionale ed essendo di stretta e tassativa interpretazione
va applicato non a tutte le società costituite o comunque partecipate
da amministrazioni locali, ma alle sole società a capitale interamente
pubblico o misto, caratterizzate dalla strumentalità all’attività degli
enti e dall’essere moduli organizzativi interni delle amministrazioni
affidanti.
Il GA, preliminarmente, ricorda che ratio
della disposizione è quella di evitare alterazioni e distorsioni della
concorrenza e del mercato e, nel contempo, assicurare la parità tra gli
operatori.
Nel disposto normativo vengono in rilievo due diverse categorie di società a partecipazione pubblica:
-
Le
società costituite o partecipate per la produzione di beni e servizi
strumentali all’attività dell’amministrazione regionale o locale e intrinsecamente connesse all’espletamento di funzioni della Pubblica Amministrazione.
Sono
da considerarsi strumentali all’attività delle amministrazioni
pubbliche regionali e locali tutti quei beni e servizi erogati da
società a supporto di funzioni amministrative di cui resta titolare
l’ente di riferimento e con i quali l’ente stesso provvede al
perseguimento dei suoi fini istituzionali.
-
L’altra categoria, alla quale non si applica il divieto previsto dall’art. 13 del D.L. Bersani 1,
ricomprende le società che gestiscono servizi pubblici locali,
riconducibili a moduli paritetici, nelle quali il ruolo degli enti
locali o territoriali non si differenzia da quello dell’azionista di
una società per azioni e che erogano servizi rivolti al pubblico
(consumatori o utenti), in regime di concorrenza.
Sintetizzando ulteriormente, è possibile affermare che le società strumentali, alle quali fa riferimento l’ art. 13 del Bersani 1,
sono strutture costituite per svolgere essenzialmente attività rivolte
alla PA e non al pubblico come, invece, quelle costituite per la
gestione dei servizi pubblici locali che mirano a soddisfare
direttamente ed in via immediata esigenze generali della collettività e
sono espressamente escluse dal campo di applicazione della norma.
Il TAR, inoltre, fa tesoro della sentenza 1 agosto 2008, n. 326 della Consulta con la quale i giudici costituzionali hanno rilevato che la disposizione de
qua definisce il proprio ambito di applicazione non secondo il titolo
giuridico in base al quale le società operano, ma in relazione
all’oggetto sociale di queste ultime.
La Corte, in quell’occasione, aveva osservato che la disposizione si fonda sulla distinzione tra attività amministrativa in forma privatistica e attività d’impresa di enti pubblici.
Alla
stregua dei suesposti principi, nel caso di specie, il Collegio ha
ritenuto che la società controinteressata, indirettamente partecipata
da enti pubblici, è priva dei vincoli della strumentalità e della
funzionalità con l’ente pubblico e si caratterizza, invece,
dall’operare nel mercato in diretta concorrenza con le altre imprese
pubbliche o private.
Pertanto, sfugge all’applicazione del divieto previsto dall’art. 13, D.L. 223/2006,
poiché essa non svolge alcuna attività di supporto all’amministrazione
territoriale e, quindi, non può sfruttare la posizione di privilegio
che caratterizza le società pubbliche allorché operino quale “ente
strumentale” del soggetto pubblico di riferimento a discapito di
operatori privati.
T.A.R.
Lazio – Roma
Sezione III Ter
Sentenza 6 novembre 2009, n. 10891
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8683 del 2008, proposto dalla:
Soc.
FINIFAST S.p.a. in persona del legale rappresentante pro-tempore,
rappresentato e difeso dagli avv. Pietro Buccarelli, Antonio Lirosi,
Marco Martinelli, Filippo Cammelli, con domicilio eletto, in Roma, via
delle Quattro Fontane n.20, presso Gianni,Origoni,Grippo&Partners;
contro
Soc.
AUTOSTRADE per l’ITALIA S.p.a., in persona del legale rappresentante
pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Angelo Clarizia, presso
il cui studio, in Roma, via Principessa Clotilde, 2, è elettivamente
domiciliata;
Soc. ROLAND BERGER STRATEGY CONSULTANS S.r.l., in
persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa
dagli avv. Alberto Fantini e Giovanni Mangialardi, con domicilio
eletto, in Roma, via Principessa Clotilde, 7, presso lo studio del
primo;
nei confronti di
Soc. AIRPORT ELITE S.r.l., in
persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa
dagli avv. Vittorio Domenichelli e Mario Sanino, presso lo studio di
quest’ultimo, in Roma, viale Parioli, 180, è elettivamente domiciliata;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
dell’aggiudicazione
definitiva, comunicata con nota del 4 settembre 2008, disposta da
Roland Berger, in qualità di advisor di Autostrade per l’Italia S.p.a.,
in favore della Società Airport Elite S.r.l. del servizio di ristoro da
svolgersi nell’area autostrade di Angioina Ovest, di cui alla procedura
di gara relativa al lotto 263;
della graduatoria definitiva
della predetta procedura di gara, nella parte in cui è stata inclusa al
primo porto la Soc. Airport Elite S.r.l.; e, per quanto occorra, tutti
i verbali della Commissione di gara, nella parte in cui Airport Elite
S.r.l. non è stata esclusa dalla procedura di gara relativa al lotto
263;
nonché, per la condanna
al risarcimento del danno
cagionato a Finifast S.p.a. in forma specifica mediante aggiudicazione
dalla gara e conseguente stipula della convenzione per l’affidamento
del servizio di ristoro nell’area di servizio autostrade di Angioina
Ovest di cui alla procedura di gara relativa al lotto 263 ovvero per
equivalente;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Soc.Autostrade Per L’Italia S.p.a.
