Spagna: picchiare il capo non giustifica il licenziamento
MADRID
I giudici andalusi hanno dato ragione a un impiegato che contestava di
L’incidente è stato citato nella lettera di licenziamento consegnata
La sentenza ha suscitato parecchi commenti critici. Per il giurista
(16 marzo) – Insulta, aggredisce e picchia il capo ufficio. Poi, sicuro
di andare in prigione, minaccia di perseguitare lui e la sua famiglia.
Non solo non è andato in carcere, ma è restato al suo posto. Lo ha
stabilito il tribunale superiore di giustizia dell’Andalusia.
essere stato licenziato per avere aggredito il suo datore di lavoro.
L’episodio, secondo il tribunale andaluso, «non ha la gravità
necessaria a costituire motivo di licenziamento». Il dipendente
irascibile, dirigente di una ditta immobiliare, si era alterato con il
capo dell’azienda perché aveva capito – ha spiegato ai giudici – che
questi voleva licenziarlo adducendo come motivo un calo di
produttività. Prima ha quindi insultato il suo capo dandogli del
«codardo, svergognato e ladro», poi lo ha minacciato gridandogli: «Non
m’importa di andare in prigione, ti perseguiterò, andrò a casa tua a
fare giustizia». Poi lo ha spintonato più volte, facendolo cadere.
Quindi, mentre a questo punto veniva trattenuto da alcuni presenti, ha
cercato di colpirlo a calci, «lanciando pedate da karateka».
poco dopo all’uomo. Che ha fatto ricorso ai tribunali. Secondo i
giudici andalusi che gli hanno dato ragione, gli insulti e
l’aggressione al datore di lavoro «vanno considerati nella situazione e
nel contesto in cui si trovava in quel momento» il dipendente. «Se il
suo comportamento poteva meritare una sanzione», aggiungono,
«certamente non era misura adeguata il licenziamento, la sanzione più
grave che esiste nell’ambito del lavoro».
Inigo Sagardoy il tribunale andaluso «cade di nuovo nella dottrina,
tristemente ricorrente in alcune nostre sentenze sul lavoro di sminuire
fortemente il comportamento di un lavoratore con la giustificazione di
stati d’animo alterati: bisognerebbe invece essere molto più severi con
questo tipo di condotta». L’avvocato Ignacio Hidalgo parla di sentenza
«barbara» e il giuslavorista Antonio Pedrajas Quiles avverte che
«lasciare impunite aggressioni fisiche al datore di lavoro danneggia
gravemente la figura dell’imprenditore e il suo potere decisionale».