Spesa:Milano e Bolzano le più care
Al Nord fare la spesa costa molto più che nel resto d’Italia. A Milano e Bolzano, in particolare, la differenza rispetto alla media è superiore del 10%: nel dettaglio, Bolzano costa il 13,3% in più, Milano l’11,2%. La borsa della spesa pesa di meno a Napoli e Bari, con prezzi inferiori del 10%. I dati sono stati elaborati dall’Istat, che ha analizzato tre tipologie di beni: alimentari, abbigliamento, arredamento.
L’indagine è stata centrata proprio sulle differenze nel livello dei prezzi tra i capoluoghi di regione italiane relativi ad alcune tipologie di beni e in particolare riguardanti tre capitoli di spesa (alimentari, abbigliamento e calzature e arredamento). Si tratta di prodotti che raggiungono un peso complessivo pari a circa il 35% della spesa per consumi delle famiglie. I dati riguardano il 2006 e sono stati presentati da Istat, Unioncamere e Istituto Guglielmo Tagliacarne.
E’ la prima indagine del genere e l’Istat sottolinea come emergano forti differenze territoriali, spesso ampie, tra i diversi capoluoghi di regione. Nel complesso i livelli di prezzi registrati nelle città settentrionali risultano superiori a quelli dei capoluoghi del centro e soprattutto del Mezzogiorno del Paese. Questo vale soprattutto per i prodotti alimentari e di arredamento.
Se Bolzano e Milano rappresentano le città in testa per il caro-cibo, le due meno care, sempre per quanto riguarda il capitolo alimentari, sono Napoli e Bari, con livelli di prezzi inferiori di circa il 10% rispetto alla media.
Per i prodotti dell’abbigliamento e delle calzature, i due capoluoghi italiani con i livelli di prezzi elevati sono Reggio Calabria e Venezia (rispettivamente +6,5% e +5,4% sopra la media,) mentre per l’arredamento e articoli per la casa le due città più costose sono Milano e Roma (+25,8% e +12,8% sopra la media).
In generale, un gruppo di città (Milano, Trieste, Genova e Bologna) registra livelli dei prezzi più elevati rispetto alla media nazionale in tutti e tre i capitoli considerati. Sul fronte opposto, un secondo gruppo (Napoli, L’Aquila, Campobasso e Palermo) evidenzia i livelli dei prezzi inferiori alla media italiana sia nel capitolo alimentari che in quello dell’abbigliamento e calzature e dell’arredamento.
Dallo studio emerge inoltre che per quanto riguarda i prodotti alimentari si rilevano differenziali di prezzo “relativamente contenuti” per i prodotti lavorati e “nettamente più ampi” per i prodotti non lavorati, per i quali “forme tradizionali di commercializzazione del prodotto, aspetti di localizzazione e caratterizzazione della merce commercializzata sembrano rappresentare fattori che comportano spinte verso una maggiore variabilità di prezzi”.