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Soc. Roland Berger Strategy Consultants S.r.l.;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Soc. Airport Elite S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore
nell’udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2009 il Cons. Maria Luisa
De Leoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con
ricorso notificato il 19 settembre 2008 e depositato il successivo 20
settembre, la Società ricorrente impugna gli atti specificati in
epigrafe e ne chiede l’annullamento.
Riferisce in fatto di aver
partecipato alla procedura di cui alla “sollecitazione alla domanda di
partecipazione”, pubblicata il 7 settembre 2007 da Roland Berger,
advisor della Società Autostrade con incarico di organizzare, gestire e
controllare le procedura di affidamento delle concessioni del servizio
oggetto della procedura e, in particolare, per l’area di servizio di
Angioina Ovest, lotto 263 e di essere stata ammessa alla successiva
fase di presentazione dell’offerta vincolante.
Il criterio di
aggiudicazione è stato individuato in quello dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, con 40 punti per l’offerta economica e
60 punti per quella tecnica.
All’esito delle operazioni di
valutazione delle offerte, la ricorrente si è classificata al secondo
posto, con punti 82,60, mentre al primo posto si è posizionata la
controinteressata Airport Elite, con punti 90,07, ed in favore di
quest’ultima è stata disposta l’aggiudicazione definitiva, impugnata in
questa sede.
Avverso il provvedimento di aggiudicazione, la ricorrente deduce:
1.
violazione e falsa applicazione degli artt. 41 e 118 Cost.; dell’art.
13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006,
n. 248; dell’art. 3, comma 27 e ss. Della legge 24 dicembre 2007, n.
244 (Legge finanziaria 2008); dell’art. 2 del d. lgs. n. 163 del 2006;
violazione e falsa applicazione dei principi di libera concorrenza e
parità di trattamento nell’ambio delle procedure di gara. Eccesso di
potere in tutte le sue figure sintomatiche ed, in particolare, per
difetto di istruttoria, carenza dei presupposti. Violazione del parere
n. 213/2008 dell’Autorità per la vigilanza sui contratti di lavori,
servizi e forniture.
La ricorrente, con un primo articolato
motivo, dopo aver ricostruito la ratio della disposizione invocata
(art. 13 d.l. n. 223/2006), in sostanza deduce la illegittimità
dell’impugnata aggiudicazione per omessa esclusione dalla gara ai sensi
dell’art. 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con la legge 4
agosto 2006, n. 248 e per effetto “della recente normativa in tema di
limiti di operatività delle società a partecipazione pubblica, anche
indiretta, della controinteressata Airport Elite.
Infatti,
secondo la prospettazione della ricorrente, la Airport Elite è una
società indirettamente partecipata da Enti pubblici e, in particolare,
è partecipata all’86,50% da Save S.p.a. e per il restante 13,50% dalla
Soc. La Serenissima s.r.l.
A sua volta, la Save è partecipata da
altri Enti pubblici (specificamente indicati), e La Serenissima s.r.l.
è interamente controllata da Autostrada Brescia-Venezia-Padova S.p.a.
nel cui capitale figurano varie Province e Comuni (specificamente
indicati). Sicché, in conclusione, data la rilevante partecipazione
indiretta di Enti locali al capitale della Airport Elite S.r.l.,
quest’ultima – secondo il disposto dell’art. 13 d.l. n. 223 del 2006 –
non avrebbe potuto partecipare alla procedura di affidamento di cui
trattasi.
Aggiunge, parte ricorrente, che Airport Elite S.r.l.
sarebbe stata appositamente costituita da Save allo specifico scopo di
svolgere – in affidamento diretto – attività di sua pertinenza e,
quindi, si porrebbe come articolazione organizzativa di quest’ultima.
La Save, infatti, è stata istituita per la gestione dell’Aeroporto di
Venezia Marco Polo in regime di concessione totale, sicché è in grado
di beneficiare, tramite affidamenti diretti, la Airport Elite S.r.l..
Con atto notificato il 30 ottobre 2008 viene dedotto un ulteriore motivo:
2.
violazione e falsa applicazione degli artt. 41 e 118 Cost.; dell’art.
13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge 4 agosto 2006,
n. 248; dell’art. 3, comma 27 e ss. Della legge 24 dicembre 2007, n.
244 (Legge finanziaria 2008); dell’art. 2 del d. lgs. n. 163 del 2006;
violazione e falsa applicazione dei principi di libera concorrenza e
parità di trattamento nell’ambio delle procedure di gara. Eccesso di
potere in tutte le sue figure sintomatiche ed, in particolare, per
difetto di istruttoria, carenza dei presupposti. Violazione del parere
n. 213/2008 dell’Autorità per la vigilanza sui contratti di lavori,
servizi e forniture.
Il motivo è prospettato sotto il profilo
della violazione del principio di libera concorrenza e di parità di
trattamento nell’ambito delle procedure di gara.
Illustra,
infatti, parte ricorrente, la posizione di privilegio – già, peraltro,
enunciata nel motivo che precede – che caratterizza la condizione della
controinteressata nell’ambito delle gare. Tale posizione di privilegio
si porrebbe in contrasto con il principio della concorrenza e con
quello della “parità delle armi” tra i vari partecipanti. E’ chiaro,
infatti, secondo la ricorrente, che chi gode della possibilità di un
affidamento diretto e, quindi, di un mercato riservato, nel confronto
con altri operatori economici che non usufruiscano di tale vantaggio,
beneficia di un “doppio privilegio” che si concretizza in una sorta di
“concorrenza sleale”.
