Sono almeno sei milioni gli italiani che non possono avere accesso a una connessione a banda larga.
Internet veloce, web Tv, tariffe flat a prezzi stracciati, offerte integrate Internet e voce, VoIP. Per molti italiani questo è soltanto rumore di fondo: sono i milioni di persone che subiscono le pubblicità martellanti dei provider senza poter aderire alle loro offerte, perché l’Adsl, il mezzo più comune per accedere a tutti questi servizi, a loro non arriva.
“A settembre 2006 la copertura Adsl ha raggiunto l’88% della popolazione, ma circa sei milioni di cittadini sono a rischio digital divide”, ovvero “divario digitale”, inteso come mancanza della possibilità di accesso ai servizi Internet ad alta velocità. Questo si legge nel sito dell’Osservatorio banda larga a cura del ministero delle Comunicazioni. Secondo i dati ufficiali del Governo è coperto il 98% della popolazione delle aree urbane, l’84% di chi vive in aree suburbane e il 46% di coloro che stanno in aree rurali.
Per portare l’Adsl nelle case degli italiani, leggiamo sempre sul sito del Ministero, sono necessarie due condizioni: “la connessione a fibra ottica della centrale telefonica alla rete di trasporto (…) e la presenza di apparati DSLAM nelle centrali telefoniche”. L’assenza di entrambi questi requisiti prefigura un digital divide di lungo periodo: gli interventi necessari per abilitare queste centrali ai servizi Adsl sono costosi e complessi. Si trova in questa situazione il 9% della popolazione italiana, che quindi non ha l’Adsl ora e non ha grandi speranze di ottenerla in futuro.
Le centrali prive di DSLAM ma dotate di collegamenti in fibra ottica possono, in teoria, essere messe in grado di fornire servizi Adsl. Alcune, però, sono troppo piccole per giustificare, agli occhi di Telecom, che possiede la rete, l’investimento di riconversione. In questa situazione si trova il 3% degli italiani, per i quali, quanto meno, il digital divide potrebbe forse essere superato in futuro.
Altri, poi, non possono essere raggiunti dall’Adsl a causa dei cosiddetti Mux, apparati installati dalla Telecom per rendere disponibili più linee nelle zone dove non valeva la pena costruire nuove centrali. La presenza di questi apparati preclude la possibilità di avere l’Adsl, perché molta più banda viene usata per la voce e la velocità massima del collegamento è ferma a 56 k. Esiste inoltre un limite di lontananza dalla centrale: oltre i 5 km il servizio Adsl potrebbe anche non essere fornito.
La banda larga è considerata a livello mondiale un requisito essenziale per garantire lo sviluppo economico di un Paese. Sempre più lo sarà nei prossimi anni: come mai allora non ammodernare la rete una volta per tutte?
“Molti comuni di dimensioni piccole o piccolissime sono situati in zone la cui morfologia rende finanziariamente onerosa e tecnicamente complessa la realizzazione di infrastrutture che garantiscano la disponibilità dei servizi a banda larga”. Secondo l’Osservatorio del Ministero, insomma, è il territorio impervio di molte zone dell’Italia che rende difficile migliorare la rete. Abbiamo dubbi a riguardo: i nostri soci che abitano nel centro di grandi metropoli e non riescono ad avere l’Adsl sono la più chiara testimonianza che quello del digital divide non è un problema che affligge solo i paesini arroccati. Siamo in presenza di una rete con molti buchi.Chi ci si trova dentro è costretto a utilizzare Internet a “scartamento ridotto”.
La tabella riporta i risultati delle nostre prove. Dando un’occhiata alle diverse tempistiche, si possono suddividere le varie attività svolte su Internet in tre categorie. Ci sono quelle fattibili anche con un modem a 56k, sia pure a rilento e in maniera meno gradevole e immediata rispetto a una connessione veloce: leggere la posta, acquistare un libro, leggere l’home page di un quotidiano. Poi abbiamo una serie di operazioni che sono sì possibili, nel senso che il computer è in grado di portarle a termine, ma la cui comodità d’uso è veramente scarsa: si tratta tipicamente dello scaricamento di file, come programmi e canzoni, ma anche antivirus e aggiornamenti del software utili per proteggere la sicurezza dei propri dati. Se serve un’ora e mezza, durante la quale tra l’altro si paga una telefonata urbana, per scaricare un programma da 35 MB, non saranno molti i navigatori con modem 56 k a farlo.
Infine ci sono operazioni impossibili. Vediamo le principali.
• Il Peer to Peer: viste le grandi quantità di byte scambiati, il P2P è ormai pensato per funzionare con collegamenti veloci e per molte ore di connessione consecutive.
