Sospetto di reato? Illegittima la perquisizione domiciliare
Gli inquirenti non possono
perquisire il domicilio di un cittadino sulla base di un’ipotesi di reato, come potrebbe essere quella di detenzione di armi. Non solo. La resistenza del cittadino agli inquirenti non è da definirsi resistenza a pubblico
ufficiale. Il cittadino
che si oppone con la forza, dunque, non è perseguibile dalla legge. A questa interessante conclusione è giunta la Corte di Cassazione con la
sentenza n. 48552 del 18 dicembre 2009, con cui ha annullato
la condanna nei confronti di un cittadino che aveva reagito con forza alla pretesa di perquisizione del proprio appartamento da parte di un pubblico ufficiale e di un maresciallo dei carabinieri, i quali sospettavano che l’uomo detenesse armi illegalmente. I giudici hanno spiegato che “va evidenziato che la previsione
costituzionale, nell’introdurre la riserva di legge per derogare alla
regola inviolabilità del domicilio, in stretto collegamento con la
libertà personale, impone all’interprete un’interpretazione rigorosa
dell’art. 41 R.D. cit., da cui sia bandita qualsiasi libera iniziativa
e valutazione discrezionale degli organi di polizia giudiziaria e
negata la possibilità che la perquisizione possa essere effettuata
sulla base di un mero sospetto (che può trarre origine anche da un
semplice personale convincimento), essendo sempre necessaria
l’esistenza di un dato oggettivo che costituisca “notizia, anche per
indizio”, il quale, per sua natura, deve ricollegarsi ad un fatto
obbiettivamente certo o a più fatti certi e concordanti tra loro. Al di
fuori di tale presupposto, la perquisizione domiciliare è non soltanto
illegittima, ma anche oggettivamente arbitraria, sconfinando
nell’indebita incisione della libertà domiciliare, tutelata per
Costituzione nei confronti di chiunque, anche e innanzitutto nei
confronti del potere pubblico”.