Con successivo atto, notificato il 14 novembre 2008, vengono dedotti ulteriori motivi:
3.
violazione e falsa applicazione dei principi generali in tema di
procedure competitive con il criterio di aggiudicazione dell’offerta
economicamente più vantaggiosa; del principio di concorrenza
nell’ambito delle procedure competitive; dell’art. 83 del d. lgs. n.
163 del 2006. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed,
in particolare, per illogicità manifesta, irragionevolezza,
contraddittorietà, disparità di trattamento, sviamento.
Assume,
parte ricorrente, la illogicità della formula matematica che ha
stabilito il punteggio individuale dell’offerta economica.
Tale
formula ha condotto ad un appiattimento del valore spettante
all’offerta economica che “da un range effettivo, potenziale e
qualificante, di 40 punti è passato ad uno reale di meno di 1 punto”.
Infatti, dall’esame dei punteggi risulta che i 40 punti previsti per la
voce “offerta economica” si sono tradotti nell’attribuzione di un
punteggio che va da 39,42 punti (con un rilancio del 50,2%) e 40 punti
(per un rilancio del 67,4%), sicché tale formula non ha consentito di
utilizzare concretamente il potenziale range differenziale di 40 punti
che la lex specialis assegnava all’offerta economica, ed ha comportato
una indebita compressione della voce relativa al prezzo a fronte di
offerte nettamente diverse (sia in termini assoluti che percentuali),
con conseguente alterazione del confronto concorrenziale.
A
fronte del sistema delineato, si pone come preponderante l’incidenza
dell’offerta tecnica, la quale, conservando effettivamente tutto il
range previsto da 0 a 60 punti, ha assunto una preponderanza
assolutamente determinante, vanificando il principio giurisprudenziale,
secondo cui l’aggiudicazione del contratto deve avvenire a seguito di
congiunta considerazione dell’offerta tecnica e dell’offerta economica,
non essendo consentito assegnare ad una delle due il ruolo di criterio
selettivo principale;
4. violazione e falsa applicazione della
Lettera di invito in tema di valutazione ed attribuzione dei punteggi
dell’offerta tecnica. Eccesso di potere in tutte le sue figure
sintomatiche ed, in particolare, per illogicità manifesta,
irragionevolezza, contraddittorietà, difetto di istruttoria, carenza
dei presupposti di fatto, travisamento ed erronea valutazione di fatti,
difetto di motivazione.
Assume, parte ricorrente, che, in
relazione all’offerta tecnica, la controinteressata avrebbe dovuto
ricevere un punteggio inferiore rispetto a quello che le è stato
attribuito; mentre, l’offerta tecnica della ricorrente avrebbe meritato
un più alto punteggio rispetto a quello attribuitole.
La
Lettera di invito, infatti, disponeva con riferimento al “Concept”
(unica componente che viene censurata) il punteggio massimo di 50
punti, ripartito per ciascuna Sezione del Concept, in relazione ai
contenuti per i vari Concept richiesti di ciascuna Sezione e per i vari
Elementi oggetto di Valutazione di ciascun Contenuto richiesto (cfr. p.
4.1.1.1. della Lettera di invito).
Quanto alle modalità di
assegnazione il p. 4.1.2.1. prevedeva un’analisi comparativa delle
offerte pervenute, dettando i criteri di valutazione ed i giudizi da
esprimere (Basso, Medio, Alto o Eccellente), applicando una determinata
formula ivi descritta.
Orbene, nella specie, in relazione alla
Sezione A – Formula Commerciale ed al Contenuto Richiesto, con
specifico riferimento all’Elemento Oggetto di Valutazione “Gamma
prodotti”, per il quale era previsto un punteggio massimo di 3 punti,
la Commissione ha errato nell’attribuire ad Airport Elite il giudizio
“Eccellente” ed a Finifast il giudizio di “Alto”, in quanto l’offerta
della ricorrente ha correttamente rappresentato tutti gli elementi
richiesti dalla lettera di invito per la “Gamma prodotti”, mentre lo
stesso non può dirsi dell’offerta della controinteressata, laddove
viene affermato che “si dà modesta evidenza di una rilevante profondità
della gamma ristoro” e “si dà parziale evidenza di una rilevante
profondità della gamma bar”, mentre il giudizio espresso per la
ricorrente è: “si dà parziale evidenza di una rilevante profondità
della gamma market” e “si dà parziale evidenza del bilanciamento tra
prodotti premium ed economici nell’offerta”, sicché appare evidente che
le due offerte sono equipollenti e, quindi, non avrebbero dovuto
ricevere un giudizio differente.
Per la Sezione B-Politiche
gestionali ed al Contenuto Richiesto Standard operativi, con
riferimento all’unico Elemento Oggetto di Valutazione “Politiche a
favore della qualità e dell’ambiente”, la Commissione ha attribuito
alla controinteressata il giudizio “Eccellente” e alla ricorrente il
giudizio “Alto”.
Anche in questo caso la Commissione ha errato,
posto che nell’offerta di Airpot Elite era stata rilevata “l’assenza di
iniziative volte alla riduzione delle emissioni inquinanti”; elemento,
questo rilevante che non avrebbe dovuto condurre al giudizio di
“Eccellente”.
Quanto alla Sezione C – Progetto tecnico e al
Contenuto Richiesto Concept Architettonico, con riferimento all’unico
Elemento Oggetto di Valutazione “Layout del punto vendita”, la
Commissione ha attribuito sia alla ricorrente che alla
controinteressata il giudizio di “Alto”. Tale giudizio, mentre appariva
corretto nei confronti della ricorrente per aver questa rappresentato
tutti gli elementi richiesti; non altrettanto può dirsi per la
controinteressata laddove viene affermato dalla stessa Commissione che
“non si dà evidenza dell’assenza di percorsi obbligati; le scaffalature
del market costituiscono un percorso obbligato”.