• Il VoIP: la qualità della voce delle telefonate tramite Internet sarebbe troppo bassa e comunque se si si paga a consumo si perde il risparmio, punto cruciale del VoIP.
• Fare videogiochi online: nessuna delle console che testiamo in questo stesso numero di Hi_Test è collegabile a Internet via modem 56 k; giocare con il computer è comunque impensabile a causa della lentezza e quindi della scarsa fluidità del gioco e ha costi improponibili. Non è impossible vedere un video online, ad esempio su You Tube, ma reputiamo che la lentezza del caricamento e la scarsa fluidità della visione rendano quest’operazione così insoddisfacente per un utente a 56k da non valer la pena. Insomma, nella migliore delle ipotesi la lentezza è un fastidioso compagno di lavoro, mentre per lo svolgimento di alcune attività diventa un ostacolo reale. La situazione è destinata a peggiorare, perché qualunque prodotto o servizio venga confezionato da adesso in poi è pensato per un utente “a banda larga”.
Vediamo come può accedere a Internet chi non è coperto dall’Adsl.
• Fibra ottica. È veloce, ma non rappresenta una reale alternativa: in genere le zone raggiunte dalla fibra ottica sono già coperte anche dall’Adsl.
• Umts. Il collegamento è lento e costoso. Dallo stesso canale i gestori fanno passare voce e dati. Essendo operatori di telefonia mobile, la priorità per le “chiamate” dati è molto bassa e il servizio risulta poco rispondente.
• Super Umts. Si basa sulla tecnologia Hsdpa (High speed downlink packet access), che incrementa la velocità della rete Umts esistente. Già offerto da alcuni operatori, la corpertura non è capillare. Quanto alle prestazioni, in base alle prove da noi svolte, l’Hsdpa è molto migliore del modem 56 k, ma comunque non a livello dell’Adsl. Resta inoltre un problema di latenza di segnale che rende questo collegamento poco adatto, ad esempio, per i videogiochi online. Lo scopo dei sistemi via cellulare è che consentono, nelle zone coperte, un collegamento “mobile”, ad esempio utilizzando una scheda-modem all’interno di un computer portatile.
• Satellite. Se è monodirezionale, lo scaricamento dei dati (download) è abbastanza veloce, ma per caricare, ad esempio allegare una foto a un messaggio di posta e spedirlo, si viaggia lentamente. Questo doppio binario rappresenta un problema, ad esempio, per le telefonate via Internet: la voce viene trasmessa con molto ritardo e la conversazione è di fatto impossibile. I costi, già elevati, aumentano ancor più se vogliamo che il flusso diventi bidirezionale, quindi meno lento.
• Wi-fi. Richiede un certo investimento e il coinvolgimento delle amministrazioni locali per l’installazione delle antenne sul tetto di palazzi o su tralicci già esistenti. Si tratta di un investimento che per il singolo utente è impensabile, ma diventa sensato se a farlo è appunto il Comune o il provider stesso, reputando conveniente coprire una zona non raggiunta dall’Adsl. In molti piccoli comuni d’Italia il Wi-fi ha dimostrato di funzionare. Porta la banda larga via radio, posizionando i ripetitori nel raggio di 25-30 km intorno a una connessione esistente. Le antenne sono più piccole di una parabola e hanno bassa emissione elettromagnetica (da 0,1 a 1 Watt). È l’unica alternativa all’Adsl che offra tariffe “flat”, ovvero fisse.
Il ministero della Difesa ha finalmente acconsentito a dedicare a usi commerciali alcune frequenze radio destinate all’esercito. Sta per scattare l’ora del Wi-Max, che sulla carta può garantire un’ampiezza di banda mai vista finora, e coprire con una sola postazione un raggio di circa 50 – 60 km. Si tratta di una versione assai più potente del Wi-fi, che potrebbe di fatto risolvere il problema del digital divide, portando la banda larga davvero ovunque. In questo senso ci sarebbero i presupposti per creare una reale alternativa alla rete in rame, posseduta da Telecom. Ma le frequenze non sono a disposizione di chiunque, come accade adesso per il Wi-fi, bensì saranno oggetto di un’asta per assegnarne le licenze d’uso. Quello che da più parti si teme è che il prezzo di partenza per la vendita di queste licenze sia tale da consentire di concorrere solo ad aziende dalle grandi disponibilità economiche. Insomma, c’è il rischio che si crei un nuovo oligopolio, come era successo con l’assegnazione delle licenze Umts. E a farne le spese sarebbero ancora una volta i consumatori.