Conclude, sul
punto la ricorrente, esprimendo il giudizio, che – a suo avviso –
sarebbe stato corretto attribuire alla controinteressata punti 1,32 e
non punti 2,64.
Procede, infine, alla disamina della propria
offerta, evidenziando l’erroneità del giudizio della Commissione
laddove, in relazione alla Sezione B – Politiche gestionali e al
Contenuto Richiesto Standard Operativi, con specifico riferimento
all’Elemento Oggetto di Valutazione: “Efficacia del monitoraggio delle
performance economiche e del servizio del punto vendita”, ha attribuito
alla Finifast il giudizio di “Alto” ed alla controinteressata il
giudizio di “Eccellente”, poiché ciò che differenzia le due offerte è
che per la Finifast la Commissione non ha rilevato – come per la
controinteressata – un monitoraggio giornaliero della produttività del
punto vendita. Ciò avrebbe comportato, anche per la ricorrente, un
giudizio di “Eccellente”.
Conclude per l’accoglimento del ricorso, con ogni consequenziale statuizione in ordine alle spese ed onorari di giudizio.
Si
sono costituiti il Roland Berger Strategy Consultans S.r.l.; la Società
Autostrade per l’Italia S.p.a. e la controinteressata Soc. Airport
Elite s.r.l., concludendo per il rigetto del ricorso.
All’Udienza del 29 ottobre 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Oggetto
del presente ricorso è il provvedimento di aggiudicazione alla Società
Airport Elite s.r.l. del servizio di ristoro da svolgersi nell’area di
servizio autostradale di Angioina Ovest relativa al lotto 263.
Con
i primi due motivi di ricorso, la ricorrente deduce la violazione del
principio di concorrenza e di parità di trattamento per illegittima
ammissione alla gara della Società controinteressata. Infatti, essendo
questa beneficiaria di affidamenti diretti da parte di SAVE, sarebbe
titolare di una posizione di vantaggio rispetto agli altri concorrenti.
In particolare, essendo la Airpot Elite s.r.l. partecipata nella misura
dell’86,50% da Save e per il restante 13,50% da La Serenissima,
entrambi, a loro volta, partecipati direttamente o indirettamente da
enti locali, e, quindi, con significativa partecipazione pubblica,
discenderebbe il divieto di partecipare a procedure competitive come
quella in esame, ai sensi dell’art. 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223,
convertito in legge 4 agosto 2006, n. 248.
Il Collegio, pur non
ignorando le difficoltà interpretative in materia ed il dibattito
giurisprudenziale che ne è scaturito, condivide l’orientamento
giurisprudenziale affermato in materia dal Giudice di appello, e
ritiene l’art. . 13 del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge
4 agosto 2006, n. 248, non applicabile al caso di specie.
La
norma., invero, al fine di evitare alterazioni e distorsioni della
concorrenza e del mercato e, nel contempo, assicurare la parità tra gli
operatori, impone a società a capitale interamente pubblico o misto,
costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali o
locali di operare esclusivamente con gli enti costituenti o
partecipanti o affidanti, vietando alle medesime di svolgere
prestazioni in favore di altri soggetti pubblici o privati, sia in
affidamento diretto sia con gara e vietando, altresì, di partecipare ad
altre società o enti (Cons. Stato, Sez. VI, 16.1.2009, n. 215).
La
ratio del divieto introdotto dalla disposizione in questione consiste
nell’impedire che soggetti intrinsecamente connessi all’espletamento di
funzioni della Pubblica Amministrazione potessero, in forza della
propria rendita di posizione, agire come competitors sul libero mercato.
E
tale ratio è stata colta dalla giurisprudenza che ha configurato tali
le società che possono definirsi strumentali, vale a dire quelle
costituite o partecipate per la produzione di beni e servizi
strumentali all’attività dell’amministrazione regionale o locale in
funzione della medesima, con esclusione dei servizi pubblici locali.
La
giurisprudenza più recente, infatti, nell’individuare le due diverse
categorie di società a partecipazione pubblica, ha individuato, quale
presupposto necessario ed indefettibile per l’applicazione della norma,
la strumentalità dei beni e servizi prodotti finalizzati a soddisfare
l’esigenza dell’ente pubblico partecipante per individuare la prima,
mentre le società del secondo tipo sono state ricondotte a moduli
paritetici ove il ruolo degli enti territoriali non si differenzia da
quello dell’azionista di una società per azioni. ( TAR Valle D’Aosta
20.2.2009, n. 8; TAR Veneto, Sez. I, 31 marzo 2008, n. 788; TAR Lazio,
Sez. II, 5.6.2007, n. 5192, confermata da Cons. Stato, Sez. IV, 5 marzo
2009, n. 946, TAR Lazio, Sez. III, 14 aprile 2008, n, 3109).
Anche
la Corte costituzionale (sentenza 13 agosto 2008, n. 326) ha chiarito
la portata della disposizione, sicché può ritenersi superato
l’orientamento che considerava il divieto introdotto dall’art. 13
rivolto in via generale a tutte le società costituite o comunque
partecipate da amministrazioni locali (orientamento cui va ricondotto
anche il parere dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici
di lavori, servizi e forniture n. 135 del 2007, richiamato dalla
ricorrente), laddove ha rilevato che la disposizione de qua definisce
“il proprio ambito di applicazione non secondo il titolo giuridico in
base al quale le società operano, ma in relazione all’oggetto sociale
di queste ultime” Ed ancora, la Corte osserva che la disposizione è
fondata “sulla distinzione tra attività amministrativa in forma
privatistica e attività d’impresa di entri pubblici. L’una e l’altra
possono essere svolte attraverso società di capitali, ma le condizioni
di svolgimento sono diverse. Nel primo caso vi è attività
amministrativa, di natura finale o strumentale, posta in essere da
società di capitali che operano per conto di una pubblica
amministrazione. Nel secondo caso, vi è erogazione di servizi rivolta
al pubblico (consumatori o utenti), in regime di concorrenza”.
Sicchè,
deve ritenersi che solo alle società del primo tipo sia applicabile il
divieto di operare con enti diversi da quelli di riferimento.
Deve,
altresì, sottolinearsi il carattere eccezionale e di stretta e
tassativa interpretazione della disposizione in questione, più volte
affermato dalla giurisprudenza e, conseguentemente, la sua
applicabilità alle sole società a capitale interamente pubblico o
misto, caratterizzate dalla strumentalità all’attività degli enti e
dall’essere moduli organizzativi interni delle amministrazioni
affidanti.
Tenuto conto delle considerazioni appena svolte, deve
osservarsi che la Società controinteressata, indirettamente partecipata
da enti pubblici, è tuttavia priva dei vincoli della strumentalità e
della funzionalità con l’ente pubblico, e si caratterizza, invece,
dall’operare nel mercato in diretta concorrenza con le altre imprese
pubbliche o private.
La controinteressata Airport Elite S.r.l.,
quindi, sfugge all’applicazione della normativa invocata, poiché essa
non svolge alcuna attività di supporto all’amministrazione territoriale
e, quindi, non può sfruttare la posizione di privilegio che
caratterizza le società pubbliche allorché operino quale “ente
strumentale” del soggetto pubblico di riferimento a discapito di
operatori privati.
D’altro canto, l’attività che Airpot Elite
ambisce svolgere attiene alla concessione per la gestione di un’area di
servizio autostradale, che configura una “procedura di affidamento in
(sub) concessione di un bene pubblico, nel cui ambito gli affidatari
prestano a ben definite categorie di utenti un servizio pubblico
consistente in attività specificamente individuate dalla legge” (TAR
Lazio, Sez. III, 2.8.2004, n. 7571); quindi, un’attività strumentale e
pertinente alla concessione della rete, e non strumentale nei confronti
degli enti locali.
I limiti imposti dalla norma sopra richiamata
non operano neanche nei confronti della Società di gestione
aeroportuale Save S.p.a. per assenza dei presupposti richiesti dalla
norma.
Ed invero, la Save S.p.a., anche se partecipata da enti
pubblici locali, è società di capitali quotata in borsa, e si occupa di
trasporto aereo, attività questa che, certo, non può essere configurata
come strumentale dell’ente locale ovvero finalizzata alla produzione di
beni e servizi da erogare a supporto di funzioni amministrative di
natura pubblicistica, di cui resta titolare l’ente di riferimento e con
i quali lo stesso ente provvede al perseguimento dei suoi fini
istituzionali (cfr. TAR Piemonte, 24 ottobre 2008, n. 2676), ma, al
contrario, essa svolge in regime di concessione un servizio pubblico di
interesse generale in un settore oggetto di normativa specifica e sul
mercato rivolto verso gli operatori del traffico e verso gli utenti;
oltre ad attività che comprende l’acquisizione di partecipazioni in
altre società aeroportuali, la gestione di altri aeroporti, nonché,
l’acquisizione di partecipazioni in società nazionali o internazionali
svolgenti attività di ristorazione
Consegue che anche la controllante Soc. Save è sottratta all’ambito di applicabilità della disposizione in esame.
La
ricorrente valorizza, inoltre, con forza, la circostanza che la
controinteressata abbia fruito di affidamenti diretti da parte di Save,
in particolare nello svolgere attività di ristorazione presso
l’aeroporto di Venezia, sicché, l’utilizzo da parte di Save di una
propria società per detto servizio, porrebbe tale società in una
posizione di privilegio, in contrasto con i principi della concorrenza.
L’assunto non può essere condiviso.
Giova
osservare, in primo luogo, che quando il legislatore ha voluto
escludere dalla partecipazione alle gare alcuni soggetti o enti in
ragione della loro composizione o delle specifiche caratteristiche
della loro attività lo ha espressamente stabilito e, come abbiamo
visto, le norme devono essere ancorate ad una interpretazione
costituzionalmente e comunitariamente orientata con l’esclusione di
applicazioni analogiche, come peraltro ribadito dalla Corte
costituzionale, sicché, nella specie, non può costituire elemento
pregiudicante per la controinteressata la circostanza che la società
controllante Save, società per azioni, abbia quali soci enti locali. La
partecipazione pubblica non può costituire una condizione soggettiva di
esclusione assoluta dagli appalti ulteriore rispetto a quelle
tassativamente indicate dalle direttive comunitarie.
Deve,
altresì, considerarsi che l’evenienza di essere affidatario diretto del
servizio di ristorazione e bar nell’ambito dell’aeroporto di Venezia
non sembra idonea a realizzare una distorsione del mercato o della
concorrenza, costituendo tale attività una parte limitata dell’attività
della società controinteressata, come risulta dallo Statuto della
Società stessa, da cui si rileva che Airport Elite è stata costituita
quale soggetto pronto ad operare sul mercato ed a fornire ad un
pubblico indifferenziato i propri servizi.
Analogo discorso può
farsi per quanto riguarda la Soc. Serenissima, la quale compie attività
di progettazione e gestione di autostrade e, quindi, è soggetto
imprenditoriale a tutti gli effetti, che svolge un servizio di
interesse generale, certo non riconducibile alla nozione di servizio
strumentale all’attività degli enti locali che la partecipano.
La
ricorrente, inoltre, richiama l’art. 3, comma 27, della legge 24
dicembre 2007, n. 244, che fa divieto, alle amministrazioni pubbliche
di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, di
partecipare in società aventi per oggetto la produzione di beni e
servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie
finalità istituzionali, vietando, altresì, di assumere o mantenere
direttamente o indirettamente partecipazioni, anche in minoranza, in
tali società. In sostanza, con tale disposizione, il legislatore ha
esteso a tutte le società pubbliche il divieto di attività extra moenia
posto dal discusso art. 13.
Deve, in proposito, richiamarsi
l’art. 71, comma 1, lett. b) della legge 18 giugno 2009, n. 140 che ha
modificato la disposizione in esame, eliminando nel suo contesto
l’avverbio “o indirettamente”, consentendo così agli enti locali di
partecipare, con proprie società, ad altre società, senza contare che
l’ambito applicativo della disposizione è diverso rispetto a quello
dell’art. 13. Invero, mentre l’art. 13 citato riduce ex lege la
capacità di agire di una società-veicolo, imponendo una esclusività
dell’attività svolta in favore dell’ente di riferimento; l’art. 3,
comma 27, della legge n. 244 del 2007 delimita la capacità di agire
dell’ente titolare della partecipazione sociale a quelli che dovrebbero
essere i suoi propri confini.
Alla luce delle su esposte
argomentazioni, viene meno il profilo di censura relativo alla
violazione dei principi di libera concorrenza e parità di trattamento
nell’ambito delle procedure di gara.
Con un ulteriore motivo
Finifast deduce la illegittimità della formula matematica prevista dal
bando/lettera di invito per l’attribuzione del punteggio dell’offerta
economica sotto il profilo della illogicità, in quanto relegherebbe la
valutazione dell’offerta economica ad un ruolo subalterno e, in
particolare, la tale formula non avrebbe consentito di utilizzare
concretamente il potenziale range differenziale di 40 punti che la lex
specialis assegnava all’offerta economica.
Va condivisa
l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse dedotta dai
resistenti, trattandosi di doglianza palesemente incompatibile – per
gli effetti demolitori che, ove riconosciuta fondata, produrrebbe
sull’intero procedimento – con la richiesta esplicita ed
inequivocabilemente avanzata dalla ricorrente di aggiudicazione
dell’appalto e, solo in via gradata, di risarcimento del danno per
equivalente.
Come già affermato da questa Sezione con sentenza
n. 10720 del 2009 resa sulla stessa gara, ma per lotti diversi,
contestata dalla stessa Finifast S.p.a., non può infatti essere seguita
la ricorrente allorché, nella memoria (non notificata) depositata alla
vigilia dell’udienza di discussione, oppone all’eccezione dei
resistenti il suo interesse strumentale all’annullamento dell’intero
procedimento, e richiama a supporto dello stesso la decisione
dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 18 novembre 2008 n. 11,
peraltro assegnando ad essa affermazioni di principio non pertinenti
rispetto al thema decidendum sul quale il Collegio è chiamato a
pronunciare.
Ed invero, con puntuale richiamo a principi da
considerare acquisiti nella giurisprudenza del giudice amministrativo,
l’Adunanza plenaria ha precisato che l’impresa partecipante ad una gara
pubblica è titolare di un interesse a ricorrere non solo quando “mira”
ad ottenere l’aggiudicazione dell’appalto, che le è stata negata, ma
anche quando, quale titolare di un interesse strumentale, “mira” ad
ottenere l’annullamento di tutti gli atti del procedimento, affinché la
gara sia interamente ripetuta con l’individuazione di un nuovo bando,
emendato delle clausole da essa ritenute illegittime.
Utilizzando
il verbo “mira” per ambedue le ipotesi innanzi richiamate l’Adunanza
plenaria ha inteso identificare i diversi obiettivi, normalmente
gradati, che il ricorrente è legittimato a perseguire, ma che devono
essere chiaramente specificati, nel rispetto delle forme, delle
modalità e dei termini di rito, sia nella motivazione che nelle
conclusioni dell’atto introduttivo del giudizio.
Sarebbe infatti
irragionevole il solo supporre che in un processo di parti, quale è
quello amministrativo, il giudice adito possa sostituirsi al
ricorrente, che è assolutamente libero di impostare come crede la
propria linea difensiva, riconoscendogli d’ufficio un interesse
ulteriore e diverso da quello, unico, che egli aveva dedotto nei suoi
scritti difensivi, intervenendo quindi in funzione di supporto rispetto
ad errori o comunque a carenze dell’interessato nella difesa, nel rito
e/o nel merito, delle proprie ragioni.
Sarebbe egualmente
contrario a principi sia di logica che di diritto il solo supporre che
i resistenti, che hanno tempestivamente e ritualmente rilevato le
contraddizioni nelle quali è incorso il ricorrente nell’impostare la
difesa delle proprie ragioni, possano essere irritualmente chiamati a
fronteggiare, nella pendenza del giudizio, un nuovo capo di domanda
(perché tale è l’annullamento dell’intero procedimento rispetto
all’originaria e unica richiesta di aggiudicazione dell’appalto),
prodotto fra l’altro oltre i termini decadenziali e con memoria non
notificata.
Si vuole dire, in altri termini, che l’interesse
strumentale, non diversamente da quello diretto, non è nella
disponibilità del giudice, che può riconoscerlo non a chi ne è solo
potenzialmente titolare ma a chi lo fa concretamente valere in giudizio
nel rispetto delle regole che presiedono il processo amministrativo, e
non a chi pretenda di utilizzarlo a mò di rimedio a originarie carenze
difensive.
Nella specie è incontestabile che la ricorrente ha
sempre chiesto, nel preambolo, nella parte motiva e nelle conclusioni
dell’atto introduttivo del giudizio, solo l’aggiudicazione dell’appalto
che assume essere stato illegittimamente assegnato alla
controinteressata e in via gradata, per l’evenienza che nelle more del
giudizio sia già stato stipulato il contratto fra la stazione
appaltante e l’aggiudicataria, il riconoscimento del danno per
equivalente.
Segue da quanto fino ad ora esposto che non può
essere seguita la ricorrente allorché nella succitata memoria, e al
fine di fronteggiare l’eccezione dei resistenti, sostiene che il suo
intento a far valere anche un interesse strumentale era agevolmente
desumibile dalla censura dedotta contro una specifica clausola del
bando. E’ infatti agevole opporre che ogni censura deve essere valutata
dal giudice con riferimento, prima ancora che alla sua fondatezza, alla
sua idoneità a far ottenere al soggetto, che l’ha proposta, il
risultato vantaggiosa al quale egli “mira”, ed è quindi inammissibile
allorché il risultato che potenzialmente sarebbe in grado di
assicurargli va in senso diametralmente opposto a quello che costituiva
l’oggetto del suo petitum originario. Quest’ultimo, in sostanza, è il
paramento al quale il giudice deve fare riferimento per valutare
l’ammissibilità della doglianza.
Del resto una ulteriore
riprova, ove necessaria, che l’obiettivo effettivamente perseguito
dalla ricorrente con la proposizione della censura in questione non
fosse l’annullamento dell’intero procedimento, ma solo la
riaggiudicazione dell’appalto di un servizio che da tempo gestiva, è
rinvenibile nel fatto che ben sei lotti, degli 81 oggetto di gare
separate, le sono stati aggiudicati applicando la stessa formula
matematica ora contestata ed utilizzata per tutte le gare oggetto di
separate procedure concorsuali, con la conseguenza che essa non poteva
ignorare né trascurare, alla luce del comune buon senso che deve
riconoscersi ad un imprenditore, che, ove ne fosse stata riconosciuta
l’illegittimità, si esponeva al rischio concreto di un annullamento
d’ufficio di tutti gli affidamenti ottenuti, al quale la stazione
appaltante avrebbe potuto ritenersi obbligata al fine di conformarsi al
dictum del suo giudice e a garanzia della par condicio di tutte le
imprese concorrenti.
Il motivo in esame, oltre che inammissibile
(e la relativa declaratoria è da considerarsi assorbente), è comunque
infondato nel merito.
Va infatti subito chiarito che l’art. 2,
comma 85, D.L. 3 ottobre 2006 n. 262, convertito in L. 24 novembre 2006
n. 286, come modificato dall’art. 1, comma 939, L. 27 dicembre 2006 n.
296 (Finanziaria 2007), ha introdotto una disciplina ad hoc per
l’affidamento dell’attività di ristorazione nelle aree di servizio
autostradale, disponendo, tra l’altro, che lo stesso deve essere
effettuato a conclusione di una “b) valutazione delle offerte dei
concorrenti che valorizzino l’efficienza, la qualità e la varietà dei
servizi, gli investimenti in coerenza con la durata degli affidamenti e
la pluralità dei marchi. I processi di selezione devono assicurare una
prevalente importanza al progetto tecnico-commerciale rispetto alle
condizioni economiche proposte”.
E’ quindi la stessa norma che
impone alla stazione appaltante di dare prevalenza all’offerta tecnica
rispetto a quella economica, affinché sia garantita la qualità del
servizio a tutela dell’utenza, che secondo noti principi di scienza
dell’economia risulterebbe inevitabilmente compromessa da offerte al
rialzo che raggiungessero, come in effetti è avvenuto nella specie,
picchi incompatibili con il reddito che ogni imprenditore ha titolo a
ricavare dall’attività che svolge e che in taluni casi raggiungono
livelli incompatibili con il passivo plurimilionario di bilancio
afferente all’esercizio della medesima attività svolta, con canoni più
vantaggiosi per il gestore, negli esercizi precedenti, siccome
affermato dai resistenti e non contestato dalla ricorrente.
Segue
da ciò che la formula matematica di cui la ricorrente si duole, perché
penalizzerebbe oltre il dovuto l’offerta economica a vantaggio di
quella tecnica e di cui peraltro essa si è avvalsa, come già detto, per
ottenere l’affidamento di sei lotti, è il sistema di valutazione
saggiamente predisposto dall’advisor e adottato dalla stazione
appaltante al fine di evitare che, in contrasto con il chiaro ed
inequivoco dettato della normativa in materia, rialzi dell’offerta
economica in misura incompatibile con le leggi del mercato si
traducano, come è inevitabile, in un corrispondente abbassamento della
qualità dell’offerta tecnica.
Del pari infondato è l’ultimo
motivo, volto a contestare l’operato della Commissione in relazione
all’offerta tecnica, la quale, se correttamente valutata, avrebbe
dovuto condurre ad un punteggio inferiore rispetto a quello ottenuto
nei confronti dell’aggiudicataria e ad un più alto punteggio rispetto a
quello attribuito nei confronti della ricorrente.
In
particolare, la ricorrente assume che la Commissione avrebbe attribuito
ad alcune offerte, specificamente richiamate, qualificazioni (fra le
quattro a sua disposizione: “basso”, “medio”, “alto”, “eccellente”) non
corrispondenti ai punteggi effettivamente spettanti per ciascuna di
esse; di contro, avrebbe attribuito a talune sue offerte, anche in
questo caso specificamente indicate, punteggi inferiori a quelli
dovuti, con conseguente assegnazione di una qualifica inferiore a
quella che le sarebbe spettata.
La ricorrente specifica le
singole voci in ordine alle quali il modus procedendi seguito dalla
Commissione di gara non sarebbe stato corretto, afferma che ad una
revisione in pejus dei punteggi assegnabili alla aggiudicataria deve
seguire l’assegnazione alla stessa di una qualificazione inferiore,
così come ad una revisione in meljus dei singoli punteggi ad essa
attribuiti, il riconoscimento di una qualificazione superiore.
Il
metodo adottato dalla ricorrente per dimostrare la fondatezza del suo
assunto è il raffronto fra gli elementi, che costituiscono le richieste
componenti delle specifiche offerte che essa assume essere state non
correttamente valutate, e i prefissati parametri di valutazione;
dall’esito di tale raffronto essa fa discendere l’obbligo per la
stazione appaltante di rivedere i punteggi attribuiti assegnando a
ciascuna offerta, complessivamente considerata in tutte le sue
componenti, una qualificazione fra le quattro assegnabili (“basso”,
“medio”, “alto” ed “eccellente”) inferiore o superiore a quella
irregolarmente attribuita. E’ chiaro che la retrocessione ad una
qualifica inferiore è invocata dalla ricorrente per le offerte
dell’aggiudicataria, in quanto risultate a suo avviso sopravalutate a
conclusione di detta verifica; il passaggio ad una superiore
qualificazione è chiesta per talune sue offerte, che assume essere
state invece illegittimamente sottovalutate.
La conclusione che
la ricorrente trae dal suo ampio argomentare e dai conteggi da essa
effettuati, che sottopone al vaglio del Collegio, è che
all’aggiudicataria sarebbe stato corretto attribuire per l’offerta
tecnica punti 1,32 e non punti 2,64. Al tempo stesso una corretta
assegnazione dei punteggi spettanti alla ricorrente per le diverse
offerte da essa indicate e il correlativo passaggio a qualificazioni
superiori comporrebbero l’assegnazione a suo favore di un punteggio
aggiuntivo di 3 punti in luogo dei punti 1,98, vale a dire 1,02 in più.
Complessivamente, se la Commissione avesse correttamente valutato le
offerte tecniche, Airport Elite avrebbe avuto un punteggio pari a 47,29
punti piuttosto che 50,65 punti; mentre, Finifast avrebbe dovuto
ricevere un punteggio pari a 43,62 piuttosto che 42,60 punti che le
sono stati assegnati. Consegue che, sottraendo all’aggiudicataria i
punti ad essa non spettanti, il suo punteggio complessivo scenderebbe a
47,29, laddove quello da riconoscere alla ricorrente salirebbe a 43,62.
Con
memoria depositata in prossimità della pubblica udienza, le resistenti
hanno ampiamente contestato il metodo seguito dalla ricorrente in sede
di verifica della correttezza dei punteggi assegnati per l’offerta
tecnica e delle relative qualificazioni.
Giova premettere,
seguendo un principio da ritenersi acquisito nella giurisprudenza del
giudice amministrativo e come già chiarito nella citata sentenza di
questo Tribunale n. 10720 del 2009, che le valutazioni effettuate
dall’organo tecnico e che sono espressione non solo di discrezionalità
amministrativa ma, come nella specie, anche e soprattutto di
discrezionalità tecnica, sono soggette al sindacato del giudice
amministrativo entro limiti ridottissimi, che riflettono non solo i
rapporti fra i poteri che l’ordinamento assegna all’Amministrazione e
quelli propri del suo giudice, ma anche la competenza specifica ed
esclusiva che la normativa riconosce in determinati settori all’organo
tecnico dell’Amministrazione, alla quale non si contrappone una eguale
competenza da parte del giudicante. Corollario obbligato di detta
premessa è, in punto di diritto, che non si può chiedere al giudice di
sovrapporre la sua valutazione (comunque espressiva di una competenza
specifica che non possiede) a quella dell’organo tecnico, ma solo di
annullarla, rimettendo allo stesso il compito di riprovvedere,
emendandola dai vizi riscontrati, fra i quali assumono rilevanza, come
elementi giustificativi di una eventuale pronuncia cassatoria, la
manifesta illogicità, il travisamento dei fatti e la carenza, ictu
oculi rilevabile, dei presupposti che la normativa di riferimento
(legge, regolamento e/o lex specialis) richiama come parametri ai quali
la Commissione di gara deve conformarsi nel formulare il suo giudizio.
Tuttavia,
al riguardo il Collegio osserva che, pur seguendo la tesi difensiva di
parte ricorrente e assumendo come fondate le censure dedotte e i
punteggi contestati, il punteggio della controinteressata per l’offerta
tecnica si ridurrebbe a 47,29 punti e i punti in più che Finifast
riceverebbe sarebbero 1,02. Sicché ove si sottraggano punti 3,36 al
punteggio complessivo ( 90,07) conseguito da Airport Elit, si
otterrebbe il punteggio di 86,71. Nel contempo, ove si aggiungessero
punti 1,02 al punteggio complessivo (82,60) conseguito da Finifast si
otterrebbe il punteggio di 83,62.
Consegue da ciò che anche
accogliendo le censure dedotte, la controinteressata rimarrebbe
comunque aggiudicataria della procedura de qua.
Consegue la
inammissibilità del motivo, in quanto, pur accogliendo tutte le censure
analiticamente articolate da Finifast, l’offerta migliore rimarrebbe
comunque quella di Airport Elite.
Per le argomentazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto.
La
complessità delle questioni sottoposte all’esame del Collegio
giustifica l’integrale compensazione fra le parti in causa costituite
delle spese e degli onorari del giudizio.
P.Q.M.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. III Ter,
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2009 con l’intervento dei Magistrati:
Maria Luisa De Leoni, Presidente FF, Estensore
Donatella Scala, Consigliere
Giulia Ferrari, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 06/11/